Processo Lea Garofalo, la fatica di ricordare

di Marika Demaria

L’udienza del processo Lea Garofalo ieri – 19 dicembre – è stata caretterizzata dai «Non ricordo», «Forse», e da discrepanze tra ciò che i teste avevano dichiarato nel corso delle prime deposizioni rilasciate ai Carabinieri e agli inquirenti e ciò che hanno raccontato davanti alla Corte d’Assise presieduta da Anna Introini.
Il primo teste è Jessica Cristofori, convivente dell’imputato Massimo Sabatino (nella foto) dall’agosto al dicembre 2009 (Sabatino fu arrestato il 17 dicembre di quell’anno per traffico di stupefacenti), già sua fidanzata da oltre un anno. La ragazza ha ammesso che il suo ex frequentava i Cosco, con cui spesso si sentiva anche telefonicamente, come «una mattina di fine novembre. Massimo ha ricevuto una telefonata penso da uno di loro, verso le 6.30 è uscito di casa, poi non l’ho più sentito. Lui di solito la sera rientrava sempre a casa perché si occupava lui della cena, quella sera non è tornato: l’ho chiamato ma il cellulare dava irraggiungibile, così mi sono arrabbiata, ho riempito due borse con i suoi vestiti, le ho messe davanti alla porta e sono andata da mia madre. Ho sentito Massimo il giorno dopo, verso le 11.30, sono tornata a casa e abbiamo discusso; lui nel frattempo aveva portato le borse da sua mamma». Jessica Cristofori ha spiegato di ricordare quella giornata – senza tuttavia precisarne la data – perché c’erano stati alcuni comportamenti strani: l’uscita di casa molto presto, il non rientro alla sera, il cellulare spento. Questa la versione fornita al pubblico ministero Marcello Tatangelo (che a più riprese ha dovuto rileggere la deposizione del teste per aiutarla a fare mente locale a seguito delle numerose risposte vaghe), che di fatto contrasta con quella che la ragazza poco dopo darà all’avvocato Daniele Sussman: Massimo Sabatino in quel periodo lavorava per un’impresa di pulizie, e per recarsi al parcheggio della Coop di corso Sempione per iniziare il lavoro, saliva sul primo autobus della linea 57, uscendo di fatto di casa tra le 4.15 e le 4.45. La ragazza ha inoltre raccontato al pm di non sapere che attività svolgesse il compagno prima di essere assunto da quest’impresa di pulizie (tramite un’agenzia interinale); per lei era disoccupato, ma contribuiva al ménage famigliare facendo la spesa. Alla difesa dirà invece che aveva conosciuto Massimo Sabatino a Quarto Oggiaro, vedendolo spacciare in una piazzola nel quartiere dove abitava sua mamma, e che dunque era a conoscenza dell’attività illecita dell’imputato.
I due conviventi sono rimasti in contatto anche dopo l’arresto di Sabatino, che nel febbraio 2010 scrive alla compagna: “(…) qui le cose si stanno complicando, mi accusano anche di tentato omicidio”. Cosa per lei inaudita: «Conosco Massimo, non era capace di tirare una sberla ai miei figli, figuriamoci se fosse stato capace di fare una cosa simile». Tuttavia, quando i giornali annunciano la sparizione di Lea Garofalo, Jessica Cristofori, per sua stessa ammissione, si confida con Paola Sabatino (sorella di Massimo), perché entrambe temono che l’uomo possa essere coinvolto nella vicenda. Un uomo che – sempre in forma epistolare – chiede alla fidanzata di “andare dai Cosco e chiedere ventimila euro (…); me li avevano promessi”. La ragazza esegue senza farsi domande, ma Giuseppe “Smith” Cosco le dirà di mandare Massimiliano Floreale, ex cognato di Sabatino.
Troppe le mezze frasi, troppe le discordanze. Sarà il pm Tatangelo a chiedere contezza di quest’atteggiamento alla teste: «Ma non risponde per paura o ha solo difficoltà di ricordo?». In tono stizzito la ragazza risponde: «Ma paura di cosa? Di chi? È che è passato troppo tempo, non posso ricordare bene».
Lapidaria la deposizione di Maria Lorena Marconi, titolare di una tintoria, che il 27 novembre 2009 staccò una ricevuta di trenta euro. «Avevo lavato due copriletto trapuntati, mi erano stati portati da un ragazzo, forse uno studente, comunque giovane». Si pensa a Carmine Venturino, ma quando al teste viene chiesto se riconosce tra gli imputati il ragazzo che aveva descritto, la risposta è tanto incerta quanto negativa.
Sono stati inoltre ascoltati i fratelli Antonio e Salvatore Caffaro: impiegati nell’edilizia, conoscono i Cosco dalla fine degli anni 80. Antonio Caffaro, il 21 e il 28 novembre 2009, entrò in contatto con Massimo Sabatino per l’acquisto di due dosi di cocaina, «ma sono state le uniche due occasioni in cui l’ho provata, io sono solo alcolista». Valerio De Vita è invece amico di Rosario Curcio, con le rispettive ragazze uscivano tutti insieme. Asserisce di conoscere Elisa Vona – fidanzata di Curcio e presente in aula, tra il pubblico – e quando esce, al termine della sua breve deposizione (anche in questo caso, così come nei precedenti, diverse le risposte evasive, numerosi i «Non ricordo»), si gira verso gli imputati e invia loro un bacio.
L’ultimo teste dell’udienza di ieri è stato il polacco Damian Janczara, che ha spiegato «di essere grato ai Cosco perché mi hanno trovato a Milano la casa, in via Montello 6, e il lavoro. Se mi chiedevano delle cortesie io gliele facevo, ma mi sembra normale». Ecco perché, una sera di fine novembre 2009 – anche in questo caso il teste non rammenta la data precisa, ma riferisce che alla televisione stavano trasmettendo una partita di calcio – il ragazzo non si pone delle domande ed esegue ciò che gli chiede Giuseppe Cosco, e cioè di portare un’auto station wagon (marca Volkswagen) davanti al bar dove si incontravano di solito i Cosco e di consegnare le chiavi a Rosario Curcio e Carmine Venturino. Il quale, alle incalzanti domande del pm che faceva notare le incongruenze – anche in questo caso – tra la prima deposizione e quella in atto – sbotta, inveendo contro il magistrato. Il Presidente Introini ne dispone l’allontanamento dall’aula ma l’imputato, uscendo, apostrofa come “bugiardo” l’avvocato dell’accusa.
Quella di ieri, lunedì 19 dicembre, è stata l’ultima udienza del processo Lea Garofalo per il 2011. Le porte dell’aula della Prima Corte d’Assise si riapriranno il 10 gennaio 2012.

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