In Economia, almeno per quanto riguarda il Bel Paese, è più semplice presentare all’opinione pubblica i conti consuntivi. Quelli preventivi, che sarebbero più interessanti da esaminare e controllare, sono sempre troppo sul vago e sul generico. Come sono rimasti, almeno per ora, i provvedimenti economici restrittivi che l’Esecutivo Monti ha assestato al Popolo italiano. Alla metà di questo 2014, la china dell’economia resta preoccupante. Anche in Area Euro, l’inflazione si è fatta sentire ed i prezzi si sono, conseguentemente, adeguati. Oltre due punti rispetto alla fine del 2010. Quando tutto sembrava andare ancora “bene” nelle tasche degli italiani. Di fatto, però, non ci possiamo attendere prodigi dal nuovo Esecutivo. A questo livello, le nostre riflessioni si fanno più complesse. Tutti i possibili provvedimenti sono stati varati. Tirare avanti è sempre difficile. Economia e politica non sono in grado di convivere. Quasi come la realtà di mondi coesistenti ma paralleli. Eppure, stabilità politica significherebbe, in ultima analisi, una migliore prospettiva di sviluppo economico. Nonostante tante assicurazioni, da noi la stabilità politica, maggiormente se di governo, è solo nominale. Ma sino a quando? Più che il dialogo, si è fatta strada la polemica. Il 2014 non sarà un anno politicamente tranquillo. Con conseguenti ripercussioni sul fronte dell’economia che è molto sensibile ai cambiamenti d’umore dei condottieri nazionali. Mancano, a nostro avviso, tutte quelle premesse per garantire uno sviluppo occupazionale che tenga conto di un contesto europeo sempre troppo sottostimato. Il populismo ha preso il posto alla filosofia del fare. Con conseguente stagnazione del mondo produttivo e minore incremento negli investimenti. Come a scrivere che, se mancano gli utili, i capitali prendono altra via o restano, blindati, negli istituti bancari che si sono dimostrati protetti dal dissesto economico che continua a tormentarci. Tentare di sanare solo il debito pubblico non è buona scienza. La produttività è figlia del consumismo che, da noi, si è bloccato per l’incertezza del domani. Investire di meno, significa soffrire di più. Ce ne siamo accorti tutti, ma nessuno ha trovato una soluzione. Ora, si crede che il nuovo Governo, magari più “dinamico”di quello che ha straziato la precedente Legislatura, possa farci ritrovare la fiducia smarrita. Non sarà così semplice, né tanto probabile. La bilancia politica non resterà in equilibrio. Tenderà a porsi a “sinistra” o a “destra”. Sospenderà le “oscillazioni” solo con il peso di una formazione di centro che, almeno per ora, non intravediamo. Ravviseremo, nel succedersi dei mesi, se la squadra di Renzi sarà in grado di dare un nuovo impulso all’economia.
Che la ripresa sia dietro l’angolo ne dubitiamo a ragion veduta. Solo nel 2016, sempre che si provveda al varo di una nuova legge elettorale, si potranno ritrovare i primi segnali d’equilibrio per l’Azienda Italia. Sempre che non si prendano decisioni incoerenti e di sudditanza nei confronti di un’UE non disponibile a sostenere i Paesi membri che non offrono garanzie d’effettiva riconversione economica. Che le nostre preoccupazioni siano più che fondate lo dimostra l’andamento atipico della nostra campagna elettorale per le imminenti consultazioni per realizzare al parlamento Europeo. Ci presentiamo con pochi elementi di spicco e con programmi non dissimili da quelli che faremo nostri anche per i confronti politici interni. Un conto è affermare d’essere europei, un altro è d’essere nelle condizioni di dimostrarlo. Di frasi a effetto il Vecchio Continente non ha bisogno e noi non sembriamo in grado d’offrire di meglio. Fortunatamente, ci sono valori che potranno avere valenza interna ed internazionale. Quello che ci preme è focalizzarne la presenza.
Giorgio Brignola