Le riforme e la "maschera di cera" del Governo. Vittorio Porta Frigeri risponde al Direttore del Corriere della Sera

Caro Direttore, Dott. De Bortoli,

nel suo editoriale di domenica 11 settembre Lei lancia un invito pienamente condivisibile ad un soprassalto di dignità nazionale auspicando l’adozione di “riforme vere” e di “riduzioni reali delle spese” al fine di dimostrare “che investire sui nostri titoli di Stato…è un affare”. Una sola riserva, certo per Lei superflua, sul “Ce la facciamo (anche da soli)”: dobbiamo fare si’ un sacco di cose noi stessi, ma senza dimenticare quali e quante competenze sono passate all’UE a seguito dei Trattati di Lisbona, e della successiva anche recente legislazione, in materia economica ed in materia monetaria.

Ora è evidente che tra le riforme di assoluta priorità non puo’ non esservi quella del sistema previdenziale, come risulta anche da alcuni, sia pur sempre troppo rari, preziosi articoli del quotidiano da Lei diretto, quali quello di Maurizio Ferrera su “Le verità nascoste dello Stato sociale” del 12 settembre scorso, ed anche la lettera del 7 settembre di Alberto Brambilla sullo stato della spesa previdenziale, che assorbe oltre un terzo della spesa totale dello Stato.

Al tempo stesso, rispetto alla necessità di dette auspicate riforme, Lei esprime “la sensazione che non esista piu’ un governo, ma solo la sua maschera di cera”.

Questa Sua sensazione corrisponde esattamente alla convinzione delle opposizioni di centro e di sinistra e della quasi totalità della “grande” (e meno grande) stampa che su di essa basano l’ossessiva richiesta di un cambio di governo o almeno di “un passo indietro” del Premier, beninteso nell’interesse del Paese e della credibilità delle manovre economico-finanziarie che si impongono.

Da Bersani a Di Pietro, da Vendola alla Bindi, da Rutelli a D’Alema, da Veltroni ad Enrico Letta, e via elencando, partono quotidianamente bordate taglienti contro qualsiasi proposta del Governo, pur approvata dall’UE, dall’OCDE e dal FMI, e non parliamo poi dei giudizi sprezzanti dei rappresentatanti della cosiddetta società civile: giornalisti, economisti, banchieri, universitari, letterati, artisti vari, ecc.

Il diritto di critica, anche di dissenso piu’ totale, è certamente sacrosanto, ma, tenuto conto della attuale tempesta finanziaria mondiale, sarebbe doveroso rifuggere da comportamenti che piu’ che nuocere all’attuale Governo, nuocciono all’Italia. Si veda il caso di quelle dichiarazioni irresponsabili di leaders dell’opposizione che minano la fiducia nei titoli di debito pubblico italiani: esemplare, in negativo, quella di Enrico Letta che, al telegiornale di tre sere fa, affermava con tranquilla gravità che le misure adottate per risanare i conti sono fatte apposta “per prendere in giro gli investitori”(sic)!

Ma limitandoci alla riforma previdenziale, ormai indifferibile sia per lo schiacciante passivo annuale della previdenza a carico della fiscalità generale sia per i sacrifici imposti ai giovani ed alle generazioni future, non si puo’ evitare di rilevare le flagranti, indecorose contraddizioni tra, da un lato, le sia pur confuse (non a caso), ma roboanti, recriminazioni delle opposizioni e dell’innanzi richiamata società civile circa l’ affermata inerzia governativa in materia, e, dall’altro, le gravissime responsabilità delle stesse e delle passate forze politiche a cui si richiamano, oltre che dei sindacati, per quanto riguarda la dissennata politica che ha condotto all’attuale disastrosa situazione.

Viene spontaneo chiedersi su quale pianeta abbiano vissuto gli attuali antigovernativi negli ultimi quarant’anni, gli anni folli del “salario variabile indipendente”, dei regimi pensionistici regalati ad intere categorie che non avevano mai versato contributi, delle pensioni “baby” elargite a piene mani ad “anziani” 35/40enni, ecc., anni nei quali il semplice sostenere il banale principio dell’adeguamento dei diritti sociali alle dimensioni della “torta” di cui si dispone ed all’andamento dell’economia esponeva (ed espone tuttora) all’accusa di “macelleria sociale”, quando non… di “fascismo”. Eppure si tratta delle medesime persone! E sono proprio queste persone che fanno mostra di una sofferta, lancinante indignazione per i comportamenti e le politiche dell’attuale Governo e della maggioranza, che sarebbero tali da discreditare l’Italia all’estero…

L’unica spiegazione puo’ essere quella, comprensibile, della volontà di fuga dalle loro responsabilità, drammatiche per le conseguenze attuali e future sull’intera società italiana (ed ora anche sulla zona Euro!). Ma questa volontà non puo’ certo essere invocata come scusa o attenuante, anzi rende ancora piu’ riprovevoli e ipocriti i loro comportamenti attuali. L’unica alternativa sarebbe per l’opposizione riconoscere dette responsabilità ed offrire disponibilità concreta, e non solo slogans, per le drastiche misure che si impongono, ma non si notano avvisaglie in tale direzione, salvo in rare personalità di sinistra, coraggiose ma emarginate.

E’ certamente lecito e doveroso richiedere al Governo e alla maggioranza che lo sostiene una maggiore determinazione anche in materia previdenziale, ma a due condizioni: a) che non si cerchi di “rimuovere” nella politica e sulla stampa la realtà delle anzidette responsabilità degli attuali oppositori; b) che si riconosca che solo i governi di centrodestra hanno tentato, e si sono battuti per coraggiose riforme miranti ad un sistema previdenziale che tenga conto delle realtà economiche, contabili e demografiche.

A tale proposito, si dovrebbe avere l’onestà di ricordare che proprio su coraggiose proposte di riforme previdenziali è caduto il governo Berlusconi del 1994 (grazie anche all’azione del tutto infondata degli inquirenti di Milano e a quella del “Corriere” di allora) , ed è stata sconfitta la coalizione di centrodestra nelle elezioni del 2006, il tutto sempre preceduto da osannate imponenti manifestazioni di piazza organizzate da sinistra e sindacati. I governi di centrosinistra non sono andati oltre qualche blando correttivo, quando addirittura non hanno disfatto le misure incisive del centrodestra, come nel caso del Governo Prodi/Padoa Schioppa (con Enrico Letta sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Rosy Bindi, Ministro!) che ha cancellato il cosiddetto “scalone Maroni” al modico costo di una decina di miliardi di euro, prelevati in parte anche dai contributi…dei precari, sempre al centro, ben si sa, delle affettuose preoccupazioni della sinistra!

A fronte di tutto cio’, con quale coraggio i leaders di sinistra possono ora proporsi come in grado di presentare e far approvare riforme serie, quando non riescono a trovare nemmeno una piattaforma comune? Cosa puo’ spingere l’ex ambasciatore Puri Purini (è solo un esempio) a proporre azioni in favore di riforme credibili, azioni che dovrebbero essere appoggiate dai precedenti Presidenti del Consiglio non di centrodestra, proprio quelli, guarda caso, che sono, come Prodi, corresponsabili, per azioni od omissioni, dell’attuale situazione e del fallimento delle uniche riforme finora proposte ed adottate, cioè quelle del centrodestra? Quale senso della realtà possono avere quegli illustri cattedratici, come Tabellini, il presidente della Bocconi, che ritengono che solo un governo diverso da quello attuale possa attuare le riforme necessarie, quando la realtà mostra ogni giorno che le opposizioni non sono d’accordo su nulla (salvo la cacciata di Berlusconi), tra l’altro per loro stessa ammissione (Macaluso è lapidario: “L’opposizione non ha una alternativa credibile”, su “Il Riformista” del 14 settembre)?

L’attuale Governo poteva senz’altro in linea di principio fare molto meglio, ma intanto qualcosa di essenziale, come la tenuta dei conti ed altre misure anche previdenziali, ha avuto il merito di fare, perchè su tutto questo ha saputo aggregare il consenso, proprio quel consenso che è indispensabile in democrazia, ma che le opposizioni sottovalutano, anche perchè convinte in cuor loro di non potervi pervenire e perchè illuse da irrealistiche soluzioni “tecnocratiche”.

In queste condizioni, caro Direttore, ritengo che i casi siano due: o ci teniamo “la maschera di cera” del governo attuale, che comunque riesce ad approvare riforme apprezzate a livello europeo, anche se parziali e certamente perfettibili, oppure le opposizioni danno prova di aver il senso dell’interesse generale, come ha fatto il centrodestra in Spagna, e, abbandonando l’ormai infantile ossessione antipremier, che si rivela sempre piu’ come la scusa per non impegnarsi nei fatti a modernizzare l’Italia causa dissensi interni, offrono la loro disponibilità ad una trattativa con il governo almeno per quanto riguarda una incisiva e risolutiva riforma previdenziale, che liberi risorse per la crescita, le famiglie, l’istruzione, e la ricerca scientifica.

Ma è questa senz’altro una visione troppo ristretta e semplicistica. Devo in effetti riconoscere che si sta sempre piu’ delineando anche una terza ipotesi: la caduta del Governo a seguito di azioni piu’ o meno “opportune” di organi inquirenti, soluzione questa che sembra non destare alcuna preoccupazione tra i costituzionalisti, gli intellettuali e i democratici in servizio permanente effettivo, visto forse anche l’esito concludente, direi risolutivo, di una analoga vicenda svoltasi nel lontano 1994.

Cordiali saluti,

Vittorio Porta Frigeri

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