NOTA SUL DECIMO CONGRESSO RADICALE E IMPLICAZIONI POSSIBILI

Il X Congresso dei Radicali Italiani ha suscitato poca attenzione: le dinamiche partitiche, anche quelle più sane e trasparenti, stanno scontando, in termini di disinformazione, l’enorme spazio ottenuto dalle indiscrezioni sul prossimo governo. Perciò, non desta meraviglia che sia ulteriormente passata sotto silenzio la mozione particolare sulla legalizzazione della prostituzione. L’antiproibizionismo radicale si è nutrito di grandi intuizioni sulla realtà socio-penalistica del sistema e di trovate di grande (forse, troppo) impatto… La questione circa la legalizzazione della prostituzione è dibattuta. Negli Stati in cui questo traguardo è stato raggiunto, è vero, vi sono state distorsioni moralmente inaccettabili, come il “triste” spettacolo delle vetrine di Amsterdam, “carne da macello”. Tuttavia, il tema è serio e induce a riflettere su alcune implicazioni connesse. Tralasceremo, ora, quella relativa agli introiti derivanti dalla eventuale tassazione di una simile attività (in fondo, anche il gioco è usualmente stigmatizzato, ma è fonte di introiti, non meno, anzi più!, di liquori e tabacchi), nonché quella relativa all’ipotetica scomparsa del mercato clandestino: queste suggestioni liberal-democratiche, per cui si depenalizza per sconfiggere l’illegale, non sempre vanno assunte integralmente; prova ne sia l’ancora fiorentissima industria del contrabbando di sigarette. La legalizzazione (come, in misure diverse, per le droghe) non avrebbe l’effetto immediato di far cessare l’attività illegale, lo sfruttamento e la ghettizzazione. Costituirebbe, però e non tanto paradossalmente, un forte deterrente, un passaggio probabilmente iniziale. Può anche dirsi che politiche meno securitarie e più concrete potrebbero avere, su questo punto, esiti migliori. Di certo, la mozione radicale contiene la forte domanda di abbandono del modello Alemanno: la prostituzione su strada, molto repressa, non è diminuita, né ha prodotto un più facile smarcarsi delle donne, anche minori, anche (quasi sempre) costrette. Né ha detto granché sul surrettizio mascheramento in intrattenimento, terapie, massaggio e accompagnamento… della prostituzione da appartamento, rispetto alla quale le suddette denominazione sono piuttosto spesso una semplice definizione stucchevole. Possiamo anche immaginare al ribasso le stime che indicano in una quota oscillante tra i sette e i nove milioni di italiani gli utenti di questa pratica: essa potrebbe esser epurata, si dirà, degli occasionali, di quanti abbiano inteso unicamente o eccezionalmente ricorrere a questa, persino di chi non ne abbia poi in concreto usufruito, anche eccezionalmente. Ma è innegabile che restino da squadernare numerose considerazioni: la tutela di chi eserciti la prostituzione da indebite ed esponenzialmente aggravate tipologie di contagi venerei, la lotta alle violenze psico-fisiche che questa categoria di soggetti finisce per subire, l’esigenza (che ci pare almeno quantitativamente meno pressante) di dare veste giuridico-formale -legale- alla posizione di chi intenda far di questa attività un lavoro effettivamente regolarizzato. Ciò significa, in poche parole, che il proibizionismo sterile non ha pagato, né ha saturato quelle ferite che, ancora, continuano a gettare sangue. Bisognerebbe forse pensare che vi siano degli enormi interessi (anche di natura economica) a lasciare la situazione inalterata, se mai si è trovato un giusto equilibrio tra ragioni di pubblica sicurezza, spesso fatte valere in via esclusivamente repressiva -più per “sottoposte” e “sottoposti” che per “protettori”-“sfruttatori”- e proposte di legalizzazione totale, tanto minoritarie, quanto poco efficaci nei termini del policy-making. Gli operatori del terzo settore, più vicini alle attività di recupero, contrasto in termini di prevenzione culturale e di difesa delle soggettività coinvolte (vieppiù, con la incerta qualificazione e quantificazione della piaga minorile testé ricordata), potranno facilmente osservare che persino la sconcezza delle vetrine a luci rosse, ma con un minimo di diritti (retributivi, sanitari, negoziali) attivabili, è più decorosa delle percosse, della realtà di strada o del fatiscente grigiore delle palazzine periferiche. La bacchetta magica non esiste su alcun tema, né tendenzialmente pende per soluzioni estreme, per contrapposizioni diametrali. Iniziare a impostare una discussione leale, razionale, è, però, un positivo segno iniziale di buona volontà.

Domenico Bilotti

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