Uno dei musei più famosi del mondo,quello di San Pietroburgo, visti i tempi di crisi economica anziché affidarsi a ditte specializzate in derattizzazioni ha preferito scegliere un antico e classico metodo,low cost,per difendere i suoi quadri dai topi:i gatti.
E così i felini vengono alloggiati all’interno e viziati dai dipendenti invece di essere combattuti come sarebbe logico pensare godendo,sembra incredibile,di uno status ufficiale di custodi delle pinacoteche conferitogli dalla zarina Caterina la Grande.
Sono ex randagi,oggi provvisti di una fissa dimora,molto amati dalla popolazione di questa città,al contrario di quanto normalmente accade,così tanto che quando il direttore del museo ha deciso di regalare dieci gatti in esubero,centinaia di persone si sono messe in fila,sperando di vedersene assegnato uno.
La loro storia è coeva agli anni in cui il palazzo dello zar era in costruzione. Fu Pietro il Grande,il fondatore della città,che aveva visto mangiare dai topi preziosi dipinti,a scoprire l’utilità dei gatti come deterrente.
La regale scoperta fu dovuta alla constatazione legata al fatto che da quando un gattino venne regalato ad Elisabetta, figlia dello zar,la casa reale divenne priva di ratti.
Diventata zarina, Elisabetta fece importare gatti per difendere case e collezioni private da questi ospiti indesiderati.
I gatti dell’Hermitage si aggirano oggi da padroni nelle sale del palazzo e negli scantinati.
Ognuno di loro possiede un chip sottocutaneo che permette ai custodi di riconoscerli quando rientrano nel museo dalle loro scorribande nelle strade di San Pietroburgo.
A curare il loro benessere c’è perfino un vicedirettore del servizio di sicurezza,in parole meno burocratiche e semplici un custode, che deve occuparsi dei loro pasti a base di cibo speciale premium e delle loro visite dal veterinario.
Per i gatti che snobbano le scatolette di cibo si fanno apposite provviste di carne e pollo freschi.
Una favola antica, ma al tempo stesso moderna e, al contrario delle favole, reale.