ARMANINI, CITARISTI E CRAXI

La composta dignità dei ‘corrotti’ della prima Repubblica

Noi fummo i Gattopardi, i Leoni;
quelli che ci sostituiranno saranno
gli sciacalletti, le iene.
(G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)

Non avrei mai immaginato – all’inizio degli anni Novanta – pensare e scrivere ciò che da mesi penso e ora mi accingo a sintetizzare. Erano grandi – allora – lo sconcerto, la nausea provocati dalle notizie di corruzione provenienti dal mondo politico italiano. Un fiume in piena di avvisi di garanzia, processi o condanne: ‘Tangentopoli’. I salvatori della patria di turno, i messia da accatto proclamarono, pomposamente e imitando ancora una volta maldestramente i francesi, ‘è tempo che venga una seconda Repubblica’.

Da qualche mese assistiamo a uno stillicidio di notizie relative a furti, ruberie, vacanze, feste, case, palazzi, comprati con soldi pubblici. Sicilia, Lombardia, Lazio hanno dovuto indire elezioni anticipate, le loro leadership decimate (apparentemente). I partiti, sia quelli esistenti che quelli in ‘perenzione’, gestiscono quantità impressionanti di denaro del finanziamento pubblico e albergano al loro interno veri e propri malaffaristi e percettori di argent de poche per le spesucce quotidiane.

Qualcuno ha affermato che siamo di fronte a una nuova ‘Tangentopoli’. Falso. Fra Tangentopoli e la corruzione odierna c’è un abisso: Allora rubavano, prevalentemente, per portare soldi nelle casse dei partiti; oggi hanno rubato e rubano, esclusivamente, per portare soldi nelle proprie tasche. Allora la tangente per il partito, oggi il furto. Sono la stessa cosa? No, non sono la stessa cosa. Il corrotto non necessariamente è ladro; il ladro è ladro, anche se si fa chiamare altisonantemente ‘onorevole’ (sembra una beffa). La richiesta del neo assessore alla cultura della Regione Sicilia, Franco Battiato (‘non chiamatemi assessore, la parola assessore mi offende’), non è populismo ma presa di distanza.

C’è un’altra differenza: sfacciatamente i ladri di oggi, quando vengono sbugiardati, gridano: ‘giustizia a orologeria’, ‘killeraggio politico’, ‘giudici corrotti’, ‘congiura mediatica’, ‘vendetta politica’, ‘giornalisti prezzolati’, e simili amenità. Si dimettono solo quando messi con le spalle al muro, cercando fino all’ultimo momento di farsi scudo e difendersi con potere, prerogative e privilegi. Al contrario, in molti corrotti di Tangentopoli si avvertiva disagio. Chi non ricorda Forlani e il suo visibilissimo imbarazzo al processo Enimont? (imbarazzo acuito da uno stile indagatorio in cui la grande assente era l’eleganza).

Voglio ricordare tre personaggi di quei processi: Armanini, Citaristi e Craxi. Rileggendo oggi l’intervento di Craxi al processo Enimont, si ha la sensazione di trovarsi dinnanzi ad un uomo politico che ha conservato intatta la propria dignità proprio mentre analizza il sistema delle tangenti per portare soldi ai partiti e non nega la sua partecipazione. Craxi sarà la vittima sacrificale più celebre del repulisti di quei giorni, ma nessuno potrà avvicinare la figura di Craxi a molti politici odierni senza offendere la memoria dell’esponente socialista. Craxi muore ad Hammamet il 19 gennaio del 2000: fino all’ultimo cercherà di provare la sua innocenza dall’accusa di avere usato soldi per fini personali. Oggi molti ritengono che Bettino Craxi avesse ragione.

Severino Citaristi, senatore e tesoriere della DC, ha sempre ammesso di avere percepito tangenti per conto del partito, ma ha sdegnosamente rigettato l’accusa di essere un corrotto per fini personali. Il mite e fine Citaristi oggi rimarrebbe inorridito dinanzi allo spettacolo della politica cialtrona e malaffarista. Muore il 10 febbraio 2006: nella tomba si porterà lo sdegno per l’accusa di concussione che sempre aveva respinto.

Walter Armanini l’ho conosciuto personalmente, a Orvieto. Era assessore socialista al Comune di Milano e condannato per concussione e finanziamento illecito del PSI nel 1994. Nel 1995 viene internato nel carcere di Orvieto e nel ’97 gli viene concesso di lavorare all’esterno del carcere. In quegli anni mi recavo spesso a Orvieto e mi sedevo allo stesso bar (in piazza del Duomo) in cui Armanini faceva una breve sosta prima di tornare in carcere. Una volta una coppia di turisti italiani indicò in modo non del tutto discreto l’ex esponente socialista. Egli arrossì, alzò gli occhi al cielo con una espressione che lasciava trapelare umiliazione e fastidio. Provai pena e rispetto per quell’uomo che stava pagando per i suoi errori. Walter Armanini muore di tumore il 13 agosto 1999.

Lamarck e Darwin ci hanno insegnato la legge dell’adattamento sotto la spinta delle condizioni ambientali; Nietzsche affermava che non vi sono fatti, ma solo interpretazioni. Sarà vero? Certamente io ho grande difficoltà a mantenere un giudizio sprezzante nei confronti dei ‘corrotti’ della prima Repubblica. Nella loro corruzione essi mi appaiono – oggi – ‘dignitosi’. Mentre non ho dubbi sui ‘ladri’ e ‘corrotti’ della seconda Repubblica: nessuna legge dell’adattamento ce li potrà fare rimpiangere. Molti di coloro che hanno preteso raccogliere il testimone della prima Repubblica morente per salvarla, sono oggi in una condizione etica e giuridica esecrabile. E ciò è imperdonabile.

Mauro Nicolosi
Buenos Aires
nicolosi.mauro@gmail.com

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