A Doha una svolta sul futuro della Siria

La Siria è la chiave di volta di una guerra fredda USA e Arabia Saudita contro l’Iran.
Dal Qatar una risposta concreta che si spera possa contribuire a risolvere
il conflitto interno siriano.

TUNISI – La Conferenza di Doha, apertasi sotto l’egida della Lega Araba la settimana scorsa, è stata indetta per trovare una leadership comune da far accettare sia dalle varie forze che rappresentano l’opposizione al regime di Assad sia dalla comunità internazionale. Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Turchia hanno partecipato al dibattito, e ieri è stato eletto un cristiano-comunista, George Sabra, alla guida del Consiglio Nazionale Siriano (CNS). La scelta smorza l’egemonia dei movimenti radicali islamisti che sino a tutt’oggi hanno seminato violenza e distruzione al pari delle forze lealiste, mostrando in definitiva il pluralismo del movimento di opposizione. Si dovrebbe essere costituito dunque un fronte unico di opposizione politica al regime, in grado di prendere decisioni rapide e guidare il Paese in caso di una caduta del regime di Assad. Ma in Siria continuano ad operare, dal dicembre 2011, in modo indipendente dall’Esercito di Liberazione Siriano, il braccio armato del CNS, diverse centinaia di volontari Salafiti libici e tunisini, che attualmente operano tra Homs, Idlib e Rastan. Il prioritario compito del Presidente Sabra sarà quello di ricondurre anche queste fasce estremiste sotto l’egida del CNS.

L'elezione di George Sabra a capo del CNS è anche un segnale preciso contro il regime che sino a ieri era considerato protettore delle minoranze, in particolare dei cristiani. Il Tribunale Penale Internazionale ha comunicato che ha sufficienti prove per incriminare El Assad per crimini contro l’umanità. Questo potrebbe sollecitare un intervento delle forze di coalizione occidentali a supporto del CNS. Purtroppo però, nonostante l’apparente unità d’intenti, nell'opposizione si vanno insinuando le differenze tra i vari pezzi del fronte anti-Assad, mentre le file salafite avvertono a gran voce che Assad farà la stessa fine di Muammar Gheddafi, ucciso dai ribelli a Sirte un anno fa.
Purtroppo, i due schieramenti opposti guardano solo a come vincere la guerra civile mentre si aggrava l'emergenza umanitaria. I morti sono più di 35000, la stragrande maggioranza civili, mentre negli ultimi giorni più di 10 mila profughi siriani hanno attraversato la frontiera con la Turchia. Le Nazioni Unite stimano che saranno oltre quattro milioni i siriani che necessiteranno di aiuti nel 2013, molti di questi sono già nei campi profughi in Giordania, Libano e Turchia.

Nei prossimi giorni il Presidente Obama, ormai libero da impegni elettorali, potrà concentrarsi nuovamente sul fronte “Mediterraneo allargato” e, allora, capiremo anche se la crisi siriana è destinata ad allargarsi al Golfo Persico o meno. Molto è ancora da chiarire della politica estera USA e il fatto che sia il Dipartimento di Stato che la CIA siano state decapitate (su richiesta dei singoli !!!) lascia ben sperare su un più cauto supporto armato alle forze di opposizione siriane. Qualora assieme al taglio armamenti statunitensi, dovessero subentrare anche veti finanziari sauditi per i finanziamenti occulti ai Salafiti, finalmente si potrà iniziare a parlare di “cessate il fuoco” e inizio della fase di dialogo tra le differenti fazioni. In caso contrario, il conflitto fratricida siriano è destinato a portare ancora morte e distruzione nella maniera più violenta delle guerre: quella “civile”!

Fabio Ghia

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