Oggi si completa la procedura di avvicinamento della Croazia in Europa con il suo ingresso a pieno titolo nell’Unione.
Ma con il prossimo primo luglio si potrebbe aprire anche una disputa commerciale, nei fatti già preannunciata, tra i produttori di vino croati e italiani sulla commercializzazione e la vendita di due tipi di vini completamente diversi. Si tratta del prosecco italiano, prodotto della vite famoso in tutto il mondo e il meno noto proshek croato, dal nome evidentemente così simile da poter ingenerare confusione per i consumatori.
Vi è da dire che anche il proshek croato è un vino della tradizione, soprattutto dalmata, dal sapore dolce e morbido, che tradizionalmente si serve dopo il pasto, prodotto con il metodo dell'appassimento dell'uva prima della vinificazione. Il prosecco italiano prodotto in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia è invece un vino bianco a Denominazione di Origine Controllata, che gode già di un’ampia protezione dell’Ue attraverso le tutele approntate per tutti questi tipi di beni.
Ovviamente i viticoltori italiani hanno paventato la soluzione più drastica ossia la rinuncia al denominazione del vino croato, mentre l'Associazione di quelli croati ha annunciato che intende avviare le procedure europee per ottenere analoga protezione per il proprio vino a livello europeo, ovviamente con la sua denominazione originaria.
L’Associazione dei viticoltori croati ha rivendicato, infatti, la circostanza che il proshek si produce in Dalmazia da secoli, (recentemente ne è stata individuata una bottiglia risalente alla fine dell'800), e ha comunicato ufficialmente che d’intesa con il ministero dell'Agricoltura di Zagabria, ha già preparato la documentazione necessaria per evitare che venga avviata una procedura europea per proibire di venderlo sotto il suo nome tradizionale.
Tale procedura formale potrà ovviamente essere avviata solo a partire da oggi, ossia dopo l'ingresso della Croazia nella UE, nonostante i contatti già avviati dal ministro Tihomir Jakovina con le istituzioni competenti di Bruxelles, sulla scorta del fatto che si tratta di “si tratta di due vini diversi, dal nome simile, ma non identico”.
Per l’associazione “Sportello dei Diritti”, da sempre impegnata anche nella tutela dei prodotti tipici italiani da ogni tipo di abuso, spiega il fondatore Giovanni D'Agata, si tratta di un vero e proprio caso che potrebbe sfiorare l’”incidente diplomatico”, se l’Italia e l’Europa non s’impegneranno ad adottare tutte le misure necessarie contemperando le esigenze di salvaguardia di entrambi i prodotti con quelle di evitare di creare confusione tra i consumatori e nel mercato interno e internazionale.