Essere in controtendenza oggi

Il recente terremoto in Abruzzo ha avuto come effetto prevedibile l’innescarsi di una gara di solidarietà,verso chi è stato colpito da questa tragedia,che fino ad oggi non ha un vincitore.
Il governo ha predisposto un decreto con il quale finanziare i lavori per la ricostruzione di questa regione;sono stati raccolti vestiti e generi alimentari da inviare ai terremotati dalle associazioni di volontariato,si è provveduto a raccogliere contributi economici da destinare agli abruzzesi.
Giustificare un atteggiamento diverso può sembrare apparentemente difficile e disumano eppure ad un più attento esame anche l’andare controtendenza può avere una spiegazione ragionevole legittima quanto l’altra.
Su Facebook(uno dei principali social network)è apparso qualche tempo fa un articolo che ha ottenuto un record di letture e commenti,forse sfuggito a molti,che è interessante esaminare da un punto di vista sociologico e antropologico.
L’incipit dell’autore dell’articolo è questo:non darò neanche un centesimo di euro alle popolazioni terremotate e credo che questo sia il più grande gesto di civiltà che io possa fare.
Sembra una provocazione cinica ma l’autore la spiega così:i soldi ci sono per gli aiuti alle popolazioni terremotate e sono i soldi di chi paga le tasse.
Perché questa reazione? La madre dell’articolista,dopo 40 anni di servizio nella pubblica amministrazione, prende di pensione in un anno quanto un senatore guadagna in un mese;quando ci fu il terremoto in Belice e in Irpinia i genitori dell’autore di questo articolo diedero un po’ dei loro risparmi e fecero il loro bravo e simbolico versamento.
Ma in Italia niente cambia mai. All’Aquila la casa dello studente,rovinosamente crollata,era un albergo mutato in scuola.
L’articolo si chiude così:sono arrabbiato perché a morire sono sempre i poveracci e come cittadino rivendico il diritto,sancito nella nostra Costituzione,di dire quello che penso.
Questo scritto esprime in maniera esemplare un’impressione del nostro Paese che è di una legittima minoranza in dissenso con il comune sentire,ma giustamente esasperata per come vanno le cose in Italia.
Gli stessi gesti che conquistano il favore della maggioranza ripugnano alla minoranza che trova cittadinanza in questo articolo:le lacrime del premier Berlusconi ai funerali delle vittime del sisma,la passerella dei ministri e delle autorità politiche tra le tendopoli.
Una pentola che ribolle e che poi naturalmente scoppia. I commenti all’articolo sono stati di due tenori opposti e mezzo.
Di adesione,di dissenso e il mezzo? Sono i commenti numerosi che approvano tono ed esempi, ma danno per scontato che la posizione di non voler dare neanche un centesimo ai terremotati è una provocazione retorica, e che il proprio centesimo ciascuno fa bene ad elargirlo.
A questo mezzo appartiene anche chi scrive questo breve articolo e non conoscendo l’autore scommetto due euro che il suo centesimo è pronto a darlo e l’ha già dato.
Ma anche la posizione resa palese con questo articolo ha diritto di cittadinanza quanto l’ondata di solidarietà scatenata dal terremoto.
Questo perché,come afferma un famoso precetto di Confucio,se uno ha fame,non dargli un pesce ma insegnagli a pescare.
La difficoltà apparente a comprendere il senso di questo articolo sta nel ritenere che compassione e solidarietà siano una complice supplenza a come vanno male le cose in Italia.
Le tasse pagate non rendono superflua la mobilitazione collettiva specie in una disgrazia come questa che tocca ciascuno di noi.
Una posizione fuori dal coro del conformismo generale che prevale oggi nella nostra società e che dimostra che l’essere in controtendenza significa distinguersi dalla massa che vuole tutti omologati nel pensare.
C’è di cui meditare.

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