Paradossi del mondo del lavoro

Il lavoro è considerato valore fondativo della nostra Repubblica (art. 1 Costituzione).
L’articolo 36 della Costituzione sancisce il principio di sufficienza della retribuzione che deve assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Da un punto di vista giuridico il lavoro si iscrive all’interno di un rapporto giuridico tra due soggetti, il lavoratore che presta la propria attività lavorativa e il soggetto (datore di lavoro) che si avvantaggia di tale prestazione per la soddisfazione dei propri interessi.
Altri parlano di contratto a prestazioni corrispettive o di scambio tra lavoro e retribuzione secondo un vincolo di reciprocità (do ut facias, per usare un brocardo latino che ben esemplifica il concetto).
Ma quanto previsto dall’ articolo 36 della Costituzione viene disatteso dalla realtà.
Parliamo di un segmento di popolazione che pur lavorando percepisce un reddito inferiore alla soglia di povertà, i cosiddetti working poor.
Il fenomeno dei working poor è esploso prima negli Stati Uniti per interessare di recente molti Paesi europei tra cui il nostro.
Per questo tipo di lavoratori 1000 euro al mese sono un miraggio.
Si è rotto quindi il binomio lavoro-sicurezza. Perché pur avendo un’occupazione questa non garantisce al lavoratore una adeguata retribuzione e quindi una vita dignitosa.
Come se ne esce?
Semplice, alzando i salari in generale ed in particolare quelli dei woorking poor perché se questi sono bassi anche i consumi ne risentono.
Solo così si genera crescita economica. Non bisogna essere economisti per saperlo.
L’insorgere del fenomeno è imputabile a diverse cause, alcune legate all’evoluzione del mercato del lavoro, altre a cambiamenti istituzionali.
Tra le prime rientrano i cambiamenti tecnologici della struttura produttiva che hanno favorito la domanda di lavoratori qualificati rispetto a quelli non qualificati, la delocalizzazione del lavoro nei Paesi in via di sviluppo che può avere comportato una riduzione dei salari dei lavoratori meno qualificati, i fenomeni migratori che possono aver ridotto il salario dei lavoratori italiani poco qualificati.
Tra i cambiamenti istituzionali rientrano le riforme di liberalizzazione del mercato del lavoro che hanno prodotto il peggioramento della qualità delle posizioni lavorative ma anche l’indebolimento del potere contrattuale dei sindacati e il minor ricorso alla contrattazione centralizzata, un’altra riforma nell’agenda dell’attuale governo, che speriamo non si attui, che possono certamente aver avuto ripercussioni negative sui salari.
Un tema ancora poco approfondito quello dei working poor.
In Italia sono 3 milioni 750 mila tra lavoratori dipendenti e autonomi circa il 16% degli occupati.
L’impatto sociale del fenomeno è rilevante perché un basso reddito, specie tra i giovani lavoratori, non porta all’autonomia finanziaria rispetto alla famiglia di origine e, per le lavoratrici, non conduce alla maternità.
A farsi carico di questi lavoratori vi è oggi la famiglia che agisce da ammortizzatore sociale ma ancora per quanto?
Non se ne dovrebbe fare carico l’attuale governo ed in particolare il Ministro del lavoro di sinistra?
Agli italiani la risoluzione di questo tema interessa certamente molto di più dell’italicum e dell’abolizione del Senato.
Considerata la nutrita agenda del governo perché non inserire anche questo tema pernicioso per la società e l’economia?
A buon intenditor poche parole.

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