Io italiano, domani altro cantiere

di Giuseppe Floridia

Intervista a Gaetano Cassisi, licatese, emigrato in Germania nel 1962 a 15 anni, che dopo un decennio di sacrifici e manovalanza è riuscito a riprendere gli studi serali e diventare maestro a servizio di migliaia di bambini italiani

Nel Suo libro autobiografico racconta la storia del 15enne Tano che lascia Licata e i genitori nel 1962 per andare a lavorare nel Saarland. La strada di questo ragazzo è sempre in salita. Che sensazioni provava Tano in quella situazione, come ha fatto a resistere?
Bisogna tener presente che Tano era un ragazzo che andava molto volentieri a scuola. Dopo la partenza dei suoi fratelli dovette abbandonare la scuola per andare a lavorare in campagna contro la propria volantà.

Deluso, appena gli si offrì l’occasione di partire con uno dei suoi fratelli, per protesta contro quella decisione che gli negava ogni possibilità di sviluppo, preferì emigrare anche lui, anziché sentirsi sacrificato nei lavori dei campi. La partenza per Tano fu quasi come l’appagamento del suo desiderio di evasione da quell’ambiente.

Purtroppo, però, l’entusiasmo iniziale svanì presto a contatto con la cruda realtà in cui venne a trovarsi in Germania, in una società prevalentemente ostile che rifiutava a priori ogni contatto con gli stranieri, di cui apprezzava solo il rendimento lavorativo, ma li respingeva come persone. Le difficoltà che incontrava superavano ogni sua precedente immaginazione, perciò i primi anni furono talmente duri che più volte fu tentato dal desiderio di ritornare per sempre in Italia.

Non fu facile resistere a questa tentazione, ma lentamente Tano riuscì a superare i suoi momenti di crisi più critici e, grazie alle proprie capacità di adattamento alla nuova situazione, anche a reagire e ad adoperarsi per migliorare il proprio stato sociale. Tano non si perde di coraggio e, dopo sette anni di profonde delusioni, intravede la possibilità di sfruttare le sue capacità intellettive e raggiungere il traguardo di cambiare la sua vita. Ma non tutti avevano questo spirito di reazione.

Quali furono le sue motivazioni?
Una volta superato il desiderio di ritornare definitivamente in Italia, dove l’unica prospettiva per lui era il lavoro nei campi, per Tano fu più facile convincersi che sarebbe stato meglio cercarsi una sistemazione duratura e più decente in Germania, dove le possibilità effettivamente non mancavano.

Quindi, al contrario di molti connazionali, reagendo alle continue umiliazioni che subiva, si rifiutò di accettare passivamente le condizioni di lavoro e di vita ai margini della società in cui versavano gli italiani negli anni sessanta e, spinto anche da un forte desiderio di riscatto, Tano incominciò a perseguire con determinazione quella strada sempre in salita alla fine della quale potrà finalmente dare una svolta alla sua esistenza avvilente.

Agli inizi degli anni settanta Tano si ritrova nei corsi serali Isis per lavoratori organizzati presso la Missione Cattolica di Colonia. Con lui un forte gruppo di coetanei. Puoi provare a farci rivivere lo spirito che li univa ad affrontare la fatica dello studio dopo una dura giornata lavorativa.
Corsi serali per adulti, come L’ Isis era stato denominato all’inizio, furono una grande occasione, -se non l’occasioneper molti giovani come Tano desiderosi di riprendere e concludere gli studi che avevano interrotto per emigrare.

I partecipanti erano tutti desiderosi di ritornare tra i banchi di scuola motivati dalla speranza di poter dare una svolta decisiva alla loro esistenza di semplici operai e cambiare così le loro condizioni sociali, culturali e umane. Erano accomunati dalla stessa motivazione e dalla volontà di affrontare i sacrifici di una scuola serale dopo una dura giornata di lavoro e centinaia di chilometri alla settimana per raggiungere la Missione Cattolica pur di riuscire a concludere il corso.

Probabilmente, però, all’inizio nessuno si rendeva conto delle fatiche fisiche e mentali cui andava incontro, né delle varie difficoltà oggettive da superare.

In una emigrazione cambiata (anche se non sempre in positivo), cosa direbbe ai giovani ed ai loro genitori?
Da “Gastarbeiter” siamo diventati cittadini europei. Vorrei dire ai lettori che sarebbe errato considerare la situazione attuale come il completamento del processo di integrazione iniziato tanto tempo fa: essa infatti non è altro che una tappa di un lungo percorso il cui traguardo resta ancora da raggiungere.

Con il mio libro, oltre a voler dare un contributo a combattere i pregiudizi verso gli “altri” e a mantenere vivo il ricordo degli sforzi fisici e morali che gli italiani hanno dovuto affrontare lungo il cammino verso l’attuale coesistenza pacifica con i tedeschi, basata sul reciproco rispetto, ho voluto donare, soprattutto ai giovani -italiani e tedeschiuna testimonianza positiva con l’obiettivo di arricchire il loro sviluppo cognitivo e allargare i loro orizzonti umani, sociali e culturali onde attenuare eventuali situazioni conflittuali tra le due culture.

Soprattutto i giovani dovranno continuare il processo di integrazione iniziato dai loro nonni o dai loro padri e, consapevoli della propria identità culturale, costruire una società sempre più multietnica e multiculturale.

(Da Insieme -Gemeinsam)

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