Intervista al Senatore Luigi Pallaro

“Una persona tranquilla, serena e completamente avulsa dalle polemiche degli ultimi tempi. Così ci è sembrato il senatore Pallaro chiacchierando nel suo studio.
Noi che abbiamo intervistato tutti i 18 eletti all’estero, avevamo lasciato il senatore Pallaro per ultimo perché dovevamo ancora capire il confine tra la fantasia, la realtà e la strumentalizzazione politica che l’avevano riguardato dal primo momento in cui è entrato al senato.
Si dicevano troppe cose per essere vere tutte insieme e ad un certo punto ci è sembrato molto più conveniente aspettarlo al varco per poi sintetizzarne un quadro che nulla ha che fare su quanto detto e su quanto si continua a dire sul suo conto.
La dimostrazione sta nella impressione che abbiamo avuto, dall’atteggiamento serafico ed in pace con sé stesso dal quale traspariva chiaramente una onestà di intenti difficilmente fraintendibile.
Uomo forte ed impermeabile, persona degna di ogni stima per il quale, la buona creanza e l’intelligenza esigono il rispetto che si conviene ad un uomo onesto”.

La ringrazio per aver difeso i 18 eletti all’estero con un bellissimo articolo in risposta a “Libero”.
Oggi, quello che manca, è la sicurezza dell’informazione e l’ignoranza di questo giornalista lo dimostra. Ma non è poi tanto colpa sua sa? E’ che non si ha una conoscenza sufficiente ed accettabile della realtà degli italiani all’estero. In primo luogo, perché non si leggono i giornali. In Italia si legge pochissimo, si pensi a quanti leggono libri. Si ignora persino la geografia degli italiani nel mondo. Non si sa che cosa questi abbiano fatto in 200 anni di emigrazione.

Ma allora, cosa consiglia?

Guardi, molti mi hanno chiesto: “ma cosa vai a fare a Roma?, vai a legiferare?” Io rispondo sempre che gli italiani qui, sanno molto bene legiferare, molto meglio di me. Però, non sanno che ci sono 60 milioni di italiani, di origine italiana in giro per il mondo. Di italiani pochi, la maggior parte solo cittadini italiani all’estero con le proprie famiglie, il loro lavoro, le loro imprese e la loro nuova vita.
In questi paesi, siamo stati accolti, non siamo stati dei colonizzatori. Ci siamo integrati ed abbiamo messo su le nostre famiglie.
E’ bene chiarire, quando si parla di emigrazione. E’ necessario adoperare una differenziazione tra l’emigrazione Europea e quelle d’oltre oceano in due tronconi: mondo anglofobo e mondo latino. Esse hanno storie, sviluppi e situazioni molto diverse tra loro.
Quella europea, praticamente non esiste più perché siamo nell’Unione Europea. Gli italiani in Germania, sono italiani d’Europa.

Lei rappresenta quella del secondo troncone, ne è quasi testimone oculare

C’è stata la grande emigrazione in Argentina a partire dal 1880, poi un’altra del 1850. Nello studio che sto facendo fare di cui sarà elaborato un libro di prossima pubblicazione, anzi, gliene voglio parlare in anteprima nel corso di questa intervista, è emerso che già a far data dal 1710, a Buenos Aires, c’erano 50 italiani.

Che cosa non riusciamo a capire, in che siamo ignoranti?

E’ molto difficile, devo ammettere. Ciò dipende molto anche dalla situazione politica dell’Italia. Molto dipende dalla mentalità, molto altro, dalla burocrazia. Può immaginare che chi partiva emigrante veniva praticamente cancellato dall’anagrafe del suo paese d’origine? Non esisteva più! Questo è un motivo di grande sofferenza ma soprattutto d’offesa, non esistere più nell’anagrafe italiana. Ma le dirò ancora di più, che dopo anni di battaglie politiche, di istanze, di reclami, quell’ordine di essere riscritti nei registri dell’anagrafe, non veniva eseguito semplicemente per incuria, per fastidio persino dell’impiegato a questo addetto.

Ma, chi glielo fa fare senatore ad impelagarsi in questa storia. Lei è un uomo arrivato con una posizione ferrea, solida…

Buona osservazione. Ma nel mio caso, dopo 50 anni all’estero, mi sono appassionato, mi entusiasmo ancora a sostenere queste tematiche. La mia passione è ancora più forte proprio in ragione di quanto mi stava dicendo: non aspetto nessun ritorno, nessun guadagno da tutto questo. Non ne ho alcun bisogno, la mia passione e basta.

Dunque, gli anni della sua emigrazione non sono stati di sofferenza e patimento?

Io non volevo partire per l’Argentina. Mia madre mi disse che, nella peggiore delle ipotesi, me ne sarei tornato a casa se proprio non avessi resistito. Quando sono andato in Argentina, ho trovato un mucchio di porte aperte, attraverso le quali bastava cogliere le opportunità che mi venivano offerte. Dopo sette mesi avevo già una impresa tutta mia facendo quello che sapevo fare. Ero molto giovane allora, scuole industriali per titolo di studio, molta voglia di affermarmi e di lavorare. Le sofferenze le ho trovate qua quando sono tornato ed ho scoperto che il mio nome era stato cancellato all’anagrafe. Da allora ho cominciato subito ad operare in favore di quelle comunità. Mi ricordo che, in Veneto, mi presentai all’allora presidente di regione chiedendogli di costituire una Consulta che si occupasse dei Veneti nel mondo. Lui stesso ignorava questa realtà, non sapeva che esistevano italiani in giro all’estero. Siamo nel 1966-67. Per questo progetto furono stanziati tre miliardi per la politica degli italiani all’estero. Ecco perché il Veneto è considerata la regione di punta per gli italiani nel mondo. Rispondo a questa sua domanda con fatti di epoche non sospette con i quali dimostro che il mio non è un impegno nuovo, all’epoca non si sarebbe neanche potuto immaginare il voto per gli italiani all’estero. Sono mosso dall’entusiasmo e da una bramosia di giustizia ora come allora.

C’è un punto critico su cui vorrebbe insistere per dipanare la matassa?

Non bisogna usare più il suffisso “Italo”, ma parlare di italiani di origine, cioè americani di origine italiana, di origine argentina e via discorrendo. Le ultime generazioni, sono ormai diventate cittadini di quei paese.
Vorrei sottolineare, qualora non si sapesse, che su 12 presidenti della Repubblica Argentina, 11 erano italiani. Questo sta a dimostrare quanto veloce sia stato l’inserimento e l’integrazione, da parte degli italiani in quel paese ad altissimi livelli.
Il punto critico, come lo chiama lei è che in Italia si continua a parlare dell’emigrante che abbiamo visto per anni nelle sceneggiate napoletane valigia di cartone e spago annesso. Se ne parla ancora, dell’emigrante, con una enfasi che sconfina nel melodramma. Le dico questo: sono rientrato nel paese dove sono nato San Giovanni in Bosco provincia di Padova, ebbene, il salone dove sono stato accolto dal sindaco, era tappezzato di fotografie di emigranti dai volti dei quali traspariva la miseria e la tristezza di generazioni costrette, a lasciare la propria casa, dall’indigenza e dagli stenti. Ho detto al sindaco, quegli italiani avevano quelle espressioni di povertà prima ancora di diventare emigranti. Essi sono partiti ma erano già sofferenti. La vita in Italia fu a renderli come sembrava dalle fotografie. Ma quando questi sono partiti e si sono integrati, hanno avuto una sorte di gran lunga migliore di quanti sono rimasti a patire per altri 70 anni in Italia.

Non ci dica però che non ci siano stati disagi e che l’emigrazione fosse tutta rosa e fiori!

No, non dico questo. Però, dopo il primo impatto con una nuova realtà, con usi e costumi nuovi e sconosciuti, una lingua incomprensibile, quegli italiani hanno trovato una spazio che in Italia non c’era. Lei è giovane non può saperlo ma, nel 1880, in Argentina, l’agricoltura non esisteva. La introdussero gli italiani. Cominciarono con il grano e semina che risemina, hanno piantato frutteti, fatto vigneti creando un nuovo dinamismo. Nel 1911, gli italiani hanno creato anche una banca, la banca d’Italia con 125 succursali in tutta la Repubblica Argentina.
Il dramma, era in Italia, egregio amico, dove la gente non mangiava e dove per la gente non c’era spazio.
Quando sono andati in Argentina, lo spazio, gli emigranti, l’hanno trovato là. Non bisogna mai smettere di ringraziare quei paesi che ci hanno accolto.
Attualmente, circa 80.000 italiani studiano l’italiano tutti i giorni, ma le scuole le abbiamo fatte noi, non lo Stato italiano. In Argentina ci sono più di un migliaio di associazioni, sette ospedali, uno di questi, quello di Buenos Aires, è una delle 4 o 5 cliniche più importanti del mondo al cui interno c’è anche una Università. Vi lavorano 1000 medici, da più di 10 anni il bilancio è chiuso sempre in pareggio. Può essere un esempio di sana gestione sanitaria anche per l’Italia.
Quando mi hanno chiesto che cosa avessi intenzione di fare, io ho risposto sempre che la prima cosa è testimoniare agli italiani d’Italia nuove realtà e che l’emigrazione di una volta non esiste più. Che con i nostri connazionali all’estero possiamo interagire perché essi possono essere la vera chiave della globalizzazione. Globalizzazione fatta tra noi italiani.
Ecco cosa ci ha spinto a costruire le scuole e le Università. Occorre una politica di conoscenza e di interscambio culturale ed anche commerciale in una ottica moderna che non sia ancora il retaggio della figura antica ed ormai superata dell’emigrante de “Dagli Appennini alla Ande”.

Ma è stato detto che i 18 chiedono soldi e calcio

Guardi, è bene a questo punto fare chiarezza. In primo luogo non è affatto vero che i 18, così, come semplicisticamente è stato detto, chiedono solo soldi e calcio ed in ogni caso, qualora fosse, non è certo per le proprie tasche. Ma questi signori che scrivono con tanta disinvoltura di cose che non conoscono, lo sanno o non lo sanno che, dopo la fine della guerra, per 10 anni, gli introiti per poter affrontare il commercio con l’estero in Italia, nelle spese, si faceva conto sulle rimesse degli emigranti?
Lo sanno o non lo sanno che questi emigranti hanno mandato, in quelle epoche, 1000 milioni di dollari in Italia e, con questi soldi si fece fronte ad una emergenza economica grave?
Lo sanno o non lo sanno che siamo stati noi, dopo la guerra, ad attivare quelle che erano la vecchie camere di Commercio che hanno ormai più di 130 anni?
Lo sanno o non lo sanno che queste iniziative sono partite dagli emigranti di allora e che hanno fatto da impulso a che le camere di Commercio proliferassero diventando 75 in 45 paesi nel mondo?
Insomma, questi emigranti, non sono dei piagnoni e degli opportunisti come vogliono farci sembrare, anzi, abbiamo dato lezioni di operosità e di ingegno oltre che di aiuto concreto.
E poi, cosa c’è di male se gli italiani all’estero gradirebbero vedere i programmi televisivi della Rai? Nientemeno! Nell’era della altissima tecnologia, nell’era dei satelliti, del senza fili, andiamo a fare una polemica di basso profilo attaccandoci a queste sciocchezze. Lo sa che cosa le dico? Certe espressioni nei riguardi degli italiani all’estero rasentano il razzismo, perché si ha voglia di dichiararsi liberali e democratici, se uno nasce fascista, morirà fascista, non sarà certo il cambio della camicia da nera a bianca a fargli cambiare l’indole. Protesto perché non si può, né è serio, giudicare in questo modo e lo dico con un po’ di rabbia.
Sappiano questi signori che ci denigrano che l’Italia ha un tesoro all’estero e questo tesoro siamo noi che veniamo qua facendo dei sacrifici enormi nel tentativo di connettere l’Italia con delle realtà, con delle opportunità molto vantaggiose. Certo, potremmo decidere anche di non farlo, ma allora sì che saremmo colpevoli di una grave omissione.
Dicono “senatore quanto ci costi!” Essi ignorano. Non ci crederà nessuno ma io prendo i soldi di tasca mia per fare quello che faccio. Essi ignorano che io pago il 58% di trattenute dalla mia busta paga.
Ho ricevuto molte offese per i più svariati motivi, ma sa io non ci faccio neanche caso, lascio perdere anche le insinuazioni più subdole, ma forse faccio male. Per fortuna esiste anche un giornalismo sano fatto da persone a modo e professionali.

Ce l’ha con la stampa? Cane sciolto, opportunista, furbastro dell’ultima ora, quello che vende il proprio voto al Senato…

Non ce l’ho con la stampa ma con la disinformazione. La stampa è una cosa seria, stupenda. A Buenos Aires, probabilmente, io leggo il Corriere delle Sera molto prima che lo legge lei, sono informatissimo su quanto avviene in Italia. I giornali, i media sono di fondamentale importanza. Il problema è che siete voi qui che non leggete delle realtà degli italiani all’estero. Non sapete niente di quello che succede e questo è uno dei punti della disinformazione che denuncio.
Bisogna sapere che all’estero esiste un patrimonio, ci possono essere mille opportunità per un imprenditore che va in Argentina e, con i mezzi a disposizione, e la comunicazione in tempo reale da un continente all’altro, la cosa è sempre più agevole. Cosa aspettiamo?
Guardi, lo dico senza tema di essere smentito e con la serenità che mi accompagna e che mi ha contraddistinto durante tutta la mia vita: sono indipendente. Al Senato, alzo la mano quando mi sembrerà opportuno e vantaggiosa alzarla, altrimenti non la alzo. Non sono legato a nessuno, devo dar conto solo ai miei principi sui quali non sono disposto a transigere. Sono qua, come dicevo, perché ho una passione per l’Italia, una passione per gli italiani nel mondo. Sono latore di messaggi, di occasione di interscambio a vantaggio soprattutto dei giovani e dei piccoli imprenditori. Con la nostra esperienza acquisita all’estero, possiamo facilitare moltissimo imprese che intendano lavorare fuori dai confini italiani.

Però esistono molti italiani in America Latina che versano in cattive condizioni economiche. Non tutti hanno avuto una vita di successi, 14 milioni di euro bastano?

Certo, nelle stesse percentuali che si riscontrano in Italia, è vero. C’è chi sbarca il lunario e chi sta meglio. Non dimentichiamo che in questo hanno fatto gioco anche situazioni di crisi locali che, via via, si sono verificate nel corso degli anni. Sono pochi ma ci sono ed è per questi che mi sto battendo.
Questi 14 milioni di euro di cui si è tanto parlato, come se fossero i miei…ho preteso solo quanto era previsto per l’anno precedente più qualche cosina. Tutto ciò per gli attuali settantenni, ottantenni, che non hanno la copertura sanitaria, per quelli che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, ebbene, vanno tutelati. Per la cooperazione sono stati triplicate le spese. Diamo anche qualcosa agli italiani che sono in difficoltà, a questi, deve pensarci lo Stato italiano perché sono nati in Italia. Per quelli di doppio passaporto, è un altro discorso, essi sono inseriti ed integrati nella società di quel paese, soggiacciono alle sue leggi a quelle del paese dove sono nati.
I giovani sono il futuro, una buona risposta per incentivare gli scambi commerciali e culturali, basta approfittare delle occasioni. Quanto ci costa una camera di commercio a Pechino o a Nuova Deli? Una camera di Commercio Italiana all’estero, quasi niente.
Sono queste le cose delle quali voglio diventare megafono. Guardi che i poveri esistono ovunque. Non è certo un disonore essere poveri. Importante, però, è dargli la dignità di essere umani.

Le voglio fare una anticipazione, della quale non ho ancora parlato pubblicamente e che voglio darle in esclusiva. Tra poco uscirà un mio libro scritto con l’ausilio di esperti e ricercatori dal titolo: “La storia degli italiani nella Repubblica Argentina”. La bozza è alla correzione finale. Lo studio fa una carrellata a partire dal 1710. Così di seguito, 1810 con il primo governo Argentino in cui erano presenti tre italiani.
Gli emigranti del 1880, di una sola cosa erano veramente consapevoli, della loro ignoranza perché semi analfabeti. In poco tempo riempirono le Università diventando professionisti di rango e undici di questi diventarono addiritturapresidenti della repubblica Argentina.
Dobbiamo essere orgogliosi di questa gente che, oltre ad aver introdotto l’agricoltura ha invaso letteralmente anche il mondo della cultura ai più alti livelli.
Il libro ha la pretesa di raccontare su base bibliografica, una realtà che, molto spesso oltre che essere ignorata, viene distorta. Ha la pretesa di raccontare 200 anni di emigrazione, di parlare di questi italiani senza aggiungere né omettere alcunché.
Una volta uscito, il libro sarà distribuito a tutti i parlamentari, deputati e senatori, sarà disponibile per la stampa e le librerie, lo darò a tutti gli Enti locali affinché l’amicizia tra il popolo argentino ed il popolo italiano venga messa a fuoco meglio su base documentale.

L’uscita infelice di Bobo Craxi, l’azione di forza che lei avrebbe esercitato in sede di Commissione Bilancio, il suo voto determinante al senato…

Guardi, io lascio dire. Molti non sanno fare altro, ma le cose non stanno affatto così. Poi hanno detto che io ho presentato l’emendamento in commissione, le pare possibile da parte di un senatore?
Guardi, sul tema del bilancio, c’è stata una discussione abbastanza forte nella riunione d’area del CGIE a Santiago del Cile, sul tema del bilancio. Se si legge il bilancio, si vede chiaramente che ci sono stati degli errori. Se si concedono 14 milioni e se ne tagliano 16, a conti fatti, abbiamo meno soldi dell’anno scorso. Se volgiamo essere onesti, questi soldi non bastano.
Molti giornalisti scrivono che noi eletti all’estero non paghiamo la tasse, noi le paghiamo anticipate invece, se veniamo a chiedere per gli italiani all’estero, è perché siamo in credito nei riguardi del governo italiano in virtù dell’azione di risanamento che abbiamo fatto in passato.
Sono 40 anni che vengo periodicamente in Italia ed ogni volta che torno, c’è una crisi economica grave. Ogni volta non era possibile intraprendere niente perché “il momento economico non era favorevole”. Allora, posso credere che ci siano delle difficoltà come posso anche non crederci che ci siano.
Non sono mica gli italiani all’estero che hanno provocato il deficit di bilancio che c’è in Italia. Alla regione Lazio, per esempio, si conta un deficit di 8000 miliardi di euro ed in altre regioni è, più o meno, la stessa cosa.

Che vuole fare, cosa propone, cosa auspica?

Siamo venuti per portare, abbiamo portato sempre. Oggi portiamo opportunità, occasioni di commercio con l’estero. Vogliamo sollecitare un politica intelligente di impresa, ora parla l’imprenditore. Ho fatto impresa un po’ ovunque, non solo in Argentina, qualcosina, mi lasci dire, ne mastico. C’è spazio per le imprese italiane in Argentina ma occorre una politica orientata in questo senso. Vorrei dire a quanti sparano sciocchezze per vendere giornali, noi siamo una risorsa, non un peso.
I 18 eletti all’estero, possono definirsi dei romantici appassionati dell’Italia, abbiamo bisogno di una attenzione particolare: essere capiti. Cominci lei, può darsi che gli altri la seguiranno. Molte cose che si scrivono sul mio conto, non le leggo neanche.
Però, ho letto le dichiarazioni di Fini sul fatto che io avrei venduto il mio voto al centrosinistra in cambio dell’emendamento dei 14 milioni. Mi è dispiaciuto delle sue dichiarazioni perché offendono la sua intelligenza. Egli mi conosce bene, sa benissimo chi sono e non mi meritavo, da lui, questi apprezzamenti. Prima di parlare l’on. Fini, avrebbe fatto bene a documentarsi meglio perché questa battaglia non la faccio mica per il mio portafoglio, la faccio per gli altri e, quando chiedo e mi muovo per gli altri, divento un gigante, non mi fermo.

E’ una parola senatore, ma almeno a me, dica la verità, quanto costa comprarla?

Mi dispiace, giovanotto, per quanto simpatico, ma io non sono in vendita, non lo sono mai stato in vita mia e non lo sarò neanche questa volta. Mai passato per l’anticamera del cervello.

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