La barbarie istituzionale ispira i suoi nemici

Quello che è accaduto durante la manifestazione degli “indignados”, che si sono visti “rubare la piazza” dai facinorosi violenti, e le conseguenti successive reazioni della politica, con proposte estreme come il ritorno alla Legge Reale, sono la dimostrazione, di quanto sia corta la memoria storica in merito a quella che è la separazione del diritto dalla moralità, che è stato motivo di maggiore impegno nel pensiero illuminista. Non fu lineare il passaggio che condusse alla secolarizzazione del diritto stesso, bensì vi fu un conflitto perenne tra le due opposte concezioni di diritto naturale: quella teologica e moralista da una parte, e formalista dall' altra.

Rispetto agli episodi di violenza avvenuti durante la manifestazione di sabato, ci si è chiesti il perchè questo sia avvenuto solo in Italia, e un manifestante ha risposto che “solo l'Italia ha Berlusconi”, e l'anomala situazione di governo che conosciamo.
La semplicità della risposta non ci deve però indurre a sottovalutare che siamo in una situazione in cui una specie di oligarca pretende di imporre il suo malgoverno a chi non lo riconosce più, e ovviamente anche a chi non lo ha mai riconosciuto, pretende una sorta di assolutismo.
Questo concetto di autorità differisce sostanzialmente dalla nozione liberista secondo cui lo Stato per non interferire nelle attività e nelle relazioni libere dei cittadini, deve soltanto deperire. Ricordiamo che in Rosseau, al contrario, è proprio la forza dello Stato a contribuire alla libertà di ogni soggetto.
Tale forza però, non deve essere confusa con il potere illimitato accordato al sovrano già da Hobbes, e considerato da Rosseau ciò che divide il genere umano in “orde bestiali, ognuna con il proprio padrone, che le sorveglia con il proposito futuro di divorarle” (Rosseau 1762).
Anche secondo Caligola i re sono dei e i sudditi bestie, infatti Caligola e Hobbes sono tutt' uno nell'analisi rousseiana, la cui concezione a proposito del “diritto del più forte”, conducono alla distruzione del “contratto sociale”. E un patto del genere, anziché produrre cittadini da una parte, e rappresentanti dall'altra, produce solo padroni e schiavi.
A tal proposito, la violenza politica di cui è impregnato il parlamento e tutta la sfera istituzionale italiana, è esattamente la madre di tutte le passate, attuali, e, speriamo non si debba rivedere gli scenari terrificanti degli anni settanta, che molti di noi ricordano bene.
Ricordiamo che se in Hobbes i mali causati dall' autorità sono trascurabili se paragonati a quelli prodotti allo stato di natura (il G8 di Genova insegna che non è proprio così); Rosseau ci insegna invece che le infamie (tali sono gli atti di violenza avvenuti sabato a Roma) ascritte a certe azioni umane, potrebbero essere eliminate se vivessimo conformemente allo stato di natura (con questo Hobbes intende il concetto fondamentale di “eguaglianza”, senza il quale la democrazia è un chimera); il vizio non appartiene agli umani, ma agli umani mal governati.
Sempre nel “contratto sociale”, la nozione di governo, va nella direzione più confacente alle democrazie mature, di “istituzioni”; un insieme di agenzie e filosofiche- politiche che le sottendono, capaci di “incattivire gli gli esseri umani.
Poiché gli individui che rinunciano alla sovranità rinunciano alle loro peculiarità di esseri umani, e se l'autorità politica risiede nel popolo, questa è inalienabile, e non si può cedere simile autorità a chicchessia, che si tratti di un monarca, un oligarca o di un rappresentante giuridicamente designato.
Un popolo è sempre e dovunque, quello che i suoi governanti lo rendono, si avranno allora, in ciascun contesto (ritorniamo alla domanda “perchè solo in Italia”), dei malfattori, dei cittadini, dei combattenti e cosi via; secondo la natura delle istituzioni che detengono il potere politico in quel contesto.
In Italia abbiamo un governo, che disponendo di forza autorizzata, cerca costantemente di sfuggire all'autorità legislativa e sostituire la volontà del popolo con la propria.
E' proprio attraverso questo concetto di “forza” che Cessare Beccaria formula un programma teorico di riduzione della violenza autorizzata, anche se, le sue argomentazioni derivano dal timore proprio nei confronti della possibile ascesa della violenza non autorizzata.
Il bene e il male non sono iscritti nella natura, né nella saggezza collettiva e meno che mai nella giurisprudenza, ma sono il risultato di decisioni prese da un'entità artificiale, lo Stato (Ferrajoli, 1989).
Stupisce (si fa per dire) che molti politici, Di Pietro in primis (con il plauso dei leghisti), pensino che le cosiddette “leggi speciali” siano la soluzione al problema. Dimostrano in questo modo, quanto la politica sia quella che forgia e alimenta la violenza, a partire da quella del linguaggio politico (e ne conosciamo il repertorio, purtroppo), all'incapacità assoluta di risalire all'origine del male che hanno la velleità di combattere.
Riflettendo sulla classe politica italiana e sull'incapacità di intercettare il malessere sociale, mi vien da dire che nulla è più pericoloso di una grande idea in un cervello piccolo, e che i violenti di Roma, non sono migliori, ma nemmeno peggiori dei loro governanti.
E' così che ancora oggi le paure di Beccaria diventano realtà: “la barbarie istituzionale, infine, ispira i suoi nemici; e l'apologo che Hobbes (1653) ricava dalla mitologia si rivela a questo proposito molto appropriato: “La follia e l'eloquenza concorrono nella sovversione del governo allo stesso modo (come la favola insegna) le figlie di Pelia, re di Tessalia, cospirarono con Medea contro il proprio padre. Allo scopo di restituire giovinezza al decrepito vegliardo, e su consiglio di Medea, lo tagliarono a pezzi, e collocati i pezzi sul fuoco, invano attesero di vederlo rivivere.
Così fa la gente comune attraverso la follia, come le figlie di Pelia, e col desiderio di rinnovare gli antichi governi attratta dall'eloquenza di uomini ambiziosi, simile alla stregoneria di medea, divisa in fazioni, quei governi preferisce consumare nelle fiamme anziché riformare”.

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