Fermiamo la corruzione

Mentre tutto il nostro Paese è costretto a tirare la cinghia, combatte con la disoccupazione e la cassa integrazione, non arriva a fine mese, ogni giorno si scopre che qualche politico e qualche amministratore si arrotonda lo stipendio con le mazzette.

A parole tutti dicono di voler risolvere questo scandalo permanente e molti sono in buona fede. Però bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno. Al punto in cui è arrivato il degrado non bastano le buone intenzioni e non ci si può accontentare dei codici di autoregolamentazione etica. La corruzione è dilagata al punto che la tentazione sta sempre dietro l'angolo e nessun partito può dire in tutta sincerità: “Nessuno dei miei iscritti o dei miei funzionari cederà mai alla tentazione”.

Per questo non bastano i codici ma ci vogliono leggi precise semplici e rigorose, come quelle contenute nella convenzione di Strasburgo e come quelle che abbiamo proposto noi dell'Italia dei Valori: ineleggibilità dei condannati, divieto di assumere incarichi di governo centrale o locale per gli indagati, esclusione dalle gare d'appalto per le aziende condannate per reati contro la pubblica amministrazione.

Questo governo e questa maggioranza leggi del genere non possono approvarle, perché tutta la loro politica è sempre andata nella direzione opposta e non bisogna illudersi che le cose siano cambiate. Berlusconi vuole restare al governo proprio per provare ancora a usare le istituzioni come uno scudo contro la giustizia. Ci ha provato con il codicillo che gli permetteva di non pagare la multa per l'inghippo Mondadori. Ci proverà di nuovo la prossima settimana con l'ennesima legge ad personam, il “processo lungo”.

C'è un solo strumento che oggi può fermare Berlusconi e domani aiutare a varare leggi per sconfiggere davvero la corruzione. E' lo stesso che ha permesso la vittoria nei referendum. E' la mobilitazione democratica, la pressione e la vigilanza della Rete. E' la partecipazione diretta dei cittadini e la lor voglia di dire basta.

Postato da Antonio Di Pietro

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