Tra sollievo e misteri

Era inevitabile che la fine cruenta di Bin Laden ponesse interrogativi anche molto delicati e spinosi sul blitz americano

di Renzo Balmelli

LEGALITA’ – Tra sollievo e misteri, era inevitabile che la fine cruenta di Bin Laden ponesse interrogativi anche molto delicati e spinosi sul blitz americano. E di conseguenza facesse crescere in proporzione il legittimo diritto di sapere. Sebbene nessuno, tranne qualche fanatico, spargerà una sola lacrima per la sua scomparsa, ci si chiede, per quanto abbietto fosse l’individuo, se non sia andata persa una grande occasione di processarlo secondo il crisma della legalità sui cui posa il nostro civile ordinamento, anziché lasciare in sospeso numerose domande che chiedono udienza. Sarebbe stato un modo per ribadire la supremazia del diritto e della democrazia sul terrore e il dispotismo. Ma come altri tiranni, da Mussolini a Hitler, da Pol Pot a Saddam Hussein, anche Bin Laden era l’alfiere del male assoluto che non conosce la compassione e percio’ va estirpato.

SICUREZZA – Osama, Obama, due nomi che da questo momento resteranno per sempre accostati. Tramonta il mito del terrorista, nasce quello del presidente -comandante coraggioso e determinato che fa un passo decisivo verso la rielezione. Il tempo dirà se anche Al Qaida è finita con la scomparsa del suo capo, oppure se nella galassia del terrorismo si aprirà una lotta per la leadership che potrebbe colpire tutti noi. Proprio in quest’ordine di idee, l’affondo contro un esercito nemico invisibile e implacabile non puo’ esaurirsi nella rappresentazione della “Colt fumante”, ma necessita di un discorso globale sulla sicurezza planetaria. A questo storica svolta, resa possibile anche dalla primavera araba che ha rinnegato l’estremismo, dovrà seguire ora un cambio di strategia nei settori piu’ scabrosi, in Afghanistan e Medio Oriente in particolare, per consolidare la consapevolezza che un mondo migliore è possibile.

PASTICCIO – Che la politica estera (ma non soltanto quella) di Palazzo Chigi a gestione Pdl sia dilettantesca ha trovato una vistosa conferma nel pasticcio libico, sintesi esemplare dell’approssimazione. Cambiando strategia, sulla falsariga di una vergognosa sceneggiata a sfondo elettorale, il Cavaliere e il Senatur hanno dato vita a uno squallido “mercato delle vacche” con i voltagabbana per partorire un compromesso ambiguo sulla fine delle operazioni che la Nato si rifiuta di avallare. La stragrande maggioranza degli italiani è contraria ai raid, ma il governo, mosso da considerazioni piu’ venali, ha ritenuto che la ricerca del consenso fosse una perdita di tempo che poteva costare un posto a tavola al momento di spartire l’eredità di Gheddafi. Inoltre contava di piu’ricucire lo strappo con Lega senza nemmeno pensare che ricompattarsi sulla guerra non è una vittoria, ma una sconfitta, sempre.

ESEMPIO – Tra critiche e stereotipi, c’è all’estero un’immagine dell’Italia da difendere dalle intemperanze del Cavaliere. A Roma fanno spallucce, ma la situazione è passabilmente compromessa, tanto che molti in occidente si chiedono come mai gli italiani non si siano ancora liberati da un premier che anziché governare trascorre la maggior parte del suo tempo a sbraitare contro i magistrati. Oltre confine, a causa del brutto esempio dato dai suoi attuali governanti, è invalso il vizio di vedere l’Italia come un paese da operetta, e non come una democrazia vitale, sana, solida, fondata sui valori della resistenza e dell’antifascismo quale invece è. Percio’ è nell’urna che si cambiano le maggioranze, non con le spallate o altri mezzucci di retrobottega. Gli intrallazzi del sottobosco sono nemici delle virtu’ civiche che vanno strette- e si vede – a chi considera il mandato ricevuto dai cittadini come il lasciapassare per trastullarsi con le proprie ossessioni.

MONITO – Vista dal Colle la deriva della politica è come una pianura colpita dall'alluvione. E sapendo quanto lenti possono essere i soccorsi, Napolitano lancia un segnale fortissimo e bipartisan contro le manovre opache e le ricettte pasticciate degli uni e degli altri. Sono parole misurate, ma inequivocabili quelle del Presidente, un uomo che conosce come pochi sia il carattere e la storia della sinistra italiana, sia gli inguaribili “ vizietti” autoritari della destra. Nell’ottica del Quirinale – sembra di capire – l’Italia di oggi non è l’Italia di Berlusconi : non solo. E’ anche quella di chi non ha saputo, o voluto , tenergli testa. Ed entrambi sono fonte di inquietudine. Preoccupa l’uso a dir poco spregiudicato del parlamento, trasformato dai berlusconiani nell’ufficio di collocamento per servizievoli sottosegretari e consiglieri renumerati coi soldi dei contribuenti. La nota con la quale il Capo dello Stato registra il rimpasto che di fatto è l’ennesima prova di sopravvivenza del premier, non è propriamente una carezza istituzionale, ma un monito contro il tentativo di allargare indebitamente la maggioranza uscita dal voto. Una mossa truffaldina che strapazza pericolosamente le regole del gioco democratico. Sull’altro versante, in ugual misura lascia perplessi l’impotenza dell’opposizione che prigioniera della sua letargia e smarrita nelle sue contraddizioni si ostina a farsi male da sola, perseverando con autolesionistica cocciutaggine nella formula perdente del correre in ordine sparso. “Inaffidabile”, come l’ha indirettamente giudicata Napolitano. E cosi’, per quanto in affanno, alla vigilia delle amministrative in città simbolo come Napoli e Milano, la destra finisce con l’avere il migliore alleato proprio negli errori madornali del suo avversario storico.

CULTURA – Sconcerto nella stampa di Arcore. Un saggio rivela come il Pci, che pure non esiste piu’ da un bel pezzo, abbia sedotto mente e cuore degli intellettuali italiani, monopolizzando la cultura. Segue un angosciante interrogativo: perché la destra non vi è mai riuscita? Benigni ce l’ha una riposta delle sue, ironica e tagliente : con Bondi sono aumentate le rovine e il crollo di Pompei ha permesso di misurare la distanza del governo dai temi culturali. Alla conquista dell’Italia la destra ci è arrivata per altre vie, attraverso un’operazione rigorosa scandita da slogan, sceneggiate, predellini, reality, quiz demenziali e gossip scollacciati che trascinano i loro effetti deplorevoli fino a oggi. La cultura pero’ è un’altra cosa, costa fatica, letture, impegno, interesse non superficiale, senso critico e autocritico, tutte proposte che non erano certo tra gli ingredienti piu’ richiesti ai ricevimenti del bunga-bunga.

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