N. 447 del 15 maggio 2013 – di MARCO ZACCHERA
SOMMARIO: LA SIGNORA VERONICA – BOCCASSINI – ADDIO AD ANDREOTTI – BENVENUTO A
DAVERIO
RISTAMPATO “INVERNA” – LO OFFRO AI LETTORI
Visto il buon successo ho ristampato il mio libro “INVERNA” che volentieri
offro ai lettori de il Punto anche gratuitamente e ricordando che l’incasso è
comunque devoluto in beneficenza al “Verbania Center”. Per averne una copia
basta richiederla a marco.zacchera@libero.it e vi verrà inviata a mezzo
posta.
LA SIGNORA VERONICA
Veronica, per gli amici “ViBi”, era alcuni anni fa una signora ancora
piacente ma che ormai veleggiava già verso la settantina anche se – a dispetto
di alcune altre coetanee – non se la passava poi così male. Aveva avuto molti
amori e problemi in gioventù soprattutto quando, durante una infanzia difficile
(motivata anche da una rapida riappacificazione forzata tra i suoi genitori che
poco convintamene l’avevano poi data alla luce) aveva da bambina passato e
sofferto anni di profonde divisioni familiari.
Da adolescente era però cresciuta abbastanza bene, affidata soprattutto ad
un precettore severo come il maestro Picci, uno che decideva e basta, senza
dare spazio a molte discussioni soprattutto dopo che si era imposto ad un altro
aspirante maestro, il professor Psisto, che all’inizio sembrava determinate ma
man mano si era poi ritirato acciaccato dagli anni e con la reputazione
rovinata da più di uno scandalo edilizio..
In quegli anni Veronica cresceva abbastanza robusta, anche se poco graziosa:
richiesta in sposa da molti, aveva soprattutto un ottimo patrimonio
costituito da aziende turistiche, tessili e meccaniche, già ereditate dai
genitori e costituenti il patrimonio di famiglia. I nonni le avevano lasciato
in dote anche una banca florida e compatta, un gioiellino adocchiato da più di
un mariuolo, ma sempre tenuti a distanza da un nugolo di parenti che se la
tenevano stretta stretta e davano poca confidenza – e tantomeno credito – ad
estranei e sconosciuti.
Crescendo, Veronica aveva però dimostrato un po’ troppa attenzione ad una vita
sempre più sregolata. Qua e là si cominciarono presto a cogliersi i segni dell’
età, anche perché continuava a farsi amministrare dall’ormai vecchio maestro
Picci che, rifiutando l’ormai maturata pensione e montandosi un po’ la testa,
qualche volta amava addirittura anche farsi chiamare professore. Senza
accorgersi che gli anni passavano Veronica continuava con la vita di sempre,
spesso adagiandosi anche su qualche illusione o ricordo dorato, come di quando
si era data allo sport trascorrendo un decennio a dilettarsi di calcio anche a
livello quasi professionistico, invidiata a livello nazionale.
Ma con la maturità insorsero sempre più guai: le aziende di famiglia non
tiravano più, la banca fu svenduta, tante rughe apparivano sulle sue guance,
spasimanti che man mano si defilavano …insomma, complice l’età era arrivato
davvero un gran brutto periodaccio. Anche il gruppetto di precettori e medici
di famiglia che l’avevano tirata grande sembravano sempre più impreparati a
curarla soprattutto, anche perché troppo autoreferenziati e arrivando a
chiudersi e a litigare tra di loro. Soprattutto non sembravano attenti alle
novità ed ai farmaci che la medicina moderna man mano scopriva a livello
mondiale.
Insofferente alla pensione e sia pure in ritardo, Veronica cercò quindi
qualche soluzione. Le segnalarono che c’era in giro un medico del luogo che
però stava ai margini delle solite chiacchiere dei bar affacciati in Piazza
Garibaldi, anche perché era spesso all’estero a fare esperienza. Un tipo serio
che si era fatto una certa posizione soprattutto a Roma dove pur, a richiesta,
visitava a volte pazienti locali in cerca di consulti.
In città il dottorino godeva di buona reputazione anche perché era di famiglia
dabbene e politicamente multietnica, oltre ad essere un tipo sempre disposto ad
ascoltare la gente. Veronica chiese un consulto e il medico venne ad
ascoltare l’illustre paziente. Una lunga anamnesi e poi il verdetto con una
proposta di cura: la situazione era difficile e forse compromessa, ma la cosa
migliore sarebbe stata decidere subito di iniziare con uno stile di vita più
sobrio e salutare dando aria agli ambienti, ma soprattutto con il coraggio di
cambiare anche nella gestione della casa paterna: investimenti importanti per
rinnovarsi e darsi un nuovo look, ma anche ginnastica e una cura energica di
vitamine rassodanti.
Il nuovo medico aveva girato il mondo ed assistito pazienti importanti, si
offriva gratis in nome di antiche amicizie e perché legato alle comuni radici
lacuali tanto che Veronica – pur con qualche ritrosia – alla fine decise di
fidarsi, disse di sì e provò la nuova cura.
Le cose sembrarono andar subito meglio, ma Veronica non aveva fatto i conti
con il clima generale e soprattutto l’invidia degli altri medici e precettori
locali, quella gente sempre un po’ triste che – sia pur solo come medici della
mutua – l’avevano avuta in cura per tanti anni. Gente all’antica,
refrattaria alle novità, che – se pur andava ancora a trovare i pazienti in
bicicletta e questo faceva molto chic – però ad ogni malanno che arrivava
prescrivevano sempre rimedi generici, di quelli che non fanno male ma neppure
bene a nessuno. un po’ come l’acqua di Baveno che imbottigliavano una volta,
impiastri davvero poco risolutori visto anche l’avanzare dell’età della
paziente.
Soprattutto, il gruppo di medici non gradiva i rimedi nuovi che pur ormai si
vedevano in giro per il mondo e andavano ormai per la maggiore, per esempio le
pastiglie di Multicentrum che il nuovo medico prescriveva da prendersi mattino
e sera: una cura che all’inizio poteva sembrare un po’ indigesta, ma che
avrebbe dato ottimi risultati in futuro, come già dimostrato su altre pazienti
in Italia e soprattutto all’estero e che pur anche loro vivevano sulle sponde
dei laghi prealpini.
Invidiosi, i vecchi medici – e soprattutto quelli che seguivano da più tempo
Veronica, alcuni dei quali nipoti del prof. Picci che pur era ormai defunto da
diversi anni – cercavano in ogni modo di screditare il nuovo medico. Proteste,
ricorsi, articoli velenosi: una parola qui e una là trovavano sempre Eco ai
loro commenti facendosi anche raccontare le cose da alcune infermiere dello
studio del nuovo dottore che, tutto preso dai pazienti e dai loro problemi,
dava poco spazio alle chiacchiere che pur fiorivano in piazza Garibaldi.
Qualcuno propose – ad esempio – di svuotare le capsule di Multicentrum
riempiendole di un placebo qualsiasi, altri di screditarlo mettendo in giro
storie un po’ piccanti, tipo che fosse in qualche modo ammanicato con i
farmacisti che le producevano.
Gira e rigira un bel giorno il nuovo medico alla fine si spazientì, convocò lo
staff del suo studio e comunicò che non intendeva più seguire la signora
Veronica come propria paziente arrivando anzi ad accusarla di non fidarsi dei
suoi rimedi: “ Se vuole tornare ai metodi di chi l’ha curata fino a poco tempo
fa e l’ha ingrigita anzitempo faccia pure – esplose il dottore in una mattina
dolce di aprile – ma allora si arrangi e non venga poi più a lamentarsi!”
Detto fatto, tra l’incredulità generale, il medico chiuse lo studio, licenziò
il personale e se ne andò. Le chiacchiere di piazza Garibaldi lo danno ora a
fare il medico missionario, pare giù in Etiopia o in Kenya.
La storia finisce qui ma si dice che poco tempo dopo la signora Veronica
stette proprio male e, angosciata, chiese notizie di quel medico ricusato
anzitempo, anzi, qualcuno cercò di convincerla a farlo tornare ma lui si negò,
tutto preso e dedicato ad altri malati. Chiamati al suo capezzale erano intanto
tornati i vecchi medici della mutua che si interrogavano perplessi sulla sua
crisi e discussero a lungo, come sempre senza mettersi d’accordo anche se
pubblicamente sembravano declamare l’esatto contrario. Alla fine prescrissero
solo una serie di sonniferi, placebo e calmanti di quelli che non risolvono i
problemi. La signora Veronica si addormentò sempre più deperita e qualcuno
dice che non si risvegliò più.
L’ODIO DELLA ILDE
Non entro nel merito della vicenda “Ruby” che è comunque squallida del suo,
così come molte delle altre questioni giudiziarie che hanno coinvolto negli
anni Berlusconi, ma sono rimasto colpito dall’astio o – meglio – dall’odio
evidente della dott.ssa Boccassini nei riguardi dell’imputato.
Un pubblico ministero deve accusare senza sconti perché è il suo mestiere, ma
quando esce dal suo ruolo e in tutto traspare soprattutto un suo odio
personale e viscerale emerge il sospetto che allora l’accusa sia prevenuta e
non più limpida, politica e non più solo basata su fatti, prove e documenti.
Berlusconi potrà essere giudicato un furbacchione o peggio e i suoi avvocati
dei marpioni, ma quando si esagera l’effetto è controproducente soprattutto
quando l’aula dei tribunali diventa un arengo politico.
Mi chiedo se la Magistratura italiana abbia da guadagnare qualcosa in
credibilità davanti ad arringhe così esasperate che alla fine – al di là dello
specifico verdetto – la espongono a critiche feroci anche da chi crede che
politica e giustizia debbano (dovrebbero) procedere separate, con ruoli diversi
in un reciproco percorso di credibilità. Beate fantasie, lo so, ma almeno
questa dovrebbe essere la teoria…
IL DIVO GIULIO
Se ne è andato Giulio Andreotti che voglio ricordare per tre aspetti che
forse in pochi hanno ricordato.
Il primo è che senza di lui la provincia di Verbania non ci sarebbe mai stata:
si era impegnato a crearla nei primi anni ’90 e portò a termine un impegno
nonostante una crisi di governo e mille gufi dopo decenni di promesse mancate.
Credo che anche solo per questo i miei concittadini dovrebbero tutti esprimere
un grazie alla sua memoria.
Il secondo ricordo è legato alle sue lezioni di politica estera quando – a
commissioni estere riunite – ci si ritrovava alla Camera o al Senato ad
affrontare problemi di emergenza o di attualità, come le relazioni di un
ministro o il commento a fatti che avevano sconvolto il mondo. Analisi lucide e
sottili, precise ed a volte ironiche ma sempre saettanti come bisturi proprie
di chi non sono conosceva a fondo la materia ed i suoi retroscena, ma poteva
vantare una esperienza unica ed impareggiabile. Credo che quando verranno
stampati i suoi atti parlamentari da molti interventi si capirà come (ed è il
terzo aspetto) se l’Italia non è stata sconvolta da grandi attentanti legati
al mondo medio-orientale ed arabo negli ultimi 40 anni un “grazie” lo si debba
proprio ad Andreotti. Certo che in questo campo era mellifluo e levantino, ma
intanto ha saputo preservare il nostro paese da lutti e disastri che forse un
giorno la Storia ci dirà.
BENVENUTO A PHILIPPE DAVERIO
Un doveroso benvenuto per il ritorno a Verbania di Philippe Daverio che
parteciperà all’edizione di quest’anno di LETTERALTURA. Una bella occasione per
ringraziarlo della disponibilità verso la nostra città e una presenza
prestigiosa per questa valida rassegna. Fa piacere questo ritorno anche perché
(speriamo..) sarà occasione per qualcuno di chiedergli scusa. Ricordiamo
infatti agli immemori che il prof. Philippe Daverio accettò nel 2010 la mia
proposta ad essere Presidente (gratis) del MUSEO DEL PAESAGGIO di Verbania,
carica da cui si dimise qualche mese dopo giustamente offeso per un ignobile
trattamento cui era stato sottoposto, conclusosi con l’impossibilità ad
accedere perfino ai locali del Museo grazie alla sigillatura delle serrature
(!!!) operata da ignoti. Personaggi squallidi e tuttora anonimi (?) che però
avevano avuto nei mesi precedenti terreno fertile per crescere: si legga cosa
si scriveva di Philippe Daverio su “Cittadini con Voi” nel luglio 2010 (http:
//www.cittadiniconvoi.it/sito/cultura/302-museo-un-presidente-rissoso) e dal
mio predecessore sindaco prof. Claudio Zanotti sul suo “Verbaniasettanta” del
15.10.2010. ( per il quale Daverio
avrebbe portato il Museo a “lidi sconosciuti”. Chissà, forse erano orizzonti
troppo lontani rispetto a quelli a lui noti della “Colonia Solare” di Suna…
Comunque quando a invitare Daverio a Verbania era la destra non andava bene, ma
è sempre meglio tardi che mai