Matrimonio omosessuale. Sicuro che abbiamo bisogno di una nuova parola?

Trascrivo da un articolo del prete e scrittore Mauro Leonardi, apparso su l’Huffington Post del 17 novembre: «C'era un tempo in cui in cui cattolici e protestanti appena possibile si bruciavano allegramente. Ora in occidente esiste l'ovvio rispetto per le convinzioni religiose altrui. In mezzo c'è l'aver imparato a chiamare le cose col loro nome. Al tempo dei roghi, cattolici e protestanti usavano la medesima parola, “messa”, per indicare due contenuti diversi. Ora, quella che noi cattolici chiamiamo “messa” per evangelici, luterani, valdesi, ha il nome di culto o riunione di culto o culto domenicale. Per i testimoni di Geova si chiama “adunanza”. Chiamare le cose col loro nome permette di fare leggi, dare spazi diversi, tempi appropriati… Lunedì 17 novembre, il Papa apre in vaticano una tre giorni inter-religiosa sulla complementarietà uomo-donna “al fine di proporre di nuovo la bellezza della naturale unione dell'uomo e della donna nel matrimonio”. Se non vogliamo liberare i peggiori istinti omofobi… cerchiamo nomi diversi per cose diverse, magari a cominciare dal matrimonio». Ora è vero che è giusto chiamare le cose con il loro nome, ma accade spesso che un vocabolo acquisti il suo vero significato in un contesto. Il filosofo Ludwig Wittgenstein sostenne che il contesto è indispensabile per capire il significato di una parola. Il termine “matrimonio” può avere diversi significati. Può indicare l’istituto giuridico oppure il sacramento, il rito in chiesa oppure in Comune. Se dico che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, non ho detto nulla, giacché devo aggiungere molto altro per fornire una definizione esauriente, precisa. Se dico che Paolo e Francesca hanno celebrato il matrimonio, tutti capiscono che si sono sposati, anche se resta da capire se col rito civile o religioso. Se dico che Paolo e Francesco (con la “o” finale) hanno celebrato il matrimonio, tutti capiscono che Paolo e Francesco si sono sposati celebrando il rito civile, non in Italia ovviamente, giacché non è ancora possibile. Come si vede non c’è nessuna possibilità di “bruciarsi allegramente”, pur chiamando con lo stesso termine il matrimonio tra uomo e donna oppure tra persone dello stesso sesso. E’ il contesto che dà il giusto significato al termine.

Renato Pierri

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