MORTE OSAMA BIN LADEN, LA RIVINCITA DI OBAMA SU BUSH E REPUBBLICANI

11 settembre 2001. Crollano le Twin Towers, Manhattan rimane orfana delle sue splendide torri. L’America dichiara di essere sotto attacco e l’attentato al Pentagono è la ciliegina sulla torta che fa esplodere di rabbia il popolo statunitense che grida a squarciagola “War, War, War”. Dopo dieci anni tornano le urla di gioia per un vittoria che il popolo Usa non si aspettava. Osama Bin Laden ha ottenuto la punizione che tutti prima o poi si aspettavano. E’ stato scoperto dai soldati Usa in una mastodontica casa, rifugiato chissà per quanto tempo e appena i militari l’hanno trovato, per lui non c’è stato scampo. Anche da morto Osama fa molto parlare di se; c’è chi dice che il leader di Al Queida sia deceduto prima dell’arrivo degli americani per complicazioni renali, si parla tanto del famoso video dell’uccisione e della foto che Obama, come lui stesso ha dichiarato, non farà diffondere. Ma congetture a parte, sul piano politico l’uccisione del numero uno del terrorismo internazionale, è una grande vittoria per l’attuale presidente Usa e una sonora sconfitta per George W. Bush che ha preferito declinare l’invito alla Casa Bianca per il discorso dell’attuale presidente alla nazione. Dieci anni di conflitti, fra Afghanistan e Iraq, dieci anni macchiati dal sangue dei soldati feriti e morti durante la lunga guerra. Anche l’Italia ha dovuto patire le sofferenze di una guerra al terrorismo, molto spesso messa in discussione e criticata sia nel merito, che nel metodo. Bush alla fine del 2008 lascia il posto a Obama dentro la Casa Bianca con una convinzione, Bin Laden rimarrà un pericolo vivente per l’America e il mondo intero, in cuor suo ha pregato che la nuova amministrazione fallisse il suo obiettivo in politica estera. Obama viene eletto nuovo Presidente americano, rivestendo da subito i panni dell’anti Bush per eccellenza; due concezioni della politica completamente diverse fra i due, a cominciare dalle questioni internazionali, di fronte alle quali Obama è più per la mediazione piuttosto che per il conflitto. In Afghanistan gli Usa sono rimasti per lavori di ordinaria amministrazione, anche se lo stato d’allerta per il rischio attentati è ancora abbastanza alto. Tutte le truppe militari li presenti non possono indubbiamente dormire sonni tranquilli fino all’ennesima potenza. Le previsioni anti- Obama di Bush e i repubblicani sono state ciecamente smentite. L’uccisione e la morte di Bin Laden rialzeranno e di molto le quote dell’attuale Presidente Usa in vista delle prossime elezioni. I repubblicani erano già pronti a fare la scalata al primo palazzo di Washington, ma questo episodio rischia seriamente di cambiare le intenzioni di voto dei cittadini. In otto anni di presidenza Bush, solo chiacchiere, guerra, tante vittime, lacrime versate dalle numerosissime famiglie sui corpi straziati dei loro figli, solo fumo e niente arrosto. Con Obama le dimensioni del conflitto sono state riviste accuratamente, il nemico numero uno è stato finalmente scoperto e freddato. Ora c’è da affrontare un altro ostacolo, forse ancora più difficile da superare. Il nuovo pericolo si chiama Gheddafi, un pericolo con la P maiuscola in primis per il bacino del mediterraneo. La presidenza di Obama, vinta una partita, è alla ricerca di conferme e l’operazione Gheddafi sarà il vero esame di maturità per Sir Barack e i democratici. Il 2016 è ancora lontano, ma il giudizio della popolazione statunitense sulla politica internazionale di Obama, sarà decisivo da qui ai prossimi due anni. L’America e il mondo intero non vogliono più piangere altre vittime.
Marco Chinicò

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