Mario Cervi risponde all’articolo “Che cosa sarebbe la Chiesa senza gli uomini?”

Mario Cervi, su Il Giornale di oggi 6 giugno pubblica parte del mio articolo “Che cosa sarebbe la Chiesa senza gli uomini?”. Il giornalista e saggista risponde dandomi ragione nella sostanza, ma riferisce alcune inesattezze. Trascrivo il mio articolo, la risposta di Mario Cervi e la mia breve replica. Sempre pronto a muovere critiche alla Chiesa quando sbaglia, sono sempre anche pronto a rilevare gli errori di chi le muove critiche.

Che cosa sarebbe la Chiesa senza gli uomini?

Come mai alle donne non viene mai in mente di chiedersi che cosa sarebbe la Chiesa senza gli uomini? Perché non si compiacciono mai della presenza maschile nella Chiesa? Perché non ringraziano mai gli uomini per il fatto stesso di essere uomini? Perché non sentono il bisogno di dire che gli uomini hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore? E come mai, invece, Giovanni Paolo II ebbe a scrivere: “Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna!” (Lettera alle donne – 1995)? Come mai Benedetto XVI sentì il bisogno di affermare: “Le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore” (aprile 2012). Come mai, anche il bravissimo papa Francesco sente tanto spesso il desiderio di elogiare il ruolo della donna nella Chiesa, sino ad esclamare qualche giorno fa a Gerusalemme: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza le donne?”. Forse è opportuno prima chiedersi: perché gli uomini della Chiesa parlano delle donne nella Chiesa in quanto donne? Perché non si limitano a parlare di questa o quella donna, di questa o quella persona? E la risposta è facile: la causa del fenomeno è il maschilismo. E questo è anche la causa della esclusione delle donne dal sacerdozio. Alle prime domande si può quindi rispondere: le donne non hanno sensi di colpa nei confronti degli uomini; questi hanno sensi di colpa nei confronti delle donne.

Risposta di Mario Cervi

La Chiesa parla delle donne perché ha di che farsi perdonare

Caro Pierri, non azzardo valutazioni approfondite su temi religiosi che mi superano. Ma credo di poter dire che gli ultimi Papi hanno molto insistito sul ruolo della donna nella chiesa perché il cattolicesimo è tradizionalmente maschilista. Attingo a lontani e imprecisi ricordi nell’affermare che ci volle un concilio perché fosse solennemente riconosciuto che le donne hanno un’anima. E’ immune, il cristianesimo, dalla misoginia ossessiva e all’occorrenza feroce dell’Islam. Ma alle donne è vietato il sacerdozio, l’immaginario dei libri sacri vede di solito nella femmina – con l’eccezione della Madonna – uno strumento di perfidia, di lascivia, di perdizione. Questo atteggiamento è ormai entrato in rotta di collisione con la società attuale, e gli ultimi Papi ne sono stati ben consapevoli, gli uomini, forti del primato loro assegnato, in materia religiosa, fin dall’antichità non hanno bisogno di avalli e appelli contemporanei. Le donne nell’universo dei credenti ne hanno tuttora bisogno.

La mia breve replica

Gentile Cervi, i suoi ricordi sono imprecisi, anzi, del tutto errati giacché il concilio cui lei fa riferimento non è mai esistito. In nessun concilio è mai stato dibattuto il problema se la donna avesse o non avesse l’anima, e di conseguenza in nessun concilio si è “solennemente riconosciuto che le donne hanno un’anima”. Lei poi afferma: “L’immaginario dei libri sacri vede di solito nella femmina uno strumento di perfidia, di lascivia, di perdizione”. E qui c’è dell’esagerazione, specialmente se si considera il Vangelo. Ma anche nell’Antico Testamento, sebbene la donna abbia un posto inferiore rispetto all’uomo, sebbene non abbia la dignità dell’uomo, sebbene da un punto di vista legale sia considerata minorenne e quindi irresponsabile, il ritratto che ne vien fuori è ben lontano da quello da lei dipinto.

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