RILEGGENDO CHITI DAL 2009

Vannino Chiti si inserisce, con merito particolare, in quel settore di classe dirigente politica nazionale che non ha mai scambiato il Partito Democratico per il progetto resistenziale, derivativo e surrettizio di sopravvivenza di un centrosinistra purchessia. Il fatto che il suo scritto “La Sinistra Possibile. Il Partito Democratico alle prese col Futuro” rimonti addirittura al 2009, quando i meno avveduti democrats nostrani avevano forse adombrato il de profundis del Partito stesso, schiacciato dall’exploit propagandistico ed elettoralistico berlusconiano, è un merito ulteriore: in quella elaborazione politica di tempi difficili, risiede la capacità del centrosinistra di aver vinto, nel 2010 e nel 2011, la quasi totalità delle sfide amministrative sui territori, declinando in forme nuove la persistente esigenza di un “buongoverno cittadino”, appannaggio di forze riformatrici, progressiste, socialdemocratiche, liberaldemocratiche e capaci di opporre municipalismo e autonomismo a iper-federalismo e secessionismo. Il bello è che il testo di Chiti, pur potendo sembrare il nobile istant book di accompagnamento al percorso di un nuovo raggruppamento politico, contiene degli interessanti momenti di analisi retrospettiva e degli spunti sostanzialmente valevoli per l’oggi e, de iure condendo, per il domani. Quanto all’indagine storico-culturale, il libro di Chiti è il bel contrappunto alle tante polemiche dell’anno precedente sulle necessità del “Pantheon” per il nascituro organismo politico. Una seria, vivida e radicale elaborazione sta dietro l’esistenza storica del Partito Democratico, almeno se si immagina, con rigore e lealtà, un punto d’arrivo comune per l’azionismo di un Lussu, le inquietudini del Dossetti, innovatore nel solco di una tradizione ultra-secolare, le rivendicazioni teoretiche del Gramsci “confinato” e le posizioni etico-politiche del secondo Berlinguer. Si può condividere o non condividere questo albero genealogico, questi, comunque sia, nobili natali possono esser ritenuti sufficienti, ma essi esistono e forse il metro valutativo più serio sta nel capire se la formazione politica attuale sia, o non sia, in grado di vivificare questa poligenesi del percorso progressista all’italiana. Le proposte sull’oggi non sono, in ogni caso, meno interessanti: il partito immaginato da Chiti è un partito che non ha paura. E questa è la garanzia della sua forza e del suo fascino: se quel partito avesse paura, vorrebbe dire che non può farcela. Nessuna paura a declinare i temi dell’immigrazione, dell’integrazione, della de-precarizzazione del lavoro (anche in spesso irredimibili condizioni oggettive di flessibilizzazione), del dialogo inter-religioso, come baluardo sostanziale per la difesa della laicità. Anche in ottica prospettica gli stimoli che giungono da “La Sinistra possibile. Il Partito Democratico alle prese col futuro” sono interessanti e pare che, in sostanza, essi gravitino su coordinate intimamente assiomatiche: il ripristino, nelle forme esatte dalla democrazia digitale, della politica come servizio. Osservazione del reale, assunzione genuina d’un punto di vista, messa in comune dei benefici cognitivi (e non solo) dell’attività svolta. Chi accetta siffatte linee guida, per dir qualcosa di nuovo, anche al tempo del governo dei tecnici, della salvaguardia contabile a mezzo di maggioranze parlamentari inedite, e soprattutto: in vista di future coalizioni programmatiche per la vincita della competizione elettorale, o ritorna a questo testo o rischia di vagare senza strada, senza meta.

DOMENICO BILOTTI

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