L’invito dopo la misurazione della temperatura corporea


Mi sono spesso lamentato (si fa per dire) della strana abitudine diffusissima a Roma di chiamarti “caro”, anziché “signore” come sarebbe più semplice e naturale. Non so, forse io mi ci sono fissato un po’, certo è che se per una vita entrando in un negozio, in un ambulatorio, in un ufficio postale, ti sei sempre sentito chiamare signore (buongiorno signore, desidera signore, in che cosa posso servirla, signore?), poi ti suona strano, innaturale, sentirti chiamare caro e sentirti dare del tu, specialmente se hai una certa età, la barba bianca, e a darti del tu e a chiamarti caro è una persona giovane. Ma non volevo lamentarmi (si fa sempre per dire) ancora di questo fenomeno. Volevo raccontare della maniera garbata, gentile, usata da un giovin signore, guardia giurata, per invitare i clienti ad entrare in un grande supermercato sulla via Tiburtina, a Roma, dopo la misurazione della temperatura corporea. Mi viene incontro, la guardia giurata, avvicina l’apparecchio alla mia fronte e, constatato che non ho febbre, mi dice: “Vai”. Ora, è anche vero che la mascherina nasconde quasi per intero la mia barba bianca, ma che io sia un uomo di una certa età, anzi, un signore di una certa età, è ugualmente evidente. Due volte ci sono stato nel supermercato, e per due volte il giovin signore, guardia giurata, mi ha intimato il suo “vai”. Devo dire, però, per amore della verità, che non dappertutto è così. In un altro supermercato sempre di Roma, dopo la misurazione della temperatura, l’addetto mi ha invitato ad entrare con un “prego”. E mi è bastato. Anche troppo. Non potevo pretendere aggiungesse “signore”. Non esageriamo.
Renato Pierri

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