Perché meravigliarsi delle uscite infelici del cattolico Giovanardi?

Carlo Giovanardi ha affermato, senza ovviamente uno straccio di prova, che nei Paesi dove sono consentite le adozioni gay “è esplosa la compravendita di bambini e bambine”, e, sempre senza uno straccio di prova, che affidare un bambino ad una coppia gay significa “fare una violenza sul bambino stesso. Si crea un diverso dagli altri, lo si candida all'infelicità”. I commenti sono superflui. Ma perché meravigliarsi delle uscite infelici del cattolico ministro? Ci siamo dimenticati delle precedenti? Il giorno 22 marzo 2006 partecipava alla trasmissione Ottoemezzo, dedicata ad un tema difficile e delicatissimo: l'eutanasia infantile. Il problema serio e grave riguardava la giustezza o meno di accelerare una morte certa ed inevitabile di un neonato affetto da malattia inguaribile ed in preda a dolori insopportabili. Bene, lui se ne uscì con questa frase: “Finché c'è vita c'è speranza”. Il 13 maggio 2006, poiché Follini e Tabacci, contrariamente alle indicazione del partito avevano votato per l'elezione del Presidente della Repubblica, li definì “traditori e immorali”. Il 19 dicembre dello stesso anno, nella trasmissione di Bruno Vespa, affermò candidamente che un medico aveva il dovere di tenere in vita Welby, così come ogni medico aveva il dovere di salvare un suicida che si getta dalla finestra e resta vivo. Il 9 novenbre 2009, riguardo al povero Stefano Cucchi: “E' morto perché anoressico, drogato e sieropositivo”. Il 26 febbraio 2010, riguardo ad una trasmissione di Annozero: “Una Tv di Stato ha fatto la propaganda della droga. Sembrava una specie di fumeria d’oppio”. Perché qualcuno si stupisce ancora?

Miriam Della Croce

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