ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA: ESTRATTO DAL VERBALE DELL’ADUNANZA DEL 10 MAGGIO 2014

(omissis)

Il Presidente Vaglio comunica che, a seguito del noto esposto presentato nei suoi confronti al Consiglio Nazionale Forense dai quattro ex Consiglieri Rodolfo Murra, Livia Rossi, Francesco Gianzi e Cristiana Arditi di Castelvetere, si sono susseguiti i seguenti fatti.

Il C.N.F., immediatamente e senza alcuna preventiva interlocuzione con l’Ordine di Roma, trasmetteva l’esposto al Consiglio dell'Ordine di Perugia, al Ministero della Giustizia ed alla Procura della Repubblica, senza darne neanche avviso al diretto interessato.

Del resto, sono conosciuti da tutti i forti attriti esistenti, soprattutto negli anni passati, tra il Presidente Vaglio e, in particolare, la vecchia dirigenza del C.N.F. (attualmente ancora in maggioranza) per averla aspramente criticata in varie occasioni, come ad esempio quando il Presidente Alpa si incontrò di notte, unitamente ad alcuni Presidenti degli Ordini, con l'allora Ministro della Giustizia Alfano per “barattare” l’obbligatorietà della mediaconciliazione con l’assistenza obbligatoria dell’Avvocato.

Inoltre, per rilevare la grave inimicizia del C.N.F. nei confronti del Presidente Vaglio basti ricordare:

1) l’impulso dato, insieme ad altri Presidenti, alla costituzione del Coordinamento degli Ordini e delle Unioni Distrettuali, che ha messo ancora più in evidenza le carenze del C.N.F, ottenendo un grandissimo successo in termini di rappresentatività territoriale, come testimoniato dalle massicce adesioni alle manifestazioni del 23 ottobre 2012 e del 20 febbraio 2014 che hanno portato in piazza decine di migliaia di Avvocati;

2) l’impugnazione del Regolamento C.N.F. sulle specializzazioni, poi dichiarato nullo dal Tar;

3) le battaglie nei confronti della proposta C.N.F. di riforma dell'Ordinamento professionale (con l’epilogo nel fortissimo attacco pubblico al C.N.F. in occasione del Congresso di Bari del 2012);
4) la denuncia in tutte le sedi della mancanza di rappresentatività democratica effettiva del C.N.F. poiché non eletto direttamente dalla base con criterio proporzionale al numero degli iscritti;

5) l’intervento, a fronte dell’inerzia del C.N.F, nel ricorso contro la mediazione obbligatoria introdotta proprio dal Ministro Alfano, ottenendo addirittura la sua dichiarazione di incostituzionalità pronunciata dalla Corte delle Leggi.

Non c’è quindi da meravigliarsi se i componenti di “questa” maggioranza del C.N.F. abbiano colto al volo l’occasione dell’esposto dei predetti ex Consiglieri, bocciati dall’elettorato romano, per avviare un vero e proprio attacco su tutti i fronti all’Istituzione rappresentata da colui che li ha sempre avversati.

La vera natura della questione, tuttavia, non sfuggiva alla Magistratura. Infatti dopo aver esperito le relative indagini a seguito della ricezione dell’esposto, il Sostituto Procuratore della Repubblica in data 26 luglio 2013 richiedeva l’archiviazione, già sottoscritta dall'Aggiunto, ritenendo che:

1) la vicenda si inquadra in un contesto di forte contrasto venutosi a creare all'indomani delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine, circostanza che non può essere ignorata;
2) deve concordarsi sulla insussistenza di un vantaggio o un danno ingiusto;
3) devono ritenersi assorbenti la liceità del conferimento “diretto”, l'utilità dell'incarico, la congruenza dei requisiti soggettivi dell'incarico rispetto ai fini da raggiungere, la presenza della figura del “comunicatore” sia a Roma che in altri importanti Ordini.

A questo punto, con una tempistica davvero emblematica, quando ormai gli accusatori vedevano sfumare il proprio attacco e subito prima che la richiesta di archiviazione del 26 luglio 2013, già decisa, fosse trasmessa al G.I.P., il Consiglio Nazionale Forense, dopo solo 11 giorni, faceva pervenire al Sostituto, in extremis il 6 agosto 2013, una relazione sui fatti attribuiti al Presidente Vaglio, fondata su norme inapplicabili a qualsiasi Ordine professionale.

Il P.M., di fronte alla chiara indicazione di un organo istituzionale come il C.N.F. di individuare un illecito pur dove lui non l’aveva rilevato, in data 18 dicembre 2013 revocava, in assenza di alcun supplemento di indagine, la richiesta di archiviazione del 26 luglio 2013 e dopo meno di un mese in data 15 gennaio 2014 procedeva alla chiusura delle indagini ed al relativo avviso ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p., ipotizzando come capo di imputazione provvisorio il reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) sulla scorta proprio di quelle norme inapplicabili suggerite nella relazione del Consiglio Nazionale Forense.

Gli errati presupposti di diritto su cui si fonda l’ipotesi di reato di cui al predetto avviso sono i seguenti:

a) violazione dell'obbligo di astensione;

b) violazione della legge 150/ 2000 (uffici stampa degli enti pubblici);

c) violazione delle procedure di cui all'art. 125 codice degli appalti;

d) ingiusto profitto arrecato intenzionalmente al responsabile della comunicazione.

E’ stato già reso l'interrogatorio davanti al P.M. ed i difensori hanno prodotto copiosa documentazione ed una serie di memorie, che dimostrano punto per punto l’assoluta inconsistenza dell’impianto accusatorio:

a) veste di pubblico ufficiale e obbligo di astensione: il Consiglio dell'Ordine, essendo un ente pubblico non economico a carattere associativo e senza finanziamenti pubblici, in tutte le attività diverse da quelle espressamente previste dalla legge (disciplina, pareri, iscrizioni) agisce jure privatorum e non nella veste di pubblico ufficiale, così come stabilito dall'unica e mai modificata giurisprudenza in materia penale della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 34327/05), nonché confermato più volte dalla Corte dei Conti (per tutte, Sezione Giurisdizionale del Veneto n. 199 del 2013). La conseguenza è che ad un Consigliere dell'Ordine non può essere contestato un reato attinente alla qualifica di pubblico ufficiale, se non per quelle attività specifiche sopra richiamate, e non sussiste alcun obbligo di astensione in sede deliberativa, tanto più in ipotesi di votazione all'unanimità;

b) violazione della L. 150/2000 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni): si tratta di una normativa speciale applicabile esclusivamente alle Amministrazioni dello Stato e da questo finanziate. Inoltre, è stato dimostrato, attraverso indagini difensive, come tra il personale dell'Ordine in servizio mancasse qualsiasi professionalità adatta allo scopo. Ma vi è di più: né il C.N.F. né gli Ordini sono compresi tra gli enti pubblici non economici che possono usufruire dei corsi della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, di cui alla normativa richiamata proprio dal Consiglio Nazionale Forense. Non è vero, quindi, che ci fosse l’obbligo di formare il personale interno all’Ordine per affidare l’incarico del cd. “comunicatore”. Perciò anche sotto questo punto di vista la relazione del C.N.F. ed il conseguente capo di imputazione provvisorio sono completamente errati;

c) violazione dell'art. 125 codice degli appalti: a prescindere dalla circostanza che la Corte di Giustizia Europea ha espressamente escluso l'applicabilità della normativa sugli appalti pubblici agli Ordini professionali poiché privi dei requisiti del “finanziamento maggioritario dell'autorità pubblica” e del “controllo della gestione da parte dell'autorità pubblica” (così Corte di Giustizia Europea 12 settembre 2013), l'art. 125 del codice degli appalti prevede espressamente che per i servizi al di sotto di 40.000 euro si può procedere con affidamento diretto e ciò è confermato anche dall'Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici sul proprio sito istituzionale;

d) ingiusto vantaggio patrimoniale arrecato intenzionalmente al responsabile della comunicazione: l'ingiustizia del profitto può sussistere solo quando l'attività per la quale si è affidato l'incarico non è stata svolta o è stata svolta solo parzialmente. E’ stata depositata durante le indagini in una pen drive l'impressionante mole di lavoro svolta dall'incaricato della comunicazione (elementi grafici prodotti, locandine, comunicati stampa, interviste, campagna email, ecc …), tuttavia per avere un'idea del valore anche solo di una parte dell'attività professionale svolta in favore dell'Ordine è stato sufficiente richiedere alcuni preventivi a ditte specializzate per poter determinare il valore dei 14 tra filmati e servizi fotografici ideati e realizzati dal responsabile della comunicazione in euro 42.000,00 a fronte di un compenso annuo omnicomprensivo di euro 24.000. Peraltro, oltre ad avere permesso di risparmiare così tanti denari, la scelta del Responsabile della Comunicazione ha praticamente raddoppiato la visibilità dell’Ordine, che, tanto per fare un esempio verificabile da tutti, in meno di un anno sul motore di ricerca Google è passata da 562 a 1.080 elementi.

Il Presidente, tenuto conto del trattamento che il C.N.F. ha riservato a lui ed all’Ordine di Roma, comunica che proporrà al Consiglio in una prossima adunanza di predisporre un’istanza di accesso agli atti relativamente, in particolare, alle modalità di assunzione da parte del C.N.F. del proprio “Responsabile Comunicazione e Media”, nonché dei precedenti addetti alla comunicazione, per verificare se siano state rispettate tutte quelle procedure indicate nella relazione trasmessa alla Procura della Repubblica e al Ministero della Giustizia, oltre all’elenco dettagliato di tutte le spese sostenute allo stesso C.N.F. a decorrere dal 1° gennaio 2013, che non sono state pubblicate sull’apposita pagina del proprio sito web, obbligo stabilito dall’art. 18 del D.L. 83/2012 (convertito in Legga 134/2012).

Informa il Consiglio, inoltre, che renderà pubblico tra gli iscritti il contenuto dell’intera vicenda, anche al fine di tutelare la propria onorabilità.

Il Consiglio alla luce di quanto sopra rimarca la gravità dell’accaduto e la necessità di intraprendere ogni iniziativa a tutela del prestigio dell’Istituzione Forense romana e, dunque, del suo Presidente. Dispone la trasmissione della presente delibera al Ministero della Giustizia, al C.N.F., all’O.U.A., alla Cassa Forense, agli Ordini e a tutti gli iscritti, dichiarandola immediatamente esecutiva.

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