Il ricordo di Falcone – Schifani: "Resta vivo nelle nostre coscienze"

Palermo ricorda il magistrato simbolo della lotta alla mafia.
Il presidente del Senato: “Ciò che qualcuno voleva sradicare è germogliato più forte che mai”
Palermo – Sono passati diciannove anni da quel 23 maggio 1992 quando una bomba venne fatta esplodere al passaggio dell'auto del giudice Giovanni Falcone sull'autostrada A29 all'altezza dello svincolo di Capaci (Palermo). A morire furono il magistrato simbolo della lotta alla mafia, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Le navi della legalità Palermo oggi ricorda la strage di Capaci e lo fa con due navi della legalità dedicate a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con a bordo oltre 2.500 studenti provenienti da tutta Italia. Di questi, 50 sono europei e con uno striscione si rivolgono direttamente ai mafiosi: “Dite di essere fieri del vostro sangue siciliano, ma continuate a versarlo come se fosse vino scaduto”. A poppa delle due navi campeggiano le gigantografie di Borsellino e Falcone, con accanto il logo del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Ad attendere le migliaia di studenti ci sono i bambini delle scuole elementari con palloncini verdi, bianchi e rossi. Gli altri striscioni, in inglese e nelle altre 15 lingue dei Paesi partecipanti al progetto, riportano frasi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e saranno portati in corteo prima fino all’Aula Bunker e poi all’Albero di Falcone.

Il ricordo della sorella “Dopo la morte di Giovanni Falcone e della scorta nel 1992 il loro ricordo rivive in centinaia di giovani e di ragazzi che allora non erano neanche nati. Eppure hanno una memoria della loro storia che forse noi adulti, in parte, abbiamo dimenticato”, ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato e presidente della Fondazione a lui intitolata, che ha accolto le due navi della legalità. Ai giornalisti che le chiedevano degli attacchi rivolti contro la magistratura, Maria Falcone ha risposto: “Per me non è una novità. Giovanni fu il magistrato ad essere attaccato”.

Schifani: “Vive nelle coscienze” “Falcone era un simbolo della lotta alla mafia e per questo la mafia decise di eliminarlo con spietata ferocia. Ciò che quel disegno criminale non volle o non potè capire è che quel simbolo avrebbe continuato a vivere nelle coscienze e nella caparbia volontà di chi non si è mai piegato alla logica mafiosa e che la sua memoria, insieme a quella di tanti altri eroi, avrebbe alimentato un fiume inarrestabile di volontà di riscatto”, scrive il presidente del Senato, Renato Schifani, “Ciò che qualcuno voleva sradicare è germogliato più forte che mai. L’esempio e il ricordo di Giovanni Falcone e di chi con lui perse la vita per i più alti valori dello Stato ci devono spingere a concludere il lavoro da lui intrapreso, e da molti coraggiosamente condotto, con straordinari successi, in questi anni, fino alla sconfitta definitiva della criminalità mafiosa”.

Ecco l'antimafia dei fatti
Dal governo il codice contro Cosa nostra

Alfano commemora Falcone: “Al prossimo Cdm porterò il nuovo codice antimafia con tre cardini: il 41 bis per i mafiosi, la cattura dei latitanti e l’aggressione ai patrimoni dei clan”. Maroni: “E' una riforma epocale”
Palermo – Nel giorno in cui si ricorda il vile attentato che costò la vita al giudice Giovanni Falcone e agli uomini della sua scorta, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, parlando nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo fa il punto della situazione sulla lotta dello Stato contro la mafia. E rivela che “il cerchio attorno a Matteo (il nuovo boss di cosa nostra, ricercato da anni, ndr) Messina Denaro si sta stringendo, puntare sulla sua cattura è il nuovo obiettivo”. “Abbiamo fatto leggi contro la mafia che non hanno precedenti nella storia recente – ha aggiunto il Guardasigilli – e le abbiamo fatte senza che ci fosse bisogno di una strage il giorno prima. I risultati sono arrivati, soprattutto dal punto di vista della cattura dei latitanti e del sequestro di patrimoni mafiosi”.

Arriva il codice antimafia “Noi non ci accontentiamo e andiamo avanti, al prossimo Consiglio dei ministri porterò il nuovo codice antimafia”, ha detto Alfano arrivando all’aula bunker di Palermo. “Il codice antimafia prevede una sistematica raccolta e un rafforzamento delle norme che finora come ceneri e lapilli sono state disperse nell’ambito dell’ordinamento – ha aggiunto Alfano – e sono venute fuori negli ultimi ventanni. Noi abbiamo scelto la strada di un codice, era un risultato tanto atteso da tanto tempo che finalmente vedrà la luce. Si muove nella logica di una legislazione dura che noi abbiamo adottato fin dal primo consiglio dei ministri a Napoli nel maggio del 2008 e il governo Berlusconi ha avuto una rotta chiara con la mafia e i pilastri sono stati tre e hanno avuto tutti dei risultati: il primo è stato la cattura dei latitanti, la loro reclusione al 41 bis e l’altra grande scelta è stata l’aggressione ai patrimoni dei mafiosi”.

I beni sequestrati alla criminalità Il ministro Alfano ha concluso il suo intervento ricordando l'ammontare complessivo dei beni sequestrati alla criminalità organizzata: “Oggi da Palermo, la città di Falcone e di Pio La Torre è bello dire che la consistenza totale dei patrimoni liquidi e immobili sequestrati alla criminalità organizzata ormai si aggira intorno ai 20 miliardi di euro”.

Maroni: una riforma epocale “Il codice antimafia che verrà portato al prossimo Consiglio dei ministri »è una riforma epocale che si aspettava da tanti anni”, ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, arrivando all’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. “È uno strumento molto importante nelle mani soprattutto dei magistrati per rendere più efficace il contrasto alla mafia -ha aggiunto Maroni- abbiamo lavorato molto e abbiamo predisposto, con il ministro Alfano il testo unico delle leggi antimafia che porteremo al prossimo Consiglio dei ministri alla fine della settimana”.

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