Non resta che provare. Chi può avere ancora paura della “sinistra e basta”?
Si tratta di dimostrare che il centrosinistra, è un’area che disturba, sconcerta l’orientamento degli elettori sino a divenire, per certi versi, insulsa
Il centrosinistra, così come oggi si concepisce, è un’astrazione, un arzigogolo politico faticoso da giustificare. Una “sfacchinata” ideologica che affanna a trovare, topograficamente, un ruolo ed una linea.
La politica degli ultimi anni, sta facendo i conti con trasformazioni non fisiologiche, bensì coattive. Ci riferiamo alla tiritera ideologica che coinvolge tutti i partiti a presentarsi in una veste nuova e versatili sfaccettature.
Il problema di fondo è: cambiare, migliorarsi, proporre soluzioni, sembrare freschi, innocui e senza precedenti vincolanti.
Tanto a destra quanto a sinistra, le meningi politiche dei leaders, sono messe a durissima prova nel tentativo di trovare quella “novità” che possa calamitare consensi elettorali.
Lo scenario futuro sembra orientato verso due schieramenti e, questo, non sembrerebbe una novità. Ma i due schieramenti, dovrebbero connotarsi, il primo, in un Grande Polo nel quale annoverare i moderati, ed il secondo, in uno schieramento di “sinistra e basta”. “Sinistra e basta” vuol dire contenitore composto da tutti quelli che non condividono la politica proposta a partire dai Ds sino ad An.
Paradossalmente, il successo indiscusso di questo Grande Polo così composto, non potrebbe che dipendere e seguire a ruota un periodo poco fortunato, quando non fallimentare addirittura, di governo di “sinistra e basta”.
Si tratta di dimostrare che il centrosinistra, è un’area che disturba, sconcerta l’orientamento degli elettori sino a divenire, per certi versi, insulsa. Il centrosinistra, così come oggi si concepisce, è un’astrazione, un arzigogolo politico faticoso da giustificare. Una “sfacchinata” ideologica che affanna a trovare, topograficamente, un ruolo ed una linea.
La “sinistra e basta”, a ben vedere, non ha mai governato questo paese. Ebbene, è venuto il momento.
Le sue istanze rivelatesi deleterie e non adeguate né ai tempi, né ancor meno, alle necessità della nazione, decreterebbero, inesorabilmente, la fine di un governo di “sinistra e basta” una volta e, forse, per sempre.
Dunque, il futuro di questo Grande Polo, di questo ventaglio istituzionale allargato in un abbraccio circolare di esperienze di mezzo secolo di storia repubblicana, sarebbe legato a doppia mandata all’insuccesso di un governo di “sinistra e basta”.
Proprio la “sinistra e basta” perché essa è stata ed è una fucina continua di applicazioni ideologiche, popolari e populiste. Stesso “blasone” non può vantare certo la destra. Lavoro per tutti; no global; lavorare tutti lavorare meno; la casa per tutti; equità sociale; più risorse ai lavoratori; pensioni dignitose; lotta al precariato; diritto allo studio; rivendicazioni dei movimenti e via discorrendo. Essa è punto di forza di grande impatto sull’opinione pubblica nell’ottica della rivendicazione sociale inserita nella manifestazione di piazza emotiva, suggestiva e, spesso, efficace. Senza contare la letteratura che, dal secolo precedente, a questo, costella le biblioteche di mezzo mondo di intellettuali di quell’area che hanno prodotto, senza difficoltà, teorie e soluzioni accessibili ma demagogiche.
E’ ovvio che nessun estremismo è più alla portata del nostro paese. Nessun esproprio proletario potrebbe essere avallato, niente “togliamo ai ricchi per dare ai poveri”. Premesso ciò, istanze di questo tipo, immerse nella realtà, durerebbero il tempo di un fine settimana. Ogni tentativo in questo senso, sarebbe rigettato. E non dall’opposto schieramento, bensì, motu proprio, dall’elettorato, spontaneamente, poco propenso ad affrontare una politica che, in questo senso, sarebbe solo traumatica e niente affatto moderata.
Una “sinistra e basta” al potere ed al governo di questo paese, anche quando non avesse i numeri, ma semplicemente per tattica e strategia di un centrodestra marpione, si troverebbe ad affrontare in maniera diretta i problemi per i quali è divenuta megafono. Potrebbe arrendersi addirittura fallendo il mandato e le sue stesse prospettive programmatiche al cospetto di realtà le cui denunce sono semplici, le soluzioni, però, difficili. Il grande limite della “sinistra e basta” è quello di non saper fare altro che opposizione.
Omologare un tale fallimento, darebbe il via senza remore ad una coalizione forte e numerosa, ben assortita, clichè del moderato tipo. Ma soprattutto decreterebbe l’inutilità di una coalizione di centrosinistra.
La “sinistra e basta” continuerebbe a vivere. Non basterebbe una tale debacle a convincerla ad abbandonare la scena politica oppure a “convertirsi”.
Non è tipico della “sinistra e basta” rinunciare agli ideali ancorché difficili da realizzare. Essa si bea di utopie e “buonismi”, pasce nella contraddizione tra pensiero e realtà. Ciò che la contraddistingue, infatti, è la “fede”, lo spirito di conservazione, la forza di riproporsi. Magari assottigliata nelle file, malconcia, ma esisterebbe ancora immergendosi in una riflessione profonda proiettata nel futuro per una opposizione intransigente.
La sconfitta della “sinistra e basta” servirebbe, però, a convincere tutto il resto dell’arco costituzionale, a riconoscersi in un’area che è quella condivisa dei moderati e dei cosiddetti riformisti, bravi, carini, non violenti e disponibili a proporre solo cose buone per la gente e per il paese.
Ecco, dunque, i due poli, l’uno contrapposto alla “sinistra e basta”. Dove l’uno è conseguenza del secondo, dove il primo governerà sempre in forza dei numeri, dove il secondo sarà sempre all’Opposizione.
Il tutto sino al momento in cui la “sinistra e basta” non troverebbe i mezzi, le risorse ideologiche, per ribaltare i rapporti di forza divenendo essa stessa il Grande Polo e dove ad opporsi sarebbe, questa volta, la “destra e basta”.