Lettera aperta al ministro Carfagna

di Vittorio Lussana

Egregio onorevole ministro, quel che generalmente penso è noto a molti da tempo: a mio parere, i cattolici odierni non rappresentano affatto i primissimi cristiani del I secolo dopo Cristo, sono indifferenti rispetto al tema di una società gerarchica, familista e conservatrice, non possono che essere contrari a qualsiasi innovazione di carattere antirepressivo. Ciò significa che essi accettano solo formalmente un principio di tolleranza da praticare, tuttavia, secondo i dettami di una ‘caritas’ astratta, dissociata dalla loro stessa fede. Per siffatti motivi, essi si pongono al di fuori dell’insegnamento del Vangelo e, personalmente, non li ritengo in grado di prendere nessun tipo di decisione se non riferendosi, in modo puramente ritualistico, a Dio. I cattolici perseguono solo verbalmente la speranza, poiché l’esperienza dei fatti umani che essi contemplano impedisce loro persino di nutrirla. Ciò risulta ampiamente dalle recenti prese di posizione non soltanto della Conferenza episcopale italiana o dell’attuale Pontefice, ma anche dalle diverse iniziative che alcuni esponenti stanno predisponendo al fine di modificare, nel prossimo futuro, l’attuale normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza, avendo pienamente compreso, benché i nostri organi di informazione abbiamo sostanzialmente sottaciuto la cosa, che una serie di sentenze di alcuni Tribunali amministrativi della Repubblica e le nuove linee guida di applicazione della legge n. 40 del 2004 sulla fecondazione medicalmente assistita, abbiano sostanzialmente trasformato questa loro più recente ‘crociata’ in una sconfitta evidente. Intendo dunque avvertirla sin da ora che ogni prossima iniziativa volta a modificare la legge n. 194 sull’aborto non potrà far altro che ridare forza a convinzioni da tempo colpevolmente mantenute, in questo Paese, in una condizione di inerzia. La maggior parte dei cattolici, attraverso la loro ‘violenza dell’oggettività’, sono destinati a rivelarsi per quello che, in realtà, essi sono: dei moralisti che distorcono a proprio favore e per pura comodità il vero spirito del Vangelo. Per essi, Cristo è lettera morta: credono fermamente in Dio, ma solo attraverso formule dall’inerte solennità liturgica che non distinguono il Vangelo stesso da un qualsiasi testo sacerdotale faraonico o da un rotolo coranico. Ogni loro riferimento a Dio è semplicemente autoritario, non entra mai spiritualmente, dunque concretamente, all’interno di quei ragionamenti che li portano a chiedere di ‘contrattare’ almeno in parte il diritto ad una scelta responsabile da parte delle donne. Ciò che i cattolici utilizzano nel loro modo di pensare, di agire e persino di pregare è una sorta di ‘codice mistico’ di ordine dissociativo poiché, per la gran parte di essi, Dio non interviene nei nostri cuori, bensì risiede sopra immaginarie sfere celesti. Questo codice di comportamenti e di abitudini mentali non viene nemmeno applicato cristianamente, poiché ciò che più conta è rifugiarsi in un’astrazione talmente subliminale da permettere loro di volgere il proprio sguardo e la propria coscienza verso altre questioni e direzioni. Si tratta di un codice che, per quanto astratto, comporta gravi effetti pratici dai quali essi traducono, in senso assolutamente univoco, concetti irriducibili. La ‘piattezza logica’ che ne consegue è degna del più spaventoso grigiore confessionale, tetramente privo di ogni sentimento di umanità. Ai loro occhi, uomini e donne sono completamente destituiti non solo da ogni inclinazione al bene, ma persino da ogni vitalità nel compiere il male o, quanto meno, il non – bene. Considerati solamente per le loro debolezze, uomini e donne, eterosessuali od omossessuali che siano, non possiedono alcun genere di responsabilità individuale, mentre il disperato desiderio di ottenere dalla vita quel poco che si può attraverso formulazioni, calcoli o riserve mentali, per molti cattolici non è neanche materia di meditazione. I pochi accenti che appartengono alla gran parte dei politici cattolici (ed ecco il vero ‘torto’ di Veltroni…) sono quelli dell’indignazione di carattere ideologico, hanno cioè come bersaglio la cultura laica e liberale e, naturalmente, quella socialista. Anche contro il fascismo vengono generalmente pronunciate parole di condanna. Ma si tratta, anche in questo caso, di una condanna oggettiva, che viene indifferentemente pronunciata contro tutte le debolezze umane e contro tutte le forme di peccato. Fascismo, laicismo, socialismo e debolezze umane fanno tutte parte, indistintamente, di una visione della realtà fondata intorno a poteri istituiti, i soli che i cattolici riconoscono veramente. In particolar modo, nei confronti degli omosessuali essi non risparmiano nessuna delle più atroci condanne con cui si bolla, si emargina e si lincia un pervertito, limitandosi a consegnarli al pubblico ludibrio del qualunquismo più becero e volgare: nella sostanza pratica della nostra vita di tutti i giorni, gli omosessuali sono considerati solamente dei ‘froci’ o delle ‘lesbiche’ e nulla più! Non si approfondisce se alcuni omosessuali abbiano studiato in un collegio di preti subendo forzate forme di repressione sessuale. Non ci si chiede se, per caso, i loro tentativi in favore di una vita ‘alla luce del sole’ non rappresentino nient’altro che una ricerca annaspante di una nuova condizione di normalità sociale. L’unica cosa che interessa veramente alla gran parte dei cattolici è il puro e semplice dato di indegnità, una maledizione che pone l’omosessualità stessa al di fuori di quella realtà in cui debolezze umane e peccati troverebbero e trovano comunque la possibilità di esistere.Ma ciò che più colpisce è la degenerazione di ogni più sano principio di carità: fede e speranza, infatti, secondo i cattolici possono ottenere spazio in quanto fonti di regole benché poi, nel rapporto stesso tra fede e speranza, essi non entrino mai nel vero merito spirituale delle distinte questioni. Risulta altresì vero che il piano pratico su cui essi generalmente operano consente loro alcune giustificazioni. Ma proprio sul terreno concreto di numerosi problemi, essi non dovrebbero ignorare il principio di carità. Ecco, dunque, l’errore: la carità, ovvero il più alto dei sentimenti evangelici, l’unico concettualmente autonomo – si può dare carità anche senza fede e speranza, mentre fede e speranza senza carità possono rivelarsi come un qualcosa di mostruoso – viene degradata a pura misura pragmatica di una doppiezza qualunquista e di un cinismo puramente egoistico. La carità cattolica non serve a nient’altro che a scoprire gli uomini e le donne nella loro più squallida nudità di peccatori, senza reale perdono, né comprensione. Ma un simile pessimismo verso l’umanità terrena è troppo totale per non arrivare all’abolizione morale del perdono e della comprensione, gettando una luce plumbea sull’intera nostra società. Distinti saluti. (Laici.it)

(articolo tratto dalla rubrica settimanale '7 giorni di cattivi pensieri' pubblicata sul sito web di informazione e cultura www.diario21.net)

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy