Salviamo la giustizia

Oggi, durante il question time della Camera, ho chiesto al ministro della giustizia Angelino Alfano di intervenire sul legittimo impedimento perchè sia ripristinata l'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge. Questo il testo del mio intervento e della risposta del ministro.

DI PIETRO: La legge sul legittimo impedimento, dopo i tagli della Corte costituzionale, permette ancora al presidente del consiglio di considerare legittimo impedimento anche le attività preparatorie e consequenziali di impegni di governo. In forza di questa norma il nostro presidente Berlusconi, tutte le volte che viene chiamato dal giudice, si costruisce l’agenda politica in modo tale da poter dire che non è disponibile, non è pronto, non riesce ad andare in tribunale.
Posto questo, noi chiediamo al ministro se intende porre in essere qualche normativa affinché tutti siano uguali di fronte alla legge e affinché il tribunale di Milano sia messo in condizione di svolgere le proprie attività anche nei giorni in cui il presidente del consiglio, vedi mai un venerdì o un sabato sera, non è impegnato in qualche bunga bunga.

ALFANO: Quando ho letto il quesito dell’on. Di Pietro non mi sono stupito, perché le sue parole non contengono nulla di sorprendente.
Ci viene richiesto di prescindere dalle procedure istituzionali, superando non soltanto il pronunciamento della Corte costituzionale ma anche la volontà del popolo sovrano. Vorrei ricordare infatti che la legge 7 aprile 2010 n. 51, e cioè le disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza, è volta a contemperare il regolare esercizio della giurisdizione con il sereno svolgimento delle funzioni istituzionali, in quanto esigenze entrambe di pari rango costituzionale, riconosciute come tali dalla Corte e come tali meritevoli di tutela. Tale finalità viene soddisfatta consentendo di chiedere di volta in volta il rinvio dell’udienza per la quale sia impedito a partecipare il singolo cittadino.
Peraltro, poiché ai sensi dell’art. 1 comma 5 è statuito che il corso della prescrizione rimanga sospeso per l’intera durata del rinvio, risulta evidente che l’attività di governo può essere svolta senza interferire con l’azione della giurisdizione e con l’esercizio della giurisdizione.
La pronuncia della Corte costituzionale non ha affatto scalfito la struttura della legge né la sua ratio. L’art. 1 non è stato infatti dichiarato incostituzionale, malgrado nell’ordinanza di remissione vi fosse una richiesta in tal senso, ma è stata ulteriormente ribadita la rilevanza di determinate e concomitanti attività funzionali del presidente del consiglio e dei ministri ai fini della valutabilità in concreto, da parte del giudice, della legittimità dell’impedimento dell’imputato a comparire in udienza. Ritengo quindi sia lecito affermare che ha retto al vaglio della Corte la soluzione che la legge n. 51 del 2010 ha conferito al problema.
Diversa è invece la finalità del referendum abrogativo della legge proposto dall’Italia dei Valori, con il quale viene chiesto al popolo di esprimersi sull’efficacia della norma, ben al di là quindi dell’interpretazione restrittiva fornita dalla Corte. Se questo è il senso dell’istituto referendario, come si evince dalla stessa formulazione del quesito dell’on. Di Pietro, cioè fare sì che questa delicata decisione venga rimessa ai cittadini, ritengo sia da escludere categoricamente ogni iniziativa di carattere normativo volta a sottrarre al popolo una delle sue prerogative costituzionali, e cioè di esprimere il proprio voto.

DI PIETRO: Allora, ministro, sia consequenziale anche lei. Inviti i cittadini a esprimere la propria volontà di popolo sovrano, perché a questo lei si è appellato.
Inviti i cittadini a non astenersi il 12 e il 13 giugno, date del referendum. Perché noi vogliamo che sia la volontà del popolo sovrano a dire se tutti siamo uguali di fronte alla legge o se una persona, solo perché fa il presidente del consiglio o fa il ministro, si può costruire l’agenda politica fissando qualcosa da fare tutti i giorni in cui viene chiamato dal giudice, in questo modo impedendo ai giudici di poter accertare se sia una brava persona o un delinquente.
Noi vogliamo che la legge sia uguale per tutti e noi vogliamo che i cittadini sappiano se qualcuno è una brava persona o un delinquente prima e non dopo che ha governato. Per questo noi eccepiamo nel merito questa legge, perché riteniamo che, proprio per quel principio di pari rango costituzionale di cui si è parlato prima, un ministro o un presidente del consiglio non si possa far fare una legge in Parlamento ogni volta che ha un problema giudiziario, come si sta facendo in queste ore e in questo Parlamento sul processo breve. Vogliamo ricordare che il giusto processo è quello che dà ragione a chi ha ragione e torto a chi ha torto, non quello in cui si prescrive prima del tempo stabilito o quando uno, approfittando del fatto che fa il presidente del consiglio, non si fa processare.
Allora ben venga il voto del popolo sovrano il 12 e 13 giugno. Ma vogliamo che voi del governo mettiate in condizione i cittadini di andare a votare. Avete buttato 350 milioni per non fare l’election day. Con quei soldi potevate fare qualcosa per chi è stato colpito dalla tragedia dell’Aquila, piuttosto che nelle Marche o in altre regioni.

E allora, cittadini, il 12 e il 13 giugno andiamo a votare e mandiamo a casa questo governo, che sta qui non per i vostri interessi ma per gli interessi suoi e soprattutto per quelli giudiziari del presidente del consiglio.

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