Una delle ipotesi di guida del governo in via di composizione PD-PDL, vorrebbe Enrico Letta premier e “Gioacchino” Alfano vice premier. Matteo Renzi ci penserà mille volte prima di prendere le redini di un’armata allo sbando che ne rovinerebbe l’immagine che risulta la più innovativa possibile in carico al partito (sic!). In ciò che avanza del PD restano profonde spaccature e divergenze soprattutto posizioni dovute allo sbandamento che oramai ne compromette la rotta. La linea del Partito Democratico è come le gambe delle giapponesi: corta, secca e storta. Mai come in questo momento, il Partito Democratico si trova nudo al cospetto delle proprie responsabilità nei confronti del paese, del suo elettorato e del suo improbabile futuro politico. E’ mancata, cioè, quella capacità di sintesi e di analisi immediata per prendere decisioni importanti, al momento, alla luce degli scenari che via via andavano dispiegandosi nel paese. L’imbarazzo odierno, sottolinea un dilettantismo che sgomenta considerando i soggetti che stazionano da decenni in dispregio della formazione di nuove classi dirigenti. La posizione più audace presa da Bersani è stata quella di accanirsi ad accompagnare la vecchietta al di là della strada mentre questa non voleva attraversare, portare Grillo ed il suo movimento nel pantano politico ed istituzionale nel quale si trovavano tutti. Tutto qui. Bersani non ha voluto capire che, mentre poneva in essere tatticismi per riuscire in una impresa improba, il movimento 5 stelle manteneva una coerenza marmorea. Sapendo di sapere, Bersani, si è ostinato a chiedere a Grillo una mano, proprio lui che lo aveva denigrato subito quando il Beppe avrebbe voluto presentarsi alle primarie del PD: il padre di tutti gli errori dell’era moderna. Letta, Franceschini, Renzi, scalpitano in panchina. Chi scenderà in campo è scritto già ed ufficialmente lo sapremo a giorni tanto per non uscire dalla tattica e scoprire anzitempo le carte. Ecco il tempo, quello perso, è il peggiore inquisitore di Bersani e del suo (?) partito.