CEFALONIA: "NON CI FU ALCUN REFERENDUM MA UN ORDINE DI RESISTERE."

di Massimo Filippini

Nella Sentenza Istruttoria emessa l'8 luglio 1957 dal Giudice Istruttore Militare Designato del Trib. Mil. di Roma -gen. Carlo Dal Prato- nel procedimento penale per i fatti di “Cefalonia”, a pag. 27 e segg. si legge:
” La lunga durata delle trattative in corso tra il comando di detta divisione (la “Acqui”) e quello tedesco, iniziatesi subito dopo l'armistizio, anche senza alcuna pubblicazione di ordini relativi all'eventuale cessione delle armi ai tedeschi, aveva avvalorata la voce, diffusasi tra la truppa, che il generale GANDIN si stesse orientando in tal senso.
Ciò determinò un vivo fermento, che veniva a cessare soltanto alle ore 14 del 15 settembre 1943, quando il comando della divisione, A POCHE ORE DALL'AVVENUTA CONFERMA DELL'ORDINE DI RESISTENZA, PERVENUTO DAL COMANDO SUPREMO ITALIANO, DECIDEVA, SENZA ESSERE PER NULLA INFLUENZATO DAI SUOI DIPENDENTI, DI COMBATTERE CONTRO I TEDESCHI, dando subito alla divisione un assetto di guerra, mediante lo spostamento dei battaglioni verso posizioni prestabilite, iniziando poco dopo le ostilità (vedi deposizione teste BRONZINI Ermanno – pag. 44 volume XVI – dell'attuale istruzione formale)”.

Quanto sopra, se la logica ha un senso, sta a significare che lo stesso Giudice Istruttore il quale INCREDIBILMENTE prosciolse -addirittura in Istruttoria ! – i militari italiani (Apollonio, Pampaloni ecc.) accusati dei reati di Cospirazione, Rivolta e Insubordinazione contro il generale Gandin, non ritenne assolutamente determinante quello che, negli anni a venire, sotto l'impropria denominazione di “referendum” divenne l'elemento caratterizzante i fatti di Cefalonia, usato -in modo truffaldino- per conferire ad essi la natura di “evento spontaneo” che assolutamente non ebbero.
Al contrario, parlando di “conferma dell'ordine di resistenza, pervenuto dal Comando Supremo Italiano” egli si riferì, correttamente, all'ordine di “resistere con le armi at intimazione tedesca di disarmo at Cefalonia, Corfù et altre isole” ricevuto dal gen. Gandin all'alba del 14 settembre e ciò sta a ribadire, se ce ne fosse ancora bisogno, che la favola del “referendum” fu solo un'invenzione dovuta alla fertile fantasia degli “storici” appartenenti -ci si perdoni la ripetizione- alla sinistra egemone, abituati a manipolare la storia per fini ideologici più che per il raggiungimento della verità dei fatti.

In proposito, a pagina 30 e segg., si legge:
“Per accertarsi quale fosse in realtà il morale della truppa, (…), il generale GANDIN ritenne opportuno convocare l'11 Settembre 1943 i vari cappellani militari della sua divisione, affinchè, oltre gli accertamenti diretti dei comandanti di reparto, (…), ne indagassero, attraverso una più completa rivelazione, e quasi come in una confessione, le più nascoste ed intime tendenze (…).
“Successivamente veniva resa possibile a tutti di esprimere liberamente la propria opinione attraverso un accertamente disposto dallo stesso Generale Comandante, data la gravità dell'ora e per l'importanza della decisione da prendere”.

Cosa c'entri tutto questo con il c.d. “referendum” inteso come “motore unico”, da cui sarebbe scaturita la lotta contro i tedeschi, dovrebbero spiegarlo i mentitori che, sotto il nome di “storici”, hanno sparso menzogne -purtroppo recepite anche in “alto loco”- da circa settant'anni a questa parte.
Oppure il Giudice Istruttore Delegato che ebbe il 'merito' -secondo i Pinocchi di Cefalonia- di prosciogliere (ADDIRITTURA IN ISTRUTTORIA -impedendo che si tenesse un regolare dibattimento !), i loro beniamini, “il compagno capitano” Pampaloni e “l'intrepido” (!!) capitano Apollonio che dopo aver fatto fuoco e fiamme contro i tedeschi, dopo la resa 'collaborò' con essi, deve essere messo anch'egli all'indice come reo di “lesa Resistenza” ?

Massimo Filippini

P.S. Segnalo, sull'argomento, l'importante testimonianza contenuta nel libro di memorie del Superstite Guglielmo Endrizzi (” En braghe de tela taliàne…” Curcu&Genovese ed. Trento 2000), che smentisce in pieno che ci sia stato un “referendum” nei modi e nei termini ripetuti, fino alla nausea, da oltre settanta anni.
(“Io per quello che so, posso dire che non c'è mai stato un referendum, ma che a molti soldati hanno chiesto cosa pensavano e che tutti quelli con i quali ho parlato erano assolutamente contrari a combattere”, pag.59).
Detto libro va ad aggiungersi a quelli di Vincenzo Palmieri, dello scrivente e di Gianfranco Ianni gli UNICI leggibili sulla vicenda di cui consiglio la lettura a quanti desiderano sapere la verità e non le frottole sulla tragedia di Cefalonia.
I Documenti citati provengono dal Tribunale Militare di Roma e sono TUTTI in mio possesso.
(Sul processo 'taroccato' del 1956/57 si veda anche
MF

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