PARTINICO: UN PAESE CHE MUORE.

di Gaspare Serra (studente Facoltà Giurisprudenza)

Questo articolo è scritto da parte di un giovane cittadino partinicese e rivolto a tutti i partinicesi, per esprimere il senso di impotenza ed inquietudine (per non dire di “schifo”) provato nel constatare:
1- il “degrado strisciante” in cui la nostra Città si è arenata;
2- e il “pietoso destino” a cui sembra abbandonata (da cui ci stiamo facendo fagocitare “senza resistenza alcuna”).

UN'IMMAGINE IMPIETOSA DELLO “STATUS QUO”
Cos'è una città? Ogni città dovrebbe essere percepita dalla sua gente come una “Comunità”, un luogo familiare in cui potere “crescere” in tutti i sensi (e, possibilmente, “costruire” il futuro), condividendo esperienze di “creatività sociale”, mettendo in comune (in relazione con gli altri) le proprie sensibilità, capacità e professionalità; ogni città dovrebbe essere una “Comunità civica” nel senso nobile del termine, per la quale valga la pena di spendersi in prima persona col fine di “arricchirsi” ed arricchire (prima di tutto “umanamente”). Detto questo: cosa rappresenta, per tutti noi (o per i più di noi), Partinico?
Partinico è “morta”. Morta da troppo tempo. Tutti ne possiamo prendere quotidianamente atto ma nessuno sembra volersene accorgere. Si avvicina la Primavera ma sembra protrarsi ancora, senza fine, il “comatoso letargo” da cui il nostro Paese non riesce a svegliarsi.
Non c'è vitalità, manca alcuna speranza, non ci sono prospettive nuove per il futuro, latita alcuna capacità di crescita economica, sociale e culturale, non c'è una imprenditorialità emergente su cui puntare, manca alcuna sana capacità di attrarre “interesse” (in senso lato) ed investimenti, è ampliamente assente un diffuso senso della legalità ed una radicata cultura civica, non c'è alcuno “spirito di socialità” e alcuna voglia di “mettere in rete” le proprie conoscenze, di mettersi insieme per costruire qualcosa, qualsiasi cosa (in qualsiasi campo).
Partinico è “vecchia”: vecchia nell'età media dei suoi concittadini, vecchia nel “conservatorismo mentale” e nella paura di guardare al futuro, priva di giovani volenterosi di spendersi (i più valenti, fin dai tempi dell'Università, iniziano un progressivo “distacco” ed allontanamento da questo Paese, che in pochissimi casi li porta a “volere” -oltre che a “potere”- costruire un futuro in questa Terra).
Potrò pure attirarmi addosso facili e “sbrigative” accuse di qualunquismo: sono pronto a riceverle, forte, però, della convinzione che, se di qualunquismo si tratta, si tratta di “Qualunquismo della Ragione”: l'amara e pragmatica presa d'atto che questa sbiadita fotografia dell'esistente non regge su miei instabili “umori” piuttosto poggia in “trent'anni di storia” di questo Paese, trent'anni in cui Partinico non ha saputo dimostrare la benché minima capacità di fare “un solo passo” che la proiettasse verso un domani migliore del presente!
Il nostro è un Paese “senza futuro” perché “senza identità” e “senza memoria” (aver lasciato “marcire i frutti” dello straordinario lavoro di Danilo Dolci -si veda la fine del “Borgo di Dio” e la dissestata Amministrazione della Diga Jato- o aver “tagliato le gambe” all'ultima Amministrazione Cannizzo -l'unica, tra pregi e difetti, ad aver individuato in Cosa Nostra il “cancro endemico” della nostra realtà e ad aver fatto della lotta alla mafia una vera “priorità d'azione”- ne è una dimostrazione): conseguenza di ciò è che nel comprensorio, nella Regione, in Italia non c'è “un solo motivo” (diverso dalla presenza mafiosa, dal traffico di droga o dai clamori di Tele Jato) perché Partinico faccia notizia!
Abbiamo accennato all'”onnivoro spettro” rappresentato dalla “invadente” presenza mafiosa nel. Come se non bastasse, però, Partinico oggi è tenuta a fare i conti non solo con la “macro” ma anche con una sempre più emergente “micro” criminalità, caratterizzata da scorribande di delinquenti che appestano la Città minandone la sicurezza: scippi, rapine, truffe, furti d'auto e in abitazione, atti vandalici nelle ville sono divenuti “fatti d'ordinaria amministrazione”, per di più in pochi casi oggetto di denuncia (stante la sfiducia dei cittadini nel corretto funzionamento della macchina della Giustizia!): si tratta forse dell'esercito di “picciotti” al soldo della mafia che, dopo gli ultimi eccelenti arresti che probabilmente ne hanno impedito la consueta retribuzione interna, si trovano a dover comunque “tirare a campare”?

MILLE POSSIBILITÀ MANCATE, TROPPE OCCASIONI PERDUTE
Il nostro è un Paese prevalentemente agricolo che non ha mai saputo trasformare questa sua vocazione in un “punto di forza”. Partinico sarebbe potuta divenire, forte della preziosa presenza della Diga Jato, un centro agricolo d'esportazione a livello “euro-mediterraneo”, investendo sul cooperativismo per la produzione agricola biologica e di qualità e per la promozione dei suoi vini, dei suoi oli, dei vari prodotti ottenuti dalla lavorazione del pomodoro e dei frutti della nostra terra. invece è rimasta una “microeconomia” chiusa, arretrata e minimale, per lo più in dissesto ed abbandono (assistente inerme, ad esempio, alla chiusura dell'unica impresa agricola di rilievo nel comprensorio, la ex fabbrica “Raspante”, e al totale fallimento nella gestione della Diga Jato -per il quale non abbiamo più alcuna autorevolezza nel rivendicare che la gestione della Diga rimanga in mano locale!).
La nostra Città avrebbe potuto puntare sulla valorizzazione delle bellezze artistiche e paesaggistiche del proprio territorio, ad esempio potenziando l'area della Diga Jato facendone un parco naturalistico arricchito da strutture per la pesca sportiva di lago e gli sport nautici, presentando il proprio centro storico come un “salotto” arricchito dalla presenza del “Teatrino”, promuovendo l'immagine della “Cantina borbonica”, valorizzando la rete di Torri e Bagli antichi disseminati per il nostro territorio (andati, ahimè, per lo più distrutti), creando dei “percorsi del vino” sul modello toscano o piemontese.: tutto questo, completato dalla presenza di adeguate (non necessariamente “faraoniche”) strutture alberghiere e di accoglienza, avrebbe potuto consentire, sfruttando la presenza potenzialmente strategica dello sbocco autostradale e del vicino aeroporto, di intercettare ed attrarre quel flusso turistico “di passaggio” che fa la spola ogni estate dal palermitano al castellammarese (cui, da qualche anno, va aggiunto il flusso di fedeli in pellegrinaggio per visitare le spoglie della Beata Pina Suriano). Di tutte queste possibilità, in trent'anni, non se ne è saputa cogliere nessuna e, a chiunque visiti Partinico oggi, non abbiamo altro da offrire che un Paese vecchio, sporco e sovente dall'aria nauseabonda!
L'aspetto urbano di una città è di fondamentale importanza:
1- sia perché “biglietto da visita”, con cui ci si presenta a chi viene da fuori le mura cittadine;
2- sia perché, di regola, il buon arredo urbano e la cura del verde cittadino riflette il livello di “buona amministrazione” e di “educazione civica” della cittadinanza.
Non occorrono parole per testimoniare il grado di “invivibilità” della nostra Città: gli svariati servizi di Tele Jato sono più che sufficienti a tal fine (gli unici interventi ambientali “di rilievo” dell'Amministrazione negli ultimi anni sono stati l'abbattimento degli splendidi alberi che ornavano la zona del Liceo Classico e la trasformazione del laghetto di villa Falcone in una fogna a cielo aperto!).
La nostra Comunità, stante la sua strategica posizione (di “cerniera” tra il palermitano e il trapanese) e le sue rilevanti dimensioni (è il Centro urbano più popoloso nel comprensorio dello Jato), avrebbe potuto imporsi come “Comune capofila” nella promozione di iniziative artistiche-culturali con cui farsi conoscere ai più alti livelli (ad esempio: festival musicali, concorsi letterari, mostre artistiche, sagre di prodotti tipici), iniziative volte a fare emergere gli artisti e gli intellettuali locali, a far conoscere i nostri artigiani e le nostre produzioni agricole e a valorizzare l'immagine di Partinico in Provincia: ci sono voluti decenni, invece, per riconoscere (almeno in parte) pregi e meriti del pittore Vito Mollisi (troppo a lungo lasciato solo). Ma quante altre risorse abbiamo “bruciato”, di quante altre ricchezze ci siamo depauperati nel frattempo!
Gli unici cambiamenti di rilievo che, negli ultimi anni, hanno mosso le putride “acque stagnanti” dell'economia locale sono stati l'invasione del commercio all'ingrosso cinese e l'apertura di (sempre più grandi) centri commerciali: ossia “Nulla”. Nulla che (a parte consentire qualche gradito risparmio per le tasche del consumatore):
1- sia portatore di vero e “strutturale” sviluppo;
2- sia in grado di creare nuova ricchezza locale (anziché limitarsi a trasferire le “già poche” risorse che abbiamo da Partinico in mano esterne);
3- e sia capace di garantire veri nuovi sbocchi occupazionali (se il massimo che un paese è in grado di offrire ai suoi giovani per un lavoro è un posto da facchino, da cassiere o da “commesso precario” -per di più, spesso, dovendosi, a tal fine, mettersi “al soldo” del politico di turno- vuol dire che esso è destinato ad invecchiare e morire!).
In tutto questo scenario, l'unica cosa di cui la classe politica partinicese si è mostrata capace è stata “far morire sul nascere” (o, peggio, per “lenta agonia”!) l'unico progetto economico prospettato “nella” nostra terra e “per” la nostra terra: ossia, il progetto di “area artigianale”.

LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA
Se “declino” significa “strutturalità dei problemi”, Partinico è un Paese in “inarrestabile” declino. Ma, al di là della mafia e della “inciviltà” di noi stessi concittadini (registrabile dal diffuso dispregio per l'ambiente e per la legalità alla mancanza di rispetto per tutto ciò che è “pubblico”, atavicamente inteso o come “nostro” o come “di nessuno!”), a questo declino ha contribuito “in massima parte” la classe politica partinicese, la stessa da decenni (rivelatasi tanto incapace nel gestire gli “interessi pubblici” quanto capace nel gestire “i propri”!).
A rappresentare i cittadini ed amministrare un paese dovrebbe essere (secondo una concezione della politica non tanto “aristocratica” quanto dettata dal “buon senso”) non chi ha più “amici” in senso lato (o “amicizie” in senso sporco) bensì “il meglio” di ciò che una Comunità è stata in grado di esprimere, in termini di:
1- alto senso della legalità e della moralità
2- e possesso di specifiche competenze e professionalità.
Se, negli ultimi trent'anni di esperienza politico-amministrativa a Partinico, “almeno la metà” delle Amministrazioni succedutesi avessero soddisfatto tali ineliminabili requisiti, sono sicuro che, adesso, il sottoscritto userebbe ben altre parole per descrivere lo “status quo”! L'unica capacità che la politica ha dimostrato di avere, invece, è stata solo l'”incapacità” a dare risposte concrete ed immediate ai problemi e l'assoluta mancanza di “lungimiranza”!
Ciò lo testimonia un esempio di facile verificabilità:
– mentre la vicina Alcamo, dalla prima Amministrazione Ferrara ad oggi, si è elevata a grosso centro urbano attivo sotto più versanti (da quello economico a quello culturale, da quello ambientale a quello sportivo): ciò spiega, d'altronde, la saldezza economica e la stabilità politica del Comune di Alcamo;
– Partinico esce da un'esperienza amministrativa, come quella dell'ex Sindaco Motisi, che ha realizzato un solo “inimmaginabile” risultato di rilievo: far rimpiangere l'ex Amministrazione Giordano! Ed è assurdo che, ad oggi, i protagonisti di quella disfatta (che hanno lasciato in eredità un Comune commissariato e in “dissesto finanziario”), nonostante la “plebiscitaria” sfiducia subita in Consiglio e manifesta nel Paese, non abbiano ancora dato segno di alcun “mea culpa”!
Si avvicina l'ennesima tornata elettorale. In ogni Comunità, le elezioni (specie amministrative) dovrebbe rappresentare una straordinaria esperienza di democrazia e l'occasione per un nuovo slancio di idee, programmi e prospettive. Che cosa vi è di tutto questo a Partinico?
Il tessuto politico, per l'ennesima volta, è destinato a sfaldarsi sotto la spinta dei “personalismi” e di interessi di parte, che da sempre paralizzano la funzionalità politico-amministrativa del Paese. Per l'ennesima volta non saranno le cose da fare ma “chi” li deve fare al centro dello scontro politico, che si giocherà tutto sulla spartizione del potere. Se è vero che il “fascino del potere” rende possibili compromessi “appena prima delle elezioni” impossibili, come si pensa, comunque, possano governare queste persone?!
In questo contesto, si inserisce la variabile “Policentro”, un vero e proprio fattore inquinante e “destabilizzante” del clima politico: c'è da aspettarsi una gara (ovviamente non pubblica) tra le maggiori forze politiche per accaparrarsi la paternità del progetto ed elargire “promesse occupazionali” a lunghissimo termine.

UN “NON-VOTO” DI PROTESTA
Per tutto questo, lancio un invito appassionato alla cittadinanza, che spero faccia riflettere in molti (sia che accolgano che non lo stesso): alle prossime elezioni amministrative “NON ANDIAMO A VOTARE”, non consentiamo ai “politicanti di mestiere” (che gestiscono il Comune come fosse un'impresa di famiglia e si stanno “sfregando le mani” in vista delle elezioni) di prender le redini del Paese “in nome e per conto di tutti noi”! Non consentiamo che “al danno si aggiunga la beffa”! Perché i Partinicesi si sveglino dal letargo, per scuotere le molte “coscienze dormienti”, occorre una “terapia d'urto”: “toccare il fondo”, per risvegliare l'”orgoglio” di essere partinicese!
Comprendo che, per molti, l'astensione può apparire “inutile”, perché “i soliti noti” disporranno comunque dei voti sufficienti per governare. Ma la mia è una proposta -o, se si preferisce, una “provocazione”- radicale presa in un momento “emergenziale” in cui non c'è spazio per alcuna possibile alternativa: non esiste alcun “meno peggio” da consigliare, non esiste la possibilità di un cambiamento con l'attuale classe politica (succedutasi, del resto, trasversalmente al governo, nell'ultimo decennio, con risultati parimenti fallimentari!). L'unico potere che abbiamo è “negare in tutti i modi” autorevolezza a questi politici, delegittimarli, non al fine di una sterile “antipolitica” ma per accelerare i tempi (non certo immediati, richiedendo anni) per un visibile e integrale “ricambio generazionale”.
Non c'è, allo stato, alcuno spazio possibile occupabile da “liste civiche” portatrici della “necessità del cambiamento”: la Partinico “libera” da ricatti di sorta e moralmente “a testa alta” esiste, potrebbe pure conquistare qualche seggio al Consiglio ma non riuscirebbe, in ogni caso, a sottrarre la gestione della “res pubblica” ai soliti noti!
Se si recasse alle urne meno della metà degli aventi diritto, con un simile “non-voto” (di protesta e di “ricatto” verso l'attuale classe politica) non potrebbe insediarsi nessun Consiglio comunale riconosciuto politicamente (sia pure legittimo giuridicamente) e nessun Sindaco legittimato a tutti gli effetti a proclamarsi (con una formula “orrenda”, puntualmente adoperata dopo ogni elezione) “il Sindaco di tutti”!
Perché avvenga una “rinascita partinicese” necessita che la politica sappia “promuovere e guidare il cambiamento” e lanciare i giusti messaggi. E affinché la politica sappia far questo occorre:
1- superare la contrapposizione ideologica tra destra e sinistra, a livello locale inconcludente: non servono le ideologie ma il “buon senso” per risolvere i piccoli e concreti problemi di una Cittadina;
2- dare spazio ai giovani, consapevoli, però, che la giovane età non è un merito “di per sé” ma lo diventa se si combina alla creatività e capacità propositiva che si è in grado di esprimere: meglio essere governati da anziani d'esperienza che da giovani inetti, privi di autonomia di giudizio e “marionette” (o, peggio, “prestanome” di terzi!).
Quello prospettato -che sia chiaro- non è un cambiamento che può avvenire a pochi mesi dalle elezioni: occorrono anni, ma se non si inizia “da subito” a rifiutare il “marcio” che c'è a Partinico e a mandare un “segno forte” a chi ci amministra. non basteranno altri trent'anni per realizzare una svolta!
Non bisogna solo cambiare qualche pedina del gioco: occorre “cambiare gioco”. Cambiare gioco significa cambiare il modo di fare politica, che deve essere intesa non più come privilegio di cui “pavoneggiarsi” bensì come “servizio” da offrire alla Comunità! Non è sufficiente che cambi qualche faccia, che si insedi un giovane in più in una segreteria di partito o una donna in più in Giunta (l'ultima Amministrazione, d'altronde, ci ha dimostrato come una sola donna possa fare più “sfracelli” di altrettanti uomini!).
In uno slogan, occorre rivendicare “a voce alta”:
1- più moralità (cominciando da un rinnovato “senso civico” e da una maggiore “autonomia di giudizio” al momento del voto da parte di noi cittadini)
2- più legalità
3- e maggiore “assunzione di responsabilità” da parte della politica (occorrendo chiarezza su “chi risponde” e “di cosa” se si fallisce politicamente non rispettando il mandato elettorale).
Ovviamente non è facile tradurre dei “buoni propositi” in “prospettive concrete”. Ma l'emergenza sta proprio qui: nel “non avere alternative possibili”.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy