CAPITALI ITALIANI ALL’ESTERO SOTTRATTI AL FISCO, MA ANCHE AL SISTEMA PRODUTTIVO A DANNO DEL PAESE

Per i capitali già rientrati, sia pur con una modesta penale (poco più di un terzo secondo le autorità italiane), l’Italia deve mantenere i patti assunti con coloro che li hanno fatti rientrare e non devono pertanto né aggredirli né tassarli una seconda volta perché altrimenti verremmo meno appunto a detti patti.

Atteso però che detti capitali rientrati costituiscono una parte insignificante rispetto ai 200 miliardi di euro che, secondo stime, sono ancora ben piazzati all’estero (anzi mal piazzati per l’Italia) , io proporrei di riservare loro lo stesso trattamento per quelli confiscati alla mafia: il sequestro e relativo utilizzo a fini sociali o quant’altro.

I mezzi per farlo ci sono, ma non c’è la volontà politica di colpire gli amici e gli amici degli amici.

Ecco i poteri del fisco.

L’articolo 12 del Dl. 78 del 2009 ha introdotto una nuova presunzione relativa (cioè valida fino a prova contraria) a favore delle autorità fiscali: gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti nei “paradisi fiscali” di cui ai Dm 4 maggio 1999 (lista nera per le persone fisiche) e 21 novembre 2001 (lista nera per le CFC – Controlled Foreign Companies) in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (la compilazione del modulo RW dell’UNICO) si presumono costituiti mediante redditi sottratti a tassazione.In pratica se l’Amministrazione finanziaria accerta che il contribuente non ha indicato nel modulo RW attività detenute all’estero – salvi ovviamente i casi in cui il modulo non è stato compilato per effetto di specifici esoneri (quando, ad esempio, il capitale è detenuto attraverso intermediari finanziari italiani) – si presume che l’intero capitale non dichiarato sia costituito da redditi sottratti a tassazione in Italia.Detto questo, invero un po’ difficile da comprendere per i non addetti ai lavori, siccome la detenzione di capitali italiani all’estero, non in ambito UE, a mio parere costituisce un’illegalità che certo non giova al nostro paese specie in questa difficile congiuntura finanziaria, io predisporrei una legge severa contro gli esportatori ed attuali detentori di capitali “clandestini” all’estero. Stabilirei un termine. per il rientro di quelli che non sono ancora rientrati versando una certa penale, dopodiché, passato il termine stabilito, confischerei questi capitali alla stessa stregua di come si procede per quelli di mafia. Infatti, non passando nessuna differenza nella sostanza, entrambe le cose costituiscono illegalità che va perseguita. La cosa sarebbe fattibile ma, ahimè, coloro che ci governano non hanno interesse a farlo in quanto cascherebbe il palco. Chi mi legge crede forse che il turismo verso i “paradisi artificiali” non siano legati anche a questo ? Tanto per citare un nome a caso sol di questi paesi, c’è ancora qualcuno che crede chcrede che ad Antigua-Santa Lucia si vada solo in vacanza…?Arnaldo De Porti

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