CUPERLO. NE’ PASSATO NE’ APPARATO.

La discussione all’interno del Partito Democratico sembra sorreggersi su un’insanabile contraddizione. Gli sforzi del già vice-segretario e, a suo tempo, candidato alle primarie, Enrico Letta, per tenere in piedi un governo con alleati rissosi e insoddisfatti (a volte con ragione, alle altre assecondando una posa), da un lato. Dall’altro, la proclamata forza mediatica di Matteo Renzi, che per mantenere alta la tensione e la carica sul suo nome deve potere agire da battitore libero, anche e clamorosamente contro il governo. Un dibattito interno alla Sinistra DC-PPI-Margherita-PD che taglia finalmente fuori il PCI-PDS-DS-PD? Può essere, ma è anche vero che, a forza di strappi, congressi e discorsi, le posizioni sono più articolate e più trasversali, dando al Partito Democratico ancora e pur sempre la fisionomia di un contenitore di tante anime, non meno che l’idea complessiva di un partito plurale, con un’anima dichiaratamente social-democratica, una cristiano-sociale, una non ostile al liberismo economico, un’altra di stampo o, comunque sia, di sensibilità ecologista. In questo contesto, la candidatura di Gianni Cuperlo rischia di passare sotto silenzio, non attirando né le folle né le troupe televisive (o gli editoriali dei bloggers) che invocano il suo rivale Matteo Renzi, nettamente favorito. Eppure rappresenta qualcosa di insospettabilmente innovativo. Cuperlo fu l’ultimo segretario della organizzazione giovanile del Partito Comunista. Da sempre, funziona così anche oggi, l’associazionismo giovanile scavalca a sinistra, spesso e volentieri, il partito di riferimento: lo pungola sui contenuti, sulle rivendicazioni, sui provvedimenti. Quella generazione di giovani comunisti decise di collaborare, e poi di associarsi, con l’omologa organizzazione social-democratica internazionale, ma non si limitò ad incassare la svolta della Bolognina: cercò di proporre la salvaguardia di certi temi, con forme e contenuti nuovi. Se in quelle posizioni v’erano ipocrisie e nodi irrisolti, di certo vi fu una grande generosità e un diffuso impegno di militanza. Questo seppe essere più costante e maturo di molti dei quadri dirigenti adulti, che mano a mano si riconosceranno nel partito, aggregandosi ad esso, fino alla costituente del 2007. Negli ultimi vent’anni, Cuperlo, sempre con un basso profilo, ha rappresentato posizioni altre, all’interno di correnti, volta per volta, maggioritarie: dimesse, erudite, eppure pragmatiche su una serie di punti di interesse (l’egemonia di un settentrionalismo piatto e becero al Nord, la sciatta perdita dell’elaborazione e dell’articolazione degli iscritti, i temi della politica europea). Sembra quasi scontato dire quanto il Renzi della Leopolda somigli al Veltroni del Lingotto. Luogo comune, però: se si leggono i discorsi e gli interventi, le differenze ci sono e, quando non appaiono, stanno dietro le reticenze programmatiche ancora manifestate dal sindaco di Firenze. Attacca, crea meno gioco. Riesce a portare dalla sua qualcuno da destra, forse, perde più di qualcuno alla sua sinistra. Riesce persino a convincere. Ma non dice del tutto che partito e che paese voglia: il modello dei sindaci è plebiscitario, ma a volte meno decidente di quanto prometta. E il lavoro sui contenuti, sulle modalità di partecipazione e di valutazione di quanto sta accadendo in Italia, non è descritto. Questo, forse, è un limite, per un partito che ambisce a superare il 30% e che non è mai andato sotto il 20, nonostante alcune, più o meno recenti, emorragie. Bene potrebbe aver detto Fabrizio Barca (che, però, è una sorta di missing in action del congresso, dopo avere presentato un documento politico di grande successo, in mesi di tour e dibattiti): Pittella può farsi forza della sua esperienza europea, Civati delle innovazioni contenutistiche che presenta, Renzi della verve che ha finito per rappresentare. Ma forse è proprio nella lunga relazione che Cuperlo sta portando in giro per l’Italia che si intravede -giusta o sbagliata- una idea di partito un po’ più chiara. E, pazienza, se qualcuno nel frattempo si è riposizionato.

Domenico Bilotti

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