LA MANIA DI PIANGERSI ADDOSSO NON PAGA ED E’ SOLO ESIGENZA DI FARSI COMMISERARE

Leggo spesso su “Politicamentecorretto” persone che, ad ogni pié sospinto, non fanno altro che esprimere scontento sulla loro condizione di “emigranti”. Posso capire, nella loro scontentezza, solo il senso di nostalgia, se vuoi anche di tristezza, riconducibile alla loro lontananza dalle radici, realtà che però è sicuramente molto e molto diversa rispetto a quando sono emigrato io per lavoro in Isvizzera. Allora, parlo degli anni 50, c’era anche il problema di telefonare, non tanto perché per avere allora le comunicazioni , sia nazionali che extranazionali, si dovevano attendere ore ed ore, ma anche perché costava molto e di quattrini ce n’ erano ben pochi se non addirittura niente. Personalmente ricordo che, proprio per mancanza di soldi oltre che per altre ragioni, sono riuscito sì e no a comunicare solo due volte con l’Italia allo scopo di sapere come stavano i miei genitori.
Oggi come oggi però, non soltanto perché il mondo è globalizzato, ma soprattutto perché non esistono più le distanze, vuoi perché ci si può vedere e parlare in videoconferenza attraverso Skype e vuoi anche perché i telefonini in pratica danno la sensazione di essere sempre in contatto in tempo reale da una parte all’altra del globo, tanti problemi dovrebbero essere notevolmente diminuiti, se non quasi azzerati.
Penso altresì che, se si piange ad una certa età, ciò potrebbe significare che il lavoro da emigrante non abbia portato a dei risultati e quindi possa dare adito alla necessità di piangersi addosso. Circostanza che, analogamente, ove non ci fosse stata la necessità di espatriare, si sarebbe manifestata pari pari anche in patria. Io, per esempio, devo dire grazie alla Svizzera per vari motivi. Il primo, perché mi ha insegnato che il primo cittadino della confederazione elvetica ha la stessa dignità sociale del netturbino, in secondo luogo perché mi ha fatto maturare una grande esperienza di vita che, successivamente, mi è stata utile, anzi utilissima, in Italia.
Oggi, che sono sotto gli 80, non ho nessun bisogno di piangermi addosso, anzi ! Dopo la pensione, ciascuno può optare per il ritorno in patria o restare all’estero fino alla fine dei propri giorni. Io conosco emigrati che hanno trasferito definitivamente la loro residenza all’estero e che stanno meglio che in Italia. Specie in questo cruciale periodo economico-finanziario. Poi ci saranno anche delle eccezioni dovute all’imponderabile, ma io credo che, nella stramaggioranza dei casi, ognuno è artefice del proprio futuro. Sia nel bene che nel male. E quindi non si pianga addosso.
Ho avuto pure io, da emigrato, momenti difficilissimi, anche di fame quando ero giovane, in quanto trasferivo quasi in toto ciò che guadagnavo ai miei genitori dicendo loro (raccontando bugie per non umiliarli) che di soldi ne guadagnavo anche troppi, mentre ero in bolletta.
Ergo, un minimo di dignità, sarebbe auspicabile per quei piagnoni che, molto verosimilmente, per carattere, fanno del lamento perenne, il loro simbolo. Come quel commentatore, a cui questa considerazione, è diretta, in una stesura semplice, comprensibile e, senza offesa, congeniale alle doti fornitegli da madre natura.

Arnaldo De Porti – ex emigrante, anni 56-57.

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