Su La Repubblica del 27 marzo, Corrado Augias pubblica una lettera non firmata che sembra inventata. Trascrivo alcune righe: “Due anni fa ho subito l’asportazione dell’utero. In quel periodo frequentavo un corso di preparazione alla cresima… senza che dicessi nulla, il parroco mi dice: «Adesso non potrai più crearti una famiglia, né sposarti»… La rabbia, il desiderio di gridare il mio disgusto per la Chiesa è diventato un’urgenza! Augias, anziché far rilevare che la posizione della Chiesa non c’entra con quella di un prete cinico, e ignorante del Diritto Canonico (ma è possibile?), risponde: “Credo di capire che quel prete ragionava in base al precetto che l’atto sessuale è consentito solo se destinato alla procreazione”. Ora, la Chiesa di sbagli ne ha fatti molti nel passato e tuttora ne fa, però attribuirgliene di falsi, non è giusto. Il Codice di Diritto Canonico recita: “La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio” (Cap. III n. 1084). Inoltre, la Chiesa non proibisce a donne non più in età fertile di contrarre matrimonio e quindi di unirsi alla sposo, e non proibisce certamente l’atto sessuale a coppie sposate avanzate in età. La Chiesa proibisce agli sposi (e qui sbaglia) “ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento… si proponga… di impedire la procreazione” (Catechismo n. 2370).
Renato Pierri