Omicidi di Stato

Non può essere la morte, oggi, l’unica certezza che abbiamo. Non si può morire per mancanza di lavoro a causa di un Paese diventato il simbolo delle tasse. Lo spettro dei tagli alla spesa deprimerà ancora di più i consumi e la crescita, tanto attesa, non ci sarà. Tutto procede lento, ma inesorabile, in questa direzione e la proposta di Monti non può più essere creduta valida. Finanche il Presidente della Banca d’Italia, Mario Draghi dice che “risanare i conti italiani con le tasse è un metodo recessivo”. Non sorprende allora che i consumi italiani scendano vertiginosamente: diminuisce il reddito disponibile, a fronte di prezzi ancora inspiegabilmente alti, e per questo si compra di meno. Aziende licenziano a causa di una tassazione esagerata. E come se non bastasse sono arrivati i super tecnici ad effettuare ulteriori tagli che porteranno definitivamente al crollo dei consumi. È con questo sospetto, misto a terrore, che i roboanti annunci del Governo sui “tagli alla spesa”, stanno mietendo vittime in tutto il Paese. Imprenditori finora orgogliosi di rappresentare la cultura del Made in Italy, si tolgono la vita e giovani che perdono il lavoro fanno lo stesso, in una tremenda spirale di morte. Non si riesce davvero a comprendere in base a quale artifizio segreto l’Italia «tornerà a crescere», secondo le parole del premier Mario Monti, in queste condizioni fiscali. Non siamo Keynesiani e non crediamo che in questo periodo di crisi basti “spendere” per far uscire il paese dalla stagnazione. Ci saremmo aspettati che le tasse non fossero state aumentate, che le riforme necessarie (banche, assicurazioni, lavoro, spreco di denaro pubblico, riduzioni dei costi della politica, ecc… ) fossero state portate avanti, con maggior determinazione. Ma tutto questo non è successo. È chiaro che la ormai la situazione sociale è al limite della sopportazione, e il Presidente della Repubblica che dovrebbe essere l’ultimo baluardo di giustizia e libertà, si è ridotto ad un ombra inquietante della democrazia di questo Paese. – Lei, signor Presidente, che è il garante della sovranità popolare, sembra non accorgersi delle tante morti che si sono susseguite in nome di quell’articolo 1 della nostra Costituzione, con un tragico denominatore comune: la mancanza di lavoro. No, caro Presidente Napolitano, non ci si può più girare dall’altra parte, o limitarsi ai sermoni nelle occasioni istituzionali, bisogna agire e garantire ai cittadini la libertà di una vita degna fondata sul lavoro, sull’istruzione e sulla famiglia. Lei signor Presidente non può tenere comportamenti discutibili, o istituzionalmente inopportuni, o comunque reputati scorretti sul piano dei rapporti politici. Lei, non deve più tollerare che in questo Paese, la classe politica continui a fare i propri comodi sperperando e rubando denaro pubblico. Lei, non può permettere che un Presidente del Consiglio, non eletto dal popolo, favorisca le lobby economiche a discapito degli onesti lavoratori. – In tal caso le sue azioni, Sig. Presidente, pur formalmente legittime, potrebbero ingenerare la sensazione nei cittadini di una sua responsabilità politico-costituzionale, che sarebbe idonea a determinarne le sue dimissioni, anche se le viene riconosciuta la non-responsabilità per qualsiasi atto compiuto nell'esercizio delle sue funzioni. Le piazze stanno per esplodere: dal dolore privato dei suicidi, alcuni temono che la nostra Nazione possa ripercorrere anche la violenza di gruppi armati. Viviamo con la speranza di avere una rivoluzione riformatrice, piuttosto che armata, ma ci accorgiamo che l’unica battaglia è quella conservatrice dei politici, che pur di restare attaccati al loro scranno di potere, stanno lottando come dei disperati. Sig. Presidente Napolitano, si dice che la vita è amata, mentre la morte è odiata da tutti; il perché sta nel fatto che la vita è una splendida speranza, la morte una tragica certezza. Ecco, ci state togliendo le speranze per far posto ad una unica drammatica verità.

Antonino Di Giovanni

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