INTERVENTO DEL SENATORE BALDASSARRI (API-FLI PER IL TERZO POLO)

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli membri del Governo e colleghi, rivolgo i miei auguri e il mio «in bocca al lupo» al governo anche perché tra i membri del Governo trovo tanti amici, colleghi, economisti di valore e trovo anche altri amici provenienti da altre esperienze professionali con i quali abbiamo scambiato per lunghi anni opinioni e proposte proprio sui temi che il suo Governo dovrà affrontare. Signor Presidente del Consiglio, questo mio auguro e in bocca al lupo non è un fatto esclusivamente personale, ma anche politico. Mi proviene dal cuore, ma anche dalla mente ed è frutto di un ragionamento politico. Cercherò in questi minuti di illustrare il perché.
La prima considerazione che voglio fare è che lei oggi ha stabilito, come musica per le mie orecchie, un'importante e determinante discontinuità con le musiche che ho sentito in questa Aula negli anni recenti, a mio parere, sbagliate. Lei ha sintetizzato il suo programma di Governo dicendo una cosa assolutamente vera e incontrovertibile: la politica economica è fatta di rigore finanziario, di crescita economica e di equità sociale. La politica economica cammina su queste tre gambe oppure non è. Si è permesso anche di dire un'altra verità: una politica economica squilibrata solo sul fronte del rigore finanziario (che di per sé è un obiettivo assolutamente condivisibile), se perseguito attraverso il mero aumento della tassazione e, peggio ancora, se sui soliti tartassati, deprime la crescita, crea ingiustizia sociale e alla fine non raggiunge neanche l'obiettivo dell'equilibrio finanziario.
Signor Presidente del Consiglio è ciò che ho tentato di fare come contributo personale da politico. L'unico cruccio semmai è, essendo politico, di non poter dare un contributo tecnico al suo Governo, ma lo posso fare in qualunque posizione e lo farò. È musica per le mie orecchie perché i miei interventi in questa Aula in questi anni erano esattamente centrati su questo punto. Non era una lezione accademica.
Quello che ha detto oggi il Presidente del Consiglio, non è un intervento in un consiglio di facoltà, ma nell'Aula del Senato, per parlare alle istituzioni e, soprattutto, alla responsabilità della politica. E mi fa piacere che la responsabilità della politica sia stata richiamata più volte nel suo intervento perché non sono scelte tecniche quelle che lei dovrà affrontare insieme ai suoi colleghi, ma scelte politiche. Allora, mi consenta di fare chiarezza.
Noi del Terzo Polo le voteremo convinti la fiducia, oggi al Senato e domani alla Camera. Ma la rassicuriamo su un altro fronte: con la fiducia per noi comincia un percorso. Se lei oggi e domani è il Governo di quasi tutti, bisogna aver chiaro che da lunedì questo Governo non potrà essere il Governo di nessuno. E allora, per fare chiarezza almeno dal nostro punto di vista, lei ha indicato delle analisi totalmente condivisibili e ha dato gli obiettivi da perseguire e ha tracciato le decisione da prendere.
Elenco allora i sei punti del programma – emersi in modo abbastanza palese dal suo intervento di questa mattina e che coincidono con le tante proposte da noi fatte in quest’aula negli anni scorsi- sui quali il nostro Gruppo ed io personalmente ci impegniamo a sostenere il suo Governo, non solo oggi, al momento della fiducia, ma forse in momenti più difficili e complicati nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, quando in quest'Aula e alla Camera verranno presentate le decisioni concrete. Sin da oggi, infatti va detto cosa concretamente dobbiamo realizzare al più presto.
Primo: i tagli ai costi della politica. Ma non ai costi finti della politica. Quei tagli – che comprendono il numero dei parlamentari, gli stipendi dei parlamentari, il numero dei consiglieri provinciali, l'abolizione delle province – sono sacrosanti. Ma ai tagli orizzontali di questi anni vanno sostituiti tagli verticali in quella che lei ha definito la spending review. E allora sono andato un po' avanti con il programma. Abbiamo fatto la spending review che ci consente di indicarle, signor Presidente del Consiglio, onorevoli rappresentanti del Governo, cari amici – se me lo consentite – che ci sono due voci nel bilancio pubblico di tutte le amministrazioni che contengono i veri costi della politica, sospettabili di avere dentro sprechi, malversazioni, ruberie, aree grigie tra economia e politica.
Il risultato di questa nostra banale spending review si chiama «acquisti di beni e servizi e trasferimenti alle imprese», fondi perduti. Lo dico e lo ripeto da anni. Questo è il momento. E parliamo di entità di decine di miliardi di euro. Il suo predecessore come Ministro dell'economia aveva introdotto due anni fa un bellissimo comma: il comma 8 dell'articolo 5 del decreto n. 78 – se non ricordo male – in cui per la prima volta si tentava di applicare lo Zero-base-budgeting, vale a dire non tagli sui tendenziali futuri orizzontali, ma blocchi e tagli sulla spesa storica dell'anno di grazia 2009.
Quel comma, quello stesso Ministro lo ha abolito con la manovra dell'agosto scorso. Ebbene, noi diciamo valutate bene, valuti bene lei, signor Presidente del Consiglio, perché forse quel comma va ripristinato.
Il secondo punto riguarda il sistema pensionistico. L'Europa non ci chiede enormi sacrifici. Ci chiede però di essere seri. Non si può dire che l'età pensionabile è prolungata a 67 anni a partire dal 2026 perché tutti sanno che è già così. E allora l'allungamento dell'età pensionabile, inevitabile anche nell'ambito di una forchetta di scelta del cittadino, del lavoratore, con l'applicazione del contributivo pro rata immediato per tutti ha senso di equità e crea risorse – come lei ha detto – per sostenere giovani e donne che soprattutto in questi anni hanno accumulato pesanti «buchi contributivi» (come li definisco io in modo non tecnicamente corretto) ed avranno pertanto pensioni misere.
Il terzo punto è il mercato del lavoro. Al riguardo mi permetto di fare una chiosa. È necessario – come lei ha detto – riunificare il mercato del lavoro dalla spaccatura tra gli iperprotetti – noi cinquantenni e sessantenni – e coloro che stanno al freddo e al gelo, ossia i giovani ventenni e trentenni. Ho la sensazione, però, che questo andrà fatto non soltanto per i nuovi assunti. In qualche misura ci dovrà essere una coesione sociale che coinvolga tutto il mondo del lavoro.
Il quarto punto riguarda le liberalizzazioni e le privatizzazioni, a partire – ci permettiamo di precisare – dalle ex municipalizzate.
Il quinto punto riguarda il capitale umano, ricerca e università. Credo che sia giunto il momento di togliere la foglia di fico da qualunque riforma universitaria, e questo si chiama abolizione del valore legale del titolo di studio.
Il sesto ed ultimo punto, signor Presidente, è un’altra grande consolidata verità economica che lei ha affermato oggi e cioè che la stabilità finanziaria di un paese è definita da un andamento in seria, concreta e progressiva riduzione del rapporto tra Debito Pubblico e Prodotto Interno Lordo. Questa sua affermazione fa giustizia e sgaombra il campo dalle tante proposte demenziali emerse negli ultimi mesi che hanno indicato una patrimoniale straordinaria ed una-tantum di circa 200/300/400 miliardi di euro per abbattere il debito pubblico in tempi apparentemente brevi e rapidi. Questa balzana idea, come Lei ben sa signor presidente, ammazzerebbe l’economia italiana e non ridurrebbe né il debito pubblico né il rapporto Debito/Pil. Avremmo infatti per cinque o dieci anni una pesante crescita negativa che, oltre che mettere in ginocchio le famiglie, le imprese, i giovani, le donne, porterebbe ad un aumento del deficit e del debito pubblico. Alla fine ci troveremmo tutti più poveri del 30/40% ed un debito pubblico più alto di oggi.
Diverso è parlare di una possibile imposta patrimoniale “ordinaria” tipo la vecchia ICI sulla prima casa o la nuova IMU che però dovranno servire “esclusivamente” a ridurre l’Irpef alle famiglie e l’Irap alle imprese. In questo senso una imposta patrimoniale “ordinaria” non ha nulla a che vedere con il debito pubblico, ha invece a che vedere con l’equità fiscale e la giustizia sociale nonché con il sostegno alla crescita tramite la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sui lavoratori.
Correttamente Lei, signor Presidente, ha indicato le due vie necessarie per dare al rapporto Debito/Pil un serio, credibile e progressivo percorso di riduzione, in questo senso per assicurare i mercati finanziari della stabilità dell’Italia e della sua solvibilità. Il numeratore (il Debito Pubblico) va ridotto attraverso un credibile programma di medio-lungo termine di valorizzazione e privatizzazione del Patrimonio Pubblico. Il denominatore (il Pil) va aumentato con un vero progetto nazionale per la crescita economica. E poiché signor presidente, Lei stesso ha indicato nella decisione di accorpare il ministero dello sviluppo con quello delle infrastrutture proprio per dare un segnale forte sulla necessità di una strategia coordinata per la crescita economica, mi permetto di indicarle un aspetto apparentemente minore che invece ritengo concretamente rilevante sulla base della mia precedente esperienza di vice-ministro dell’economia e segretario del CIPE. Vede, signor presidente, la concreta possibilità di accelerare e realizzare una strategia di infrastrutture necessaria per la modernizzazione del paese ma anche elemento di forte sostegno alla crescita proprio nella fase di realizzazione, è cruciale avere una competente, concreta e fattiva operatività del CIPE come organo di coordinamento e soprattutto organo di delibera vera e concreta delle opere ai fini degli obiettivi di crescita che lei giustamente si pone. E’ necessario che in tale posizione il governo trovi competenze tecniche adeguate ed esperienza politica seria e consolidata.

Vorrei infine concludere con due brevi considerazioni strettamente politiche.
In primo luogo, e mi rivolgo alle forze che oggi le daranno la fiducia, questo suo governo è l’ultima occasione per la Repubblica Italiana. Vorrei perciò sgombrare il campo da qualche retro pensiero che potrebbe vedere qualche forza politica darle oggi la fiducia e magari sfilarsi domani di fronte alle concrete proposte di riforma che il suo governo avrà il coraggio e la determinazione di presentare al Parlamento. Dobbiamo essere tutti consapevoli che il voto di fiducia di oggi significa assumere l’impegno di votare favorevolmente le riforme strutturali che lei ha indicato e che io come terzo polo mi sono permesso di elencare nei sei punti di riforma precedenti. Se così non fosse e qualcuno pensi già oggi di potersi sfilare in futuro di fronte a tali scelte e magari creda di poter, a quel punto, chiedere elezioni anticipate, questo qualcuno sappia fin d’ora che crollerebbe la Repubblica Italiana e le elezioni si terrebbero dopo un distruttivo terremoto finanziario ed economico che lascerebbe nel nostro paese pesanti e gravi macerie.
In secondo luogo, la conseguenza di questa malaugurata ed irresponsabile ipotesi trascinerebbe a fondo anche l’euro e l’Europa, in una fase storica nella quale l’equilibrio del nuovo mondo della globalizzazione ha estremo bisogno di una Europa forte e protagonista al fine di dare all’economia mondiale una prospettiva di equilibrio, di crescita e di maggiore giustizia sociale per tutti.
Proprio per tutto questo l’Italia deve fare presto e bene il compito a casa propria, per poter essere protagonista in Europa e contribuire a far fare alla stessa Europa il suo fondamentale compito nel nostro continente e nel Mondo.
Lei non lo ha detto esplicitamente, signor presidente, ma lo ha fatto chiaramente capire: salvare l’Italia con riforme strutturali significa anche costruire l’Europa o meglio costruire al più presto gli Stati Uniti d’Europa, quella entità politica ineluttabile per il futuro del nostro continente e per la sostenibilità degli equilibri mondiali.

Ecco perché, signor presidente, il mio “in bocca al lupo” espresso in apertura di questo intervento sul piano della stima e dell’affetto personale per Lei e per il suo governo, assume anche il significato di un “in bocca al lupo” che mi viene dal ragionamento “politico”. E’ soprattutto per questo ragionamento politico che auguro a Lei ed al suo governo il più serio successo.

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