Una tornata, nella tradizionale rappresentazione delle tragedie a Siracusa, si è consumata tra il 14 e il 15 Giugno: primo finesettimana di caldo rovente e pervasivo o, visto che siamo a queste latitudini, africano.
La città tutta, e forse ancor più il bellissimo quartiere vetrina di Ortigia, si sveglia col consueto fatalismo sin dall’alba, se mai è andata a dormire: soltanto una diversa, e altrettanto spettacolare, fauna urbana si avvicenda, tra gli odori del mare, della strada, delle pasticcerie (componenti irrinunciabili di quel milieu euro-mediterraneo che non dispiaceva a Jean-Claude Izzo). Giovani turisti e bagnanti dell’acqua notturna fanno strada ad edicolanti e a turiste attempate che si perdono nei meandri di una bellezza esibita quasi con noncuranza e, forse, con altrettanta noncuranza trattata dai locali e dagli stranieri -basti pensare al Tempio di Apollo, scaraventato dalla Storia, con gran classe, a un braccio di distanza da un vivace mercatino.
L’anfiteatro gremito, ad emulare una curva da stadio con una più robusta e lunga dichiarazione dei redditi, accoglie l’Edipo Re e l’Antigone, a ventiquattro ore di distanza. Abbastanza simile la situazione climatica: si arriva in gradinata con una feroce temperatura che non dà scampo, si applaudono gli attori, a fine giostra, con una tenuissima brezza che plana morbida sul più piacevole fresco serale, mentre il Sole tramonta indugiando tra gli alberi, come vuole l’antichissima tradizione ellenica.
Per la verità, non trascinanti le rappresentazioni: un Edipo molto spettacolarizzato, che si muove su una fantasmagorica Tebe da Star Trek, sospeso tra lo Sturm und Drang e la fiction; un’Antigone giovanissima disobbediente, avvolta dalla mistica, e un maiuscolo Creonte che cade sotto il peso della propria rovina (anche la duplicità di due bravi attori protagonisti fa fare un passo avanti all’Antigone, mentre nell’Edipo Re spiccano più meritoriamente i personaggi di contorno, dal Tiresia alle enigmatiche figure danzanti).
Non dispiace, in principio, che le due tragedie siano calate su un registro specificamente esistenziale, dove l’inquieto Edipo va a caccia dell’enigma di se stesso e Antigone associa al sentimento il vincolo non scritto del decoro della sepoltura. Così facendo, però, le due “installazioni”, pur tra loro diversissime, rimuovono coattivamente un lato tutto politico (della polis) che appartiene, come il respiro alla bocca, alla tragedia greca. L’Edipo, finalmente potere che, non essendosi limitato prima, si autopunisce, poi. Il Creonte metafora di un potere, al contrario, che è destinato ad autodistruggersi, se si legittima sulla sistematica mortificazione dell’altrui.
Fuori dall’anfiteatro, peraltro, si respira aria assai diversa, tutt’altro che edulcorata e conciliante: al Sud la crisi bussa alla porta del turismo, ma anche delle attività più bracciantili e consolidate; chiudono alcuni esercizi commerciali, il disagio per strada ha la faccia del mendico alticcio, della ragazza madre, dello straniero appesantito dalle cianfrusaglie che prova a smerciare a basso costo.
Nei vicoli di Ortigia, che sanno scintillare di aromi e bellezze, si consumano le storie che appartengono a tutti i vicoli del mondo: la magnificenza delle Chiese, i riti imperituri del corteggiamento (a prescindere dal sesso e dall’inclinazione sessuale), le ciambotte da bottiglia, la cronaca nera che strappa i giovani alla vita e, così non tanto raramente in Italia, la giustizia alle loro famiglie.
Forse frequentano poco la città comune i tanti vip che si erano visti sugli spalti. Non sanno cosa si perdono, in termini di umanità, sentimenti e persino proposta e creatività (un po’ dappertutto i volantini di un locale centro sociale, che omaggia il viaggiatore appena, appena erudito, di citazioni di Mirbeau e Bakunin, e di più concreti dibattiti sul MUOS, sulla disoccupazione, sul voto).
Qualche scorribanda gastronomica: il San Rocco. Consigliato l’aperitivo, variegato e intrigante, convincono pure i cucinati, dai primi alle insalate (realmente) giganti, tra gamberi, ricci, pizze e qualche concessione alle carni. Garantito da Veronica ed Eleonora.
Domenico Bilotti