A DIFESA DELLA BOLDRINI E NON DELLA SUA LINEA

Non c’è bisogno alcuno di rimarcare la bassezza a cui sono potuti giungere i molestatori via web della Presidenza della Camera. Certi toni, peraltro quando coinvolgono aspetti non proprio edificanti del comportamento umano (dallo stupro allo sputo, con tutto un vastissimo campionario nel mezzo), meritano di essere impacchettati e restituiti al mittente. Ciononostante, se si vuole ricercare una nota di merito tutto politico nella polemica grillina, un fatto c’è: il progressivo percorso di auto-delegittimazione che ha imboccato la Presidentessa Boldrini. È stata eletta in uno di quei “piccoli partiti” che ogni legge elettorale si propone di spazzare via, salvo poi a dire che lo stesso ruolo viene occupato dalle “piccole correnti” dei grandi partiti. Quel partito, Sinistra Ecologia e Libertà, da fautore del compromesso Cinque Stelle- Partito Democratico, è divenuto oppositore sul piano nazionale della strategia parlamentare dei “fratelli maggiori”, ma ha lasciato aperte tutte le alleanze locali sussistenti. Non serve essere dei politologi per capire che l’elezione di Boldrini e Grasso sta dentro lo schema di un (allora auspicato) accordo sull’asse Grillo-Bersani. Una Presidentessa affermatasi nel settore delle politiche migratorie, con una certa autorevolezza e però qualche risultato discutibile, un Presidente volto dell’anticorruzione e delle istanze legalitarie che stanno costantemente animando la Sinistra italiana da un ventennio ad oggi (o, prima, ci dicono gli storici).
Insomma, la Presidenza ci mette del suo, anche ad impostare la discussione alla Camera in modo da favorire l’approvazione dei provvedimenti a “pacchetto”. Sarebbe stato più opportuno se gli oppositori di questa linea (i pentastellati, certo, ma anche i delusi di SEL, PD e persino della coalizione di centrodestra) avessero scelto la strumentazione politica tipica del gioco democratico, dicendo a chiare lettere che quello scranno o si sforza di essere rappresentativo o se è programmaticamente autoreferenziale rischia di esaurire in sé la propria funzione. A questo titolo, è giustificata un po’ di nostalgia per il Fini che annunciava la spaccatura dal PDL e il Bertinotti che nella precedente legislatura definiva poeta morente il governo dell’Unione e del centrosinistra, con la franca ostinazione dei loro errori politici ma anche una maggiore e più trasparente volontà di esporsi.
Domenico Bilotti

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