BENEDETTO XVI E IL TRIONFO DI MADRID. RIPARLIAMONE

La giornata mondiale della Gioventù ha portato a Madrid oltre due milioni tra ragazze e ragazzi, provenienti dall’intero pianeta. Non casuale il clamore mediatico: la cattolicissima Spagna ha conosciuto un’intensa stagione legislativa sui diritti civili, spesso avversata dalle gerarchie curiali. Celebrare l’evento a Madrid significava anche chiudere quella stagione, stabilire un riposizionamento (che le nuove maggioranze parlamentari seconderanno puntualmente). Non casuale l’attenzione dei media, anche per tastare l’immagine della Chiesa e del suo Pontefice dopo un’annata, a dir poco, problematica. Benedetto XVI, nell’immaginario dei fedeli, è il “papa teologo”, lo studioso rigoroso nella dottrina, che segue a un papa dal profilo pubblico certamente più comunicativo, un “papa buono” nel circuito dell’informazione globale. Entrambe le immagini possono essere motivatamente criticate: nel primo senso, perché Benedetto XVI ha sempre avuto a cuore il riscontro che ottenevano le sue dichiarazioni e i suoi atti giuridici formali (basti pensare al ricorso al “motu proprio”, all’attività riformatrice sugli abusi sessuali, la liturgia e, più di recente, la trasparenza finanziaria) e ha incanalato la sua attività di ricerca in coordinate molto precise; nel secondo, perché a Papa Giovanni Paolo II non sono mancate anche le asperità (o chiusure, almeno in alcuni casi?) su posizioni magisteriali che hanno tenuto banco per oltre un ventennio. Eppure, le categorie di un’indagine razionale sfumano per spiegare il grande successo di Madrid: si è vista una gioventù non così distante dai popoli dell’indignazione e della lotta alla crisi, non nel contesto entro cui essa cerca di smarcarsi e attivarsi. La gioventù riunita da e per Benedetto XVI non è una gioventù estranea a quel che accade; animata dal riferimento alle grandi figure gerarchiche, non rischia di esser meno smarrita di quella che ha occupato piazze ed edifici pubblici, per protestare contro le politiche governative. La gioventù, cui già Benedetto XVI dedicava alcuni, importanti, passaggi, nella “Caritas in Veritate”, è una generazione che ha in testa soprattutto il rischio corso dal libero sviluppo esistenziale, in tempi di contrazione delle opportunità economiche, politiche, sociali. Una generazione che cerca il raduno, il riferimento simbolico, anche con troppa facilità, contro lo smarrimento, contro l’infittirsi dei problemi. Unica obiezione possibile: per quanto a volte assenti le proposte alternative tra gli indignados, quel sentimento di ribellione ha un ancoraggio smaccatamente concreto con quanto accade nel mondo; il popolo di Madrid, invece, di attualità ha parlato poco, si è rivolto alle grandi invocazioni della speranza, del futuro e della ragione naturale. Riflettere su questi temi, ovviamente, non è mai peregrino. È forse, però, da osservare che, se una confessione religiosa costituisce la propria rappresentazione esterna anche sulla partecipazione di massa, ripensamento interno e impegno sociale debbono andare di pari passo. Altrimenti, dai cortei alle veglie di preghiera, il giorno dopo l’assembramento, si torna al punto di partenza.

DOMENICO BILOTTI

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