Il comune di Isola del Liri è situato nella media valle del Liri, nelle vicinanze della città di Sora.
Deve il suo nome al fatto che è situato sopra un’isola formata dal fiume Liri.
Il nome del primo insediamento medievale era insula fihiorum Petri, cioè isola dei Signori del luogo, i figli di Pietro; in seguito il toponimo divenne isola di Sora.
Solo il 22 maggio 1869 la cittadina assunse l’attuale denominazione.
Nel territorio comunale sono stati rinvenuti resti preistorici, una necropoli volsca e un abitato volsco romano sul colle San Sebastiano che probabilmente era un posto di transito sulla direttrice Sora Casamari.
Ai margini del territorio isolano si trova l’Abbazia di San Domenico, dove sorgeva un grande sepolcreto di origine romana.
Nell’antichità il territorio isolano apparteneva al municipio di Arpino, e forse entro i suoi attuali confini stavano le proprietà di Cicerone.
La più antica menzione di un insediamento risale al 1043.
Nel gennaio del 1915 un terremoto arrecò gravi danni all’intero paese e causò la distruzione di molte abitazioni, e danni alle fabbriche causando la morte di oltre cinquanta persone.
Altri danni vennero dalla seconda guerra mondiale a causa dei bombardamenti alleati.
Dal dopoguerra il movimento operaio costituì uno dei motivi principali della vita di Isola del Liri che per questa presenza si distinse dagli altri comuni del Lazio meridionale.
I pregi artistici della città annoverano la chiesa di San Lorenzo ed un castello.
La chiesa di San Lorenzo ha origini risalenti all’XI secolo, ma l’attuale edificio è settecentesco e custodisce decorazioni interne barocche.
Tra gli edifici interessanti Palazzo Mazzetti Galante nel cui muro di recinzione è inserita un’epigrafe romana e sistemato un cippo funerario a “pigna”.
Il castello, oggi monumento nazionale, è uno dei complessi architettonici tra i più imponenti e meglio conservati di tutta la provincia di Frosinone.
Le prime notizie del castello risalgono al 1004 quando i monaci di Montecassino trasformarono alcune rozze costruzioni, ivi presenti, in luogo di preghiera e di pace dopo averle ricevute in dono da tale Raniero.
Nel periodo successivo i luoghi dovettero servire da rifugio per le popolazioni rurali con il loro bestiame in occasione delle scorribande di turchi e saraceni che risalivano il fiume in cerca di prede.
Nel 1850 il castello fu venduto a Giuseppe Polsinelli che ne sviluppò l’uso industriale trasformando gli splendidi saloni in sale per la tessitura, la filatura e la tintura della lana.
Nel 1924 il sito, ormai in abbandono, fu acquistato dall’Ing. Angelo Viscogliosi che tornando dal Politecnico di Zurigo aveva pensato di sfruttare il salto della cascata verticale per ricavare energia elettrica utile alla cartiera di famiglia.
A lui si deve la rinascita del castello e della cappella di S. Maria delle Firazie, la reinvenzione dei giardini e il salvataggio della cascata verticale, il cui letto si stava sgretolando.
La città è l’unica ad avere due cascate in pieno centro storico.
Si tratta di un vero e proprio spettacolo della natura. Le cascate sono state definite come una delle 10 meraviglie naturali italiane.