Nella redazione online del Corriere della Sera (20 novembre) leggo: “Il bue e l'asino non erano nella stalla con Gesù e i pastori non cantarono. A dirlo è il Papa nel libro sull'infanzia di Gesù presentato in Vaticano, in cui Benedetto XVI si sofferma sull'origine tradizionale del presepe usato a Natale dai fedeli… La nascita di Gesù in una grotta, deposto su una mangiatoia, esula «da tutto ciò che tutti pensano e vogliono», ma la «povertà» di questa nascita si fa «epifania», manifestazione del divino. «La povertà è il vero segno di Dio», scrive ancora il Santo Padre”.
Ma che notizia! E ci voleva Benedetto XVI per far sapere al giornalista del Corriere, che il bue e l’asinello non c’erano? Se il giornalista leggesse i vangeli, scoprirebbe che con molta probabilità non c’era neppure la mangiatoia e non c’era neppure la grotta. Luca, che non era uno dei dodici apostoli, racconta che Maria “avvolse il neonato in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto all’albergo”. Matteo invece, che fu apostolo di Gesù, non accenna per niente ad una mangiatoia, ma riferisce che i Magi, giunti dall’Oriente per adorare il Bambino, entrarono “nella casa”. Quanto alla povertà, Giuseppe, lo sposo di Maria, era un carpentiere. E un carpentiere in Palestina era un uomo abile, utile, e particolarmente stimato. Così, è ragionevole ritenere che Gesù, poiché Maria e Giuseppe disponevano di denaro, sicuramente non “fu deposto nel presepe ed avvolto in poveri pannicelli” (Lettera quarta di santa Chiara, ad Agnese di Praga).
Renato Pierri