Intervista Angelino Alfano su Libero – parimoniale, crisi,tasse,elezioni,governo, riforme, cittadini

«Il nostro piano per far ripartire l'Italia»
«Con noi giù tasse e debito, così risaneremo l'Italia»

Alfano controcorrente: «È possibile diminuire la pressione fiscale anche ora vendendo beni pubblici. Se non ci fosse stato Fini…»

LA CRISI

Sulle nostre proposte economiche, che prevedono la dismissione di quote del patrimonio pubblico, è possibile unirei moderati. Tutti quelli alternativi alla sinistra vecchia maniera possono riconoscersi

BERSANI

Bersani ha reso chiara un'alternativa secca: loro come partito “tassa e spendi'; noi come partito del “meno debito e meno spesa. Equitalia ha avuto poteri talvolta eccessivi, che vanno ripensati.

di SALVATORE DAMA

«Dobbiamo toglierci i debiti, come farebbe un buon padre di famiglia. E intendiamo definire tempi e modi insieme al governo».

Era l'agosto 2011 quando arrivò la lettera della Bce per chiedere riforme strutturali al precedente esecutivo di Silvio Berlusconi. Libero propose la “manovra delle libertà” (zero tasse, dismissioni e vendita del patrimonio pubblico per 400 miliardi). In questi giorni il segretario del Pdl Angelino Alfano ha lanciato un piano compatibile nei contenuti: una riduzione di 400 miliardi di euro del debito pubblico, ottenuta con la vendita di una quota del patrimonio pubblico nazionale e tale da portare sotto al 100 per cento il rapporto con il Prodotto interno lordo; conseguente drastica riduzione della spesa per gli interessi e altrettanto conseguente riduzione della pressione fiscale per i cittadini.

«Il grande vantaggio del fondo a cui abbiamo pensato, anche attingendo alla riflessione scientifica di livello più alto (ringrazio in primo luogo i professori Forte, Masera, Savona), è che si può partire rapidamente, e ottenere nel tempo una forte valorizzazione dei beni messi in gioco». Sono anni che si parla di vendere asset pubblici. «Ora esiste un preciso obbligo morale, e cioè quello di intervenire efficacemente facendo dimagrire lo Stato, e salvaguardando i cittadini, che hanno già dato, e sono ornai sottoposti a un'imposizione fiscale intollerabile. Il guaio vero è avvenuto nella Prima Repubblica, quando si è purtroppo costruita la montagna del debito pubblico, figlia della cattiva politica, del cattivo sindacato, di un assistenzialismo senza progetto, di un incontrastato partito unico della spesa pubblica che affasciava maggioranze e opposizioni…».

Vendere il patrimonio pubblico in questa fase. Finirà che cinesi e russi ci compreranno…

«Abbiamo il dovere di puntare proprio sui nostri “plus”, che troppi osservatori fingono di non vedere: e il primo è il fatto che il nostro pur gravosissimo debito pubblico sia largamente in mani italiane, cioè delle nostre famiglie. Gli altri fattori di forza del Paese sono il fatto che l'Italia abbia uno scarso debito privato, e – appunto – il fatto che il nostro Paese disponga di un patrimonio pubblico assai consistente. È ora di valorizzarlo. Ma difendendo i nostri campioni nazionali dalle aggressioni».

Come?

«Anche chiedendo un irrigidimento delle norme sulla golden share, o comunque un criterio di reciprocità vera con la Germania e con tutti gli altri Paesi dell'Ue. A noi interessa che lo Stato, con la sua partecipazione privilegiata, abbia un molo decisivo nelle scelte strategiche».

Eni, Enel e glialtri gioielli di famiglia saranno al riparo dalle dismissioni, fatte salve piccole quote minoritarie. Quanto piccole? Da vendere a chi?

«Non abbiamo tabù, e quindi riteniamo che alcune quote possano essere conferite al fondo. Ma vogliamo evitare ogni svendita, e quindi distaccarci dal modello delle false privatizzazioni (in realtà, per tanta parte, vere e proprie spoliazioni) dei primi anni Novanta». Nel piano non è prevista alcuna forma di privatizzazione della Rai. Perché? «Sappiamo bene che la Rai è esposta a un “rischio Alitalia”. Ma sappiamo anche che oggi l'informazione italiana è concentrata in poche mani, in genere le stesse, che poi hanno voce in capitolo sia nelle banche sia nelle grandi imprese».

I poteri forti.

«Non avrebbe senso consegnare a quelle stesse mani anche la Rai. E mi permetta: dinanzi alla gestione oligarchica di quasi tutta l'informazione, mi fanno sorridere gli ultimi giapponesi che gridano contro Mediaset. Vogliamo parlare di tutto il resto, e di chi lo controlla?».

Nel piano si parla di taglio alle tasse come conseguenza della riduzione del debito. Tagliarle a chi?

«Devono beneficiare tutti: i lavoratori, le imprese, le famiglie. Un livello di imposizione fiscale reale del 55% è intollerabile. I primi bersagli da colpire, in tema di riduzioni fiscali, sono l'Imu sulla prima casa e sull'agricoltura e l'Irap sul costo del lavoro».

L'obiettivo del piano è la diminuzione di un punto all'anno della pressione fiscale per cinque anni. Un po' pochino.

«Fosse per me, la tentazione sarebbe quella di riprendere subito in esame i modelli tradizionalmente cari a Forza Italia e al Pdl (le due o le tre aliquote). Ma guardi che anche la strada che abbiamo scelto ha un impatto fortissimo. Poi più ci penso e più mi pare clamoroso l'errore della sinistra al governo nel 2006-2007, con Prodi, Visco e compagnia».

Quale?

«In quel momento, poterono usufruire di una fase di crescita dell'economia (un ciclo positivo che purtroppo è stato bloccato dalla crisi mondiale), e loro, anziché approfittarne, cosa fecero? Vanificarono tutto con un aumento di tasse generalizzato».

Meno tasse e meno evasione vanno di pari passo. Lei condivide i blitz di Equitalia a Cortina e Capri?

«L'evasione va certamente contrastata, perché un terzo di economia in nero non è accettabile. Ma Equitalia ha avuto ed ha poteri talvolta eccessivi che vanno ripensati. In particolare, la logica perversa delle ipoteche, dei sequestri, dei pignoramenti spaventa famiglie e imprese, e può scattare anche per contestazioni economicamente molto basse. Abbiamo pronte proposte serie e concrete anche in questo campo».

Per esempio?

« Le imprese vanno aiutate a rimettersi in regola, ma non possono essere massacrate e indotte alla chiusura. Le logiche poliziesche sono il contrario del nostro approccio. Più che spettacolarizare, bisogna incrociare i dati. E, politicamente, è necessario introdurre la rivoluzione che noi proponiamo da tempo, quella del “contrasto di interessi”, cioè la possibilità di scaricare fatture e ricevute. Quello sarebbe il modo migliore di far emergere il nero, creando convenienza per tutti».

Monti che ne pensa del vostro piano abbatti debito?

«Conto di vederlo al più presto. Confido in un'apertura di metodo, in una disponibilità a discutere».

Però il premier, pur avendo annunciato l'intenzione di tagliare uno stock del debito, non l'ha ancora fatto.

«Monti è un liberale classico, come direbbero gli anglosassoni. E quindi mi pare culturalmente orientato in senso positivo su questi temi».

Con la legge sul fiscal compact, ossia quella che vincola fortemente le scelte di politica economica dei prossimi governi, avrete le mani legate. Come pensate di approvare un piano così ambizioso?

«Perché è l'uovo di Colombo. Nel senso che proprio il grande risparmio sullo stock del debito, sulla spesa per interessi, sul calo degli spread, è il miglior viatico per soddisfare anche gli obblighi del Fiscal compact».

Allora perché non l'avete approvato negli anni in cui eravate al governo?

«Noi ci siamo dovuti fermare a metà in questa legislatura, in primo luogo a causa del sabotaggio politico dell'onorevole Fini. Se fossimo potuti arrivare alla fine, sono convinto che avremmo potuto fare bene su questo fronte».

C'erano anche l'impostazione dirigista di Giulio Tremonti e lo statalismo dei pidiellini che vengono da An. O no?

«La mia opinione è nota. La maggioranza è stata prima terremotata da Fini e poi, nell'autunno scorso, dal tentativo forsennato di dare a Silvio Ber-lusconi la colpa dello spread. Ancora ricordo le dichiarazioni dei signori della sinistra (e non solo loro) che erano pronti a giurare che le dimissioni di Berlusconi sarebbero valse 100, 200 o addirittura 300 punti di spread. Quante sciocchezze…».

Voi “giù il tasse” e “giù il debito”; il Pd lancia la patrimoniale. Primo assaggio di campagna elettorale?

«Questa settimana, la conferenza di Bersani e la mia hanno reso chiara un'alternativa secca: loro come partito “tassa e spendi”, noi come partito del “meno debito e meno spesa (o meglio: meno sprechi) per ottenere anche meno tasse”. Rilevo un certo nervosismo del Pd su questo punto, ma in effetti si tratta di due visioni alternative che intendiamo sottoporre al giudizio degli elettori. In America e non solo li, il primo punto (in genere, quello decisivo) della campagna elettorale riguarda proprio l'approccio fiscale. Non è colpa mia se loro sono percepiti (e lo sono!) come un partito che ha come schema mentale quello dell'intervento sulla ricchezza privata».

Avete definitivamente rinunciato alla dialettica euroscettica dei mesi scorsi? O ancora valutate di chiedere, come provocazione, l'uscita della Germania dall'euro?

«Ma quale antieuropeismo…il problema – per tutti – è e resta l'incompiutezza dell'attuale Europa, che lascia spazio alla linea della miopia e dell'egoismo tedesco, con una Germania che rischia di essere sempre più forte, ma in un campo di macerie. La vera risposta è quella di realizzare al più presto una piena unità europea (unione politica, economica, finanziaria, fiscale), accompagnata da un radicale cambio di missione della Banca centrale europea, che la trasformi in un soggetto prestatore di ultima istanza, come accade per la Fed americana». Con questo piano sperate di riconquistare Casini? «Non voglio correre troppo avanti. Certo, è una linea che può unire un fronte dei riformatori, degli innovatori, dei modernizzatori, alternativo a questa sinistra old style, vecchia maniera, che è venuta fuori in questi giorni». II documento del Pdl è condiviso da diversi settori della società e delle imprese, come Confindustria o il movimento animato da Oscar Giannino. Sono possibili convergenze con queste forze? «Me lo auguro. A tutti dico: non inseguite piccoli progetti, logiche da partitino. Gli elettori hanno bisogno di grandi alternative. E oggi l'alternativa è tra un centrosinistra che sceglie l'asse Bersani-Vendola, e un centrodestra che si ripropone come perno della ripartenza del Paese». Napolitano ha sempre invitato le forze politiche a darsi da fare per ridurre il debito pubblico.

Dopo di lui, chi vedrebbe come prossimo presidente della Repubblica?

«Ho un'idea in testa, ma non gliela dico…».

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