Cefalonia le ‘vere’ cifre dei caduti: un dettaglio insignificante

“SE LE VITTIME DELL’OLOCAUSTO FOSSERO STATE 6.000 E NON 6.000.000 SAREBBE STATA ESATTAMENTE LA STESSA COSA ?

Di seguito lettera al direttore Viglia.

I sostenitori dell’osceno balletto di cifre inventate di sana pianta sui Caduti di Cefalonia non volendo arrendersi neanche di fronte alla prova della loro falsità
– documentata nel mio ultimo libro ‘I Caduti di Cefalonia: fine di un Mito’- hanno assunto una comune linea difensiva consistente nel definire tale risultanza numerica alla stregua di un semplice ed irrilevante dettaglio.

‘Che siano stati 1000 o 10000 ciò non cambia la sostanza della vicenda’: questa la risposta degli ‘sterminazionisti’ di ogni genere ad uno sforzo di ricerca che altrove sarebbe stato apprezzato anche ‘in alto loco’ ma che, nell’Italia ‘nata’ da una Resistenza divenuta sempre più ‘comunista’ con il passare del tempo, anche i più diretti interessati alla questione –FFAA in primis- fingono di ignorare.

Di fronte a ciò viene spontaneo chiedersi perché se anche ‘un solo morto’ –come affermano questi sepolcri imbiancati- non può mutare il significato della vicenda, si continui a mentire sulle cifre reali guardando oltretutto con malcelato odio allo scrivente accusato ora oltre che di ‘revisionismo’ anche di ‘negazionismo’ per aver ‘cancellato’ migliaia di morti che …fortunatamente non morirono.

All’ indirizzo ‘giustificativo’ di tali menzogne si sono conformati anche vari studiosi come il dr. Lutz Klinkhammer cui abbiamo scritto una lettera che, stante la posizione comune assunta, può valere per ciascuno di loro.

Per finire una domandina ‘facile facile’ a tutti indistintamente i ‘gendarmi della memoria’ imperversanti in Italia:
“SE LE VITTIME DELL’OLOCAUSTO FOSSERO STATE 6.000 E NON 6.000.000 SAREBBE STATA ESATTAMENTE LA STESSA COSA ?

Ed ecco il testo della lettera inviata al prof. Klinkhammer:

Egr. prof. Klinkhammer,

nell'articolo “Il più grande massacro di soldati italiani per mano nazista” pubblicato sulla Rivista 'Patria Indipendente' di luglio scorso Ella dichiarò che “Cefalonia fu senza dubbio teatro del più grande massacro di italiani commesso dai tedeschi -nonostante negli ultimi anni gli studiosi abbiano ridimensionato il numero dei morti dalla stima iniziale di 9.000” aggiungendo poi -quasi per correggere l’entità di tale dichiarazione- che “in casi come questo rivedere le cifre non riduce la portata della carneficina” citando, a riprova, l'esempio di Marzabotto dove il primo bilancio di 1.800 morti venne ridimensionato a 770 non avendo altra conseguenza se non di “porre in risalto la concreta crudeltà della strage”.
Molto bene. Sono pienamente d'accordo con Lei sull'infamia di chi – per rappresaglia- uccise i civili a Marzabotto o i soldati italiani a Cefalonia ed anzi aggiungo che anche l'assassinio di uno solo di essi -come ad esempio quello di mio Padre- comporta una condanna senza appello ed è per questo che ad agosto 2003 mi costituii Parte Civile a Dortmund per l'eventualità -invero assai improbabile come le due Istruttorie (di Dortmund e di Monaco) hanno dimostrato- che l'assassino o gli assassini di mio Padre fossero individuati.

Chiarito il punto in questione mi sembra però che la riduzione –anche da Lei data per scontata- delle Vittime dei tedeschi a Cefalonia di cui per primo ho trattato io nel mio libro ‘I Caduti di Cefalonia: fine di un Mito’, da 9 – 10000 a circa 2000 -cioè a un quinto- non possa essere considerata ininfluente sulla rappresentazione della vicenda data da oltre sessant'anni che ha fatto radicare nell'opinione pubblica la certezza di uno sterminio di dimensioni bibliche o addirittura ‘ciclopiche’ come ha scritto il Suo amico Paoletti, assai più propenso a critiche astiose nei miei confronti che a riconoscere il proprio marchiano errore.

Da ciò l’ovvia domanda che rivolgo anche a Lei sul perché – fermo restando l'orrore per l'infamia commessa dai tedeschi- personaggi ed enti come l'ANPI o l’ Ass. ne Acqui –ormai ridotta a sua ‘dependance’- restino pervicacemente abbarbicati ad una FALSA rappresentazione del passato continuando addirittura a diffonderla grazie alle loro ‘altolocate’ conoscenze politiche.

Ma se l’orrore per la morte di 2000 o 10000 uomini non muta per il mutare del loro numero perché allora si deve continuare a parlare di Sterminio, Eccidio o Massacro di incalcolabile portata ?

In attesa di una Sua gradita risposta, da parte mia Le dico che l’enorme numero di morti contenuto nel Comunicato del Governo Parri del 13 settembre 1945 -da cui prese il via la ridda di cifre completamente inventate- fece comodo all’Esercito che cercò di rimediare alla fuga ignominiosa dei suoi capi ed al conseguente sfacelo militare mostrando la ‘Acqui’ come il suo fiore all’occhiello cioè quello di un’ intera divisione consapevolmente e quasi al completo, sacrificatasi pur di non cedere al tedesco. Una visione dei fatti, questa, riecheggiante vecchi film del passato come ‘La Carica dei 600’ la cui trasposizione nella realtà, alla luce di quanto accadde, è assolutamente improponibile.
L’elevato numero delle vittime fece -e fa comodo tuttora- anche alla frangia comunista della Resistenza che profittando della sua egemonia storico-culturale -che si vorrebbe perpetuare all’infinito- trasformò, mediante un sapiente ‘maquillage’, la ‘Acqui’ in una banda di partigiani con tutti gli ingredienti necessari: dalle decisioni prese dal basso –leggasi ‘referendum’- ai suoi componenti additati come iniziatori o quanto meno precursori di una ‘Resistenza’ più ideologica che militare che in quei giorni essi neanche si sognavano: in altri termini un vero e proprio Mito da additare alle generazioni future -come fece Ciampi a marzo 2001- con un ritardo di appena 60 ….anni.

E’ ovvio pertanto che un Mito di tal fatta, qualora basato SOLTANTO su 1300 soldati caduti in combattimento in obbedienza, per giunta, ad un ORDINE SUPERIORE e sulla fucilazione -DOPO LA RESA- dei SOLI UFFICIALI ritenuti ‘traditori’ o ‘partigiani’ per l’inesistenza, oltretutto, di una DICHIARAZIONE DI GUERRA, non avrebbe raggiunto lo scopo per il quale il mantenimento in vita dell’immane sterminio divenne pertanto un’ indispensabile ‘conditio sine qua non’.
E così fu fatto anche con il concorso delle FFAA ricavabile da una Relazione presentata nel 1948 allo Stato Maggiore dal t. col. Livio Picozzi di ritorno da una Missione compiuta a Cefalonia per conto delle Autorità politico-militari che venne ‘secretata’ per 40 anni e pochi anni orsono riemerse dalle polverose scansie dell’Ufficio Storico EI ad opera del sottoscritto.

Eloquente è lo stralcio finale in cui l’estensore rispondendo alla domanda (“Cosa conviene fare ?) da lui stesso formulata suggerì alle Autorità Militare il comportamento da tenere in merito alla vicenda cui esse prontamente si adeguarono.

Ecco il testo:

“Cosa conviene fare ?”

1) Lasciare che il sacrificio della Divisione “Acqui”, sia sempre circonfuso da una luce di gloria. Molti, per fortuna sono gli episodi di valore, sia pure più individuali che collettivi. Sembra opportuno che siano messi in sempre maggior luce. Insistere sul movente ideale che spinse i migliori alla lotta. Non insistere sulla disparità di vedute, sulla crisi iniziale, sugli atti di indisciplina con i quali fu messo a dura prova il comando.
2) Non modificare la “storia” già fatta, non perseguire i responsabili di erronee iniziative, anche se dovessero sopraggiungere nuove emergenze, e ciò per non incorrere nel rischio che il “processo” a qualche singolo, diventi il processo di Cefalonia.
3) Spogliare la tragedia dal suo carattere “compassionevole”. Fare dei morti di Cefalonia, altrettanti “caduti in guerra”: non presentarli quindi come poveri uccisi. Questo vogliono il rispetto a essi dovuto, il riguardo alla sensibilità di migliaia di famiglie, e l’opportunità di secondare il “mito” di gloria che si è già formato intorno a questa vicenda, in una larga parte della pubblica opinione».

Detti suggerimenti divennero vangelo per i vertici delle FFAA dell’epoca che si affrettarono ad accoglierli ‘insabbiando’ con la Relazione anche quanto essa aveva rilevato sugli aspetti più sconcertanti della vicenda e contribuendo in modo decisivo alla creazione di un Mito di cui ancora oggi, malgrado sia stata provata con Documenti posseduti addirittura dalle stesse FFAA (e questo è il colmo!) l’inesistenza dell’immane eccidio o sterminio -variante da 4 a 10.000 morti (!!)- posto a base di esso, si vuole continuare a perpetuare l’esistenza; e, ciò che è ancora peggio, avvalendosi del fondamentale concorso della storiografia di Sinistra in un singolare e innaturale connubio tra Forze Armate e Comunisti da sempre ostili alle predette ma ora, per motivi di convenienza ideologica, loro alleati in difesa delle menzogne e contro la verità.

www.cefalonia.it

Egregio Direttore di politicamentecorretto,

ho avuto notizia di un Convegno su Cefalonia che si svolgerà martedì 22 a Cremona al quale, essendo io orfano di un Martire di quella triste vicenda, sarei intervenuto, se non fossi costretto letto da una noiosa influenza, per accennare a quanto ho scritto nel mio sito internet www.cefalonia.it e nei miei libri (La vera storia dell'eccidio di Cefalonia – La tragedia di Cefalonia. Una verità scomoda- I Caduti di Cefalonia: fine di un mito) soprattutto riguardo al dato numerico dei Caduti che dalle ricerche da me compiute presso gli Archivi Militari -su cui hanno sostanzialmente concordato lo storico prof. Rochat e lo studioso tedesco H. Frank Meyer- risultano essere stati SULL'ISOLA DI CEFALONIA meno di 2000 di cui circa 1300 caduti nei combattimenti e 3-400 (in gran parte Ufficiali) fucilati dopo la resa. Altri 1300 circa morirono per annegamento durante il trasporto sul continente e un migliaio nei campi di prigionìa per un totale complessivo di circa 4000.

Tutto il resto sono numeri largamente gonfiati dalla propaganda militare italiana risalente ai tempi della guerra di liberazione con cui i vertici del governo speravano di ottenere benemerenze dagli Alleati per la partecipazione alla guerra contro i tedeschi. I Documenti degli Archivi militari parlano chiaro: le cifre varianti da 9 a 10000 caduti -di cui ancora oggi NON SI VUOLE AMMETTERE LA FALSITA furono ''sparate' da chi volle speculare sulla pelle di poveri soldati mandati al macello – SENZA CHE FOSSE STATA DICHIARATA GUERRA AI TEDESCHI- per rimediare almeno in parte alla fuga dei capi ed allo sfacelo dell'intero regio esercito.

Purtroppo i risultati cui sono pervenuto danno fastidio a chi specula ancora sulla vicenda per mostrarla come episodio 'fondante' di una Resistenza di cui, quando esso avvenne, ancora NON c'era traccia. Da qui l'astio nei miei riguardi soprattutto dei Comunisti che, ad onta della mia qualità di Orfano di un ufficiale fucilato come quello di alcuni di loro -riveriti partecipanti al convegno perchè tali- guardano con odio allo scrivente per aver intaccato le loro certezze sull'aspetto 'mitico' della vicenda.

Mi auguro che la presente sia pubblicata in omaggio alla libertà di espressione e soprattutto di dissenso.

Distinti Saluti
avv. Massimo Filippini (orfano del magg. Federico Filippini fucilato il 25 sett. '43 a Cefalonia)
Via Liri 13
04100 Latina

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