Serve buona politica

Inflazione bassa non equivale a un sospiro di sollievo

Occorre aprire e riformare il sistema Italia per evitare di deprime l’ottimismo
di Davide Giacalone

Serve buona politica, per far funzionare bene il mercato. Vale sempre, ma particolarmente quando la spesa pubblica è destinata ad avere un ruolo decisivo. Per questo trovo preoccupante, ed a tratti beota, il modo in cui è stata accolta la notizia dell’inflazione allo 0,5%, calcolandola dal giungo dell’anno scorso. “La più bassa dal 1968”, quasi con un sospiro di sollievo. Aggiungo, allora, qualche nota alle ottime osservazioni, fatte qui ieri da Francesco Forte.

Nell’area dell’euro l’inflazione corrispondente è negativa (-0,1), quindi stiamo accumulando uno svantaggio competitivo dello 0,6–0,7%. Quando la ripresa arriverà, quando il denaro speso porterà più inflazione, noi saremo indietro agli altri relativamente alla competitività, ma avanti in quanto a perdita del potere d’acquisto. Il prodotto interno crescerà meno che altrove, ma l’inflazione di più. In altre parole: il ceto medio, che è classe generale, s’impoverirà. Quel che non è successo fino ad oggi, visto che il costo della crisi lo stiamo facendo pagare agli esclusi dal mondo produttivo, succederà domani. Si potrebbe, si dovrebbe, porre rimedio.

Guardando dentro la nostra inflazione scopriamo che i prezzi sono significamene decrescenti nei settori aperti alla concorrenza, o regolamentati secondo le sollecitazioni europee. Esempi: i trasporti e le telecomunicazioni. Mentre sono crescenti (o scendono meno di quel che dovrebbero) nei segmenti di mercato più protetti. E’ la politica, la pretesa di conservare privilegi e nicchie di rendita che c’impoverisce, quindi può essere la politica a tirarci fuori dall’angolo. A patto, però, di non prenderci in giro.

Quando si dice che, negli ultimi anni, il potere d’acquisto reale di molti redditi è cresciuto, si dice la verità. Ma se si dice che l’inflazione bassa aumenta la speranza si dice il falso, omettendo il confronto con i concorrenti. L’ottimismo dei consumatori, quindi la loro propensione alla spesa, dipende solo secondariamente dall’indice dell’inflazione, ma principalmente dalla crescita della produzione e del reddito, dalla speranza che il domani sia migliore dello ieri. Occorre aprire e riformare il sistema Italia, altrimenti si dà la concreta sensazione di volere conservare il passato, il che, essendo irragionevole ed ingiusto, deprime l’ottimismo. (Terza Repubblica)

Pubblicato da Libero di giovedì 2 luglio 2009

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