Piccole maggioranze, governi migliori?

Per governare è meglio una maggioranza, come suol definirsi, risicata a parte il ricatto da parte coscienze “interessate” propense alle estorsioni politiche dell’ultima ora? Vorrebbe voler dire che la compagine governativa con pochi numeri, non può sollazzarsi beandosi della propria forza. Oltre che meglio è anche giusto. Il momento di particolare globalizzazione ideologica-intellettuale, a parte la becera retorica figlia del populismo più sfrontato, non promette maggioranze di governo cosiddette ampie. In più, queste ultime, garantiscono più che la stabilità, la possibilità di legiferare attuando programmi a volte non solo contro l’opposizione, ma anche contro schiaccianti evidenze di scelte perniciose per il paese. Stanti così le cose, sono auspicabili maggioranze con grandi numeri? Senza contare che sono difficili, oggi, si potrebbero ottenere solo con premi di maggioranza. La legge sottoscritta da Scelba in questo senso, che introdusse il premio di maggioranza, fu definita non a caso, legge truffa. La logica era quella di considerarlo un bonus da “accordare” a chi avesse vinto le elezioni anche se per un solo voto. In poche parole, è un favore, una mera opportunità di fornire ai vincitori delle elezioni un margine di maggioranza tale da assicurare di resistere per tutta la legislatura. Un pacchetto di schede votate da ipotetici fantasmi di elettori virtuali. Non va bene. L’unica cosa sicura è che potrebbe agevolare atteggiamenti “inerti” o troppo “vivaci” prerogative di governi irresponsabili. Operare, lavorare, legiferare con l’angoscia dei numeri “risicati”, non porrebbe continuamente un governo al cospetto delle sue responsabilità? Non eviterebbe, peraltro, di commettere errori madornali e plateali o, perlomeno, farebbe da freno inibitore a tentazioni impositive ed autoritarie? Se una coalizione non ottiene, dall’esito del voto politico, ampi consensi, se quel governo non potrà contare su un numero di voti tali da farlo dormire tra due guanciali, nessun volere politico, neanche divino, dovrebbe alterare i rapporti di forza attraverso una “invenzione”, niente affatto partecipativa, del premio di maggioranza. D’altronde, alle Camere basta avere un voto in più per vedersi accolta la propria proposta frutto di un programma elettorale accettato e votato dagli elettori. Con il vantaggio di essere sempre sul filo del rasoio, con la coscienza in mano e la paura di capitolare, anche se non per senso civico ed etica dello Stato, non avremmo più certezza sulle scelte, le meno dolorose possibili, le migliori attuabili in ciascun momento decisionale? Voti “regalati” non sono una forzatura, non accordano solo una certa onnipotenza mai troppo auspicabile in un paese democratico?

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