Certamente non è sfuggito a nessuno che l’Italia, ed il modo d’essere italiani, non è più quello del secolo scorso. Il Paese, gioco forza, ha subito profonde trasformazioni. Soprattutto sotto il profilo socio/economico. Non riconoscerlo, senza remore, potrebbe rappresentare un grossolano errore. Anche perché il nostro futuro dipenderà pure dagli eventi del recente passato. Il nuovo secolo, come il nuovo Millennio, ci ha trovato diversi. Addirittura i meno interessati hanno da riconoscere che non siamo più gli stessi. Su questa nostra sensazione, che non è isolata, andranno ad incolonnarsi tutti quei provvedimenti che auspichiamo dal nuovo Esecutivo. Di fatto, però, la storia potrebbe ripresentarsi con problematiche più affini al passato di quanto si potrebbe immaginare. Era il 1992, quando crollava, miseramente l’impalcatura della Prima Repubblica. Un sistema che aveva resistito per quarantasei anni, in poco più di dodici mesi, è tramontato. Con tutte le conseguenze che non hanno risparmiato nessuno. Pur con la crisi che ci perseguita, non siamo ancora nelle condizioni per stabilire se in meglio o in peggio. L’importante è aver registrato una profonda mutazione. Con l’estinzione d’alcuni partiti e la nascita di altri. Quelli che non sono cambiato in Parlamento sono i nostri politici. Al momento, però, nessuno appare “vincente” per le consultazioni elettorali della primavera 2013. Anche con un Prodotto Interno Lordo sempre più in negativo, è indispensabile ritrovare lo spirito per andare avanti. Magari ricercando altri valori, altri parametri per dare un significato a questa nostra incertezza per il futuro. Pur senza richiamare le teorie del Federalismo, non è più concepibile ragionare a livello d’entità territoriale. L’Italia ha superato questa fase. Pur se ancora con dei distinguo, siamo chiamati a condividere i destini di un’UE in fase di progressiva espansione. Nel prossimo decennio, il processo di trasformazione nazionale sarà completato. Con una forte coerenza e con le idee chiare, lo sviluppo del Paese riprenderà. Ci vuole pazienza e costanza. Dalla crisi non si esce con le promesse, ma con i fatti. Le scelte che contano sono ancora dietro l’angolo. La politica, ovviamente quella rinnovata, potrà giocare un ruolo decisivo per riavviare il volano della ripresa. Di fatto, l’Italia è, certamente, uno Stato più europeo che nel secolo scorso. Tenendo, però, conto che i contrasti tra il vecchio ed il nuovo dovrebbero essere meglio vagliati. Intanto, il Bel Paese, certamente non solo per inerzia, continua per la strada del cambiamento. Il problema è che gli uomini di partito, che sono gli stessi di ieri, continuano ad essere privi di quell’originalità necessaria per promuovere e consolidare il mutamento.