“2-0-1-1”, LA MOSTRA DI PAOLO DE FELICE ALL’AQUILA. Dal 23 al 29 agosto, durante la Perdonanza, nella Sala congressi dell’Hotel Castello

L’AQUILA – Martedì 23 agosto 2011, alle ore 18:00, presso la Sala congressi dell’Hotel Castello, si inaugura l'esposizione “2-0-1-1” di Paolo De Felice curata da Ars Maxima, con testo critico di Emiliano Dante. De Felice è nato nel 1973 a L'Aquila. Diplomato presso l'Istituto d'Arte, si è poi laureato in letteratura.

Eclettico e da sempre interessato alla comunicazione artistica, dalla letteratura alle arti tradizionali, dalla grafica alla fotografia e alla multimedialità, ha affiancato all'approfondimento teorico una produzione pratica sia “maggiore” – creazioni artistiche varie, musica, cataloghi d'arte – che “minore”, dalla grafica per progetti amatoriali al modellismo. Nel 2009, mentre viveva in tendopoli dopo il terremoto del 6 aprile, ha collaborato alla realizzazione del lungometraggio Into the Blue di Emiliano Dante in qualità di assistente alla regia, co-autore della colonna sonora e attore.

Nel 2011 ha seriamente ripreso in mano i pennelli. Ha partecipato alla rassegna Dinamiche contemporanee a cura di Annamaria Cirillo, a maggio presso l'Aurum di Pescara; alla mostra collettiva Solidarietà in arte, a cura di Assunta Nespoli e Sergio Pancaldi, a giugno nelle ex scuderie di palazzo Acquaviva ad Atri (Teramo), ad agosto a Castel di Sangro (L’Aquila), in autunno presso la Confindustria di Teramo. Sull’arte di Paolo De Felice così annota Emiliano Dante nel testo critico in catalogo.

“Nei sei mesi dopo quella notte abbiamo vissuto branda a branda nella tendopoli di Collemaggio, in Tenda 3. Avevamo trasformato quella tenda in una specie di atelier multidisciplinare all'aria aperta, in uno studio multimediale con le pareti di stoffa: musica, fotografia, scrittura, cinema, teatro – tutto quello che di creativo si poteva fare in una tenda con cinque brande, noi lo facevamo. Parte di quello sforzo è rimasto in Into The Blue, il nostro film – parte si è semplicemente esaurito nelle tende, nel bisogno di un'auto-terapia.

E' chiaro che ora, dopo una conoscenza così profonda e proficua, il mio sguardo sull'opera di De Felice è necessariamente diverso rispetto a quello che posso posare sulle opere di qualsiasi altro artista. Il mio è uno sguardo necessariamente più familiare, meno da storico dell'arte, da critico o da qualsiasi maschera professionale voglia indossare per l'occasione.

In effetti, non l'avessi conosciuto così bene e non avessi lavorato con lui, avrei probabilmente impostato queste poche righe sugli echi della pittura informale. Avrei fatto notare come, per molti aspetti, la materia tormentata dei suoi quadri, nei suoi segni e nei suoi ritmi, sia parente stretta dei segni e dei ritmi di Mark Tobey. Oppure avrei notato come il contrasto tra la minimalità grafica della silhouette e la violenta vitalità della materia trova alcune analogie con gli ominidi del primissimo Piero Manzoni e, più in generale, con quella pittura che alla fine degli anni '50 cercava di uscire dal lirismo romantico della materia per cercare espressioni meno legate all'io e all'immanenza dei materiali.

Le mie non sarebbero state, del resto, constatazioni troppo azzardate: a prescindere dalle evidenze formali, la ricerca di una dimensione universale o per lo meno superindividuale, presente sia in Tobey che nel primo Manzoni, è sostanzialmente interna al percorso di De Felice.

In lui, addirittura, questa dimensione è superindividuale in modo duplice: nello stile (i profili non hanno tratti che li caratterizzano e che li distinguono gli uni dagli altri) e nella rappresentazione (la coppia). In questo senso, anzi, si potrebbe andare oltre, notando che i profili, al di là dell'azione cui alludono (piangere, baciare ecc…), sono soprattutto protesi a raggiungere una condizione mediana, una sospensione tra il qualcosa (la macchia) e il qualcuno (il profilo). Più filosoficamente, volendo, cercano di apparire nello spazio aperto tra il chiunque e il qualcosa, evitando il qualcuno, vale a dire la rappresentazione di una identità riconducibile a una singola individualità”.

La mostra rimarrà aperta fino al 29 agosto con i gli orari: 10:00-12:30 e 17:00-21:00. In concomitanza con l’inaugurazione verrà presentato e distribuito liberamente l'omonimo libro-catalogo delle edizioni Palladino.

Goffredo Palmerini

[ per fotografie: www.paolodefelice.it/galleria.html ]

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