Dal focus OCSE emerge chiaramente chel’Italia si avvicina alla Grecia, al Lussemburgo e al Messico per ibassi investimenti nella formazione e nell’istruzione L’OCSE, organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, hapubblicato oggi a Parigi e in altre capitali del mondo la nuovaedizione del rapporto annuale “Education at glance” (EAG). . Un volume di oltre 600 pagine che pone a confronto i sistemi educatividei 34 Paesi membri attraverso una fitta serie di indicatori di tipoeconomico e sociale sui rendimenti dell’istruzione e le risorse umanee finanziarie utilizzate dai diversi Paesi europei nel settoreeducation. La principale indicazione evidenziata dal rapporto di quest’anno èquella che riguarda la correlazione tra condizione sociale dellafamiglia e successo scolastico: più povera è la famiglia, minori sonole probabilità di successo. Dai dati pubblicati si rileva che,nonostante le difficoltà nel mercato del lavoro dovute alla crisieconomica che ha colpito tutta l’UE, e non solo, i rendimentidell’istruzione sono notevoli. Alcuni Paesi risultano tuttavia impegnati in positive azioni dicontrasto del fenomeno (Australia, Finlandia, Irlanda, Svezia), mentrealtri mantengono basse percentuali di accesso all’istruzione superioreper i ragazzi provenienti dalle famiglie di più modesta condizione:meno del 20%. Tra questi è indicata anche l’Italia insieme a Turchia,Portogallo e Stati Uniti. Nella scheda che riassume i dati che riguardano l’Italia si evidenziache la spesa pubblica nell'istruzione ammonta al 4,9% del Pil, controuna media del 6,2 % (calcolata in 37 Paesi),: percentuale che collocal’Italia al 31° posto su 37. Ancora peggiore è il dato che riguarda lapercentuale della spesa per l’istruzione sul totale della spesapubblica: solo il 9% contro una media Ocse del 13% (31° posto su 32). La spesa annua per studente è di 9.055 dollari contro una media Ocsedi 9.249, ma si nota che gli investimenti per la scuola materna edelementare sono in Italia tra i più elevati mentre quelli perl'università sono tra i più bassi: 9.561 dollari contro una media di13.719. Tra il 2000 e il 2009 – sottolinea il Rapporto – la crescita dellaspesa pubblica nell'istruzione superiore è stata in Italia del 4% intermini reali, il dato più basso tra i paesi Ocse. Per le scuole italiane viene segnalata l’esigenza di provvedere ad unmigliore inserimento degli studenti immigrati: la proporzione diimmigrati tra gli studenti 15enni è passata dallo 0,9% del 2000 al5,5% del 2009 ma il 71,9% degli studenti di origine straniera èconcentrato in un quarto delle scuole italiane, mentre nelle scuoledegli altri paesi Ocse la loro distribuzione è più uniforme. L’occupazione o meglio l’occupabilità aumenta con l’aumentaredell’istruzione: in Italia il tasso di occupazione è superiore dioltre 28 punti percentuali per coloro che hanno completato il ciclo diistruzione rispetto a coloro che non hanno completato la scuolasecondaria; negli altri paesi OCSE la media si assesta su 27 puntipercentuali. Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”,l’Italia non potrà dunque rimanere il sesto paese più industrializzatodel mondo se non investirà in modo consistente nella scuola. Qualorainvece la scuola si confermi solo una voce di costo ove operaremassicci risparmi, non ci sarà futuro e saremo destinatiinevitabilmente al declino. Di fatto l’investimento italiano inistruzione è più basso anche a parità del numero di studenti.