Cinquant’anni fa la prima visita di un presidente italiano al Plata

Giovanni Gronchi in Argentina …io c’ero

La giovane collettività italiana di allora, che si riuniva nel Caffè Le Caravelle, ripeteva le battute dei grandi film della commedia all’italiana, ballava con le canzoni di Mina, Modugno, Carosone, interpretate da emigrati come loro, accompagnati da orchestre come quella di Ardolino, nelle feste organizzate alla Reduci, all’Unione e Benevolenza, alla Nazionale o all’Italclub. Accolto dal Presidente Arturo Frondizi, degno figlio di italiani di Gubbio, Giovanni Gronchi incontrò la collettività in un memorabile raduno al Luna Park.

E’ trascorso mezzo secolo da quando, in una giornata come quella odierna, la collettività italiana partecipava ad un evento che oggi, vogliamo rievocare attraverso le pagine della TRIBUNA ITALIANA, cercando di attivare in tanti nostri lettori la memoria emozionale, quella che custodisce i ricordi significativi.
Lo scopo è quello di far rivivere una giornata che questo cronista ebbe la fortuna di presenziare, e che si sente in grado di raccontare in quanto a quella manifestazione “…io c’ero”.
Ero uno in più tra le migliaia che entusiasti celebravamo la presenza di Giovanni Gronchi, primo Capo di Stato europeo a sbarcare in Argentina dopo l’ultimo conflitto bellico mondiale.
Accolto dal suo collega Arturo Frondizi, avvocato e politico, il presidente eletto dal popolo nel 1958, che governò l’Argentina fino al colpo di stato del 1962. Argentino di nascita, ma con un cuore più italiano di molti italiani, figlio di genitori nati a Gubbio in Umbria ed emigrati in Argentina nel 1893, stabilendosi nella Provincia di Entre Ríos. Ebbero 14 figli dei quali quattro nati in Italia.
Una famiglia che in un certo senso ha rispecchiato i sogni di ogni emigrato in Argentina, la loro voglia di superarsi, di vedere realizzate le proprie attese di vedere “mi hijo el doctor” e, nel caso di Arturo Frondizi, raggiunto abbondantemente diventando Presidente della Nazione.
Un modo di vedere concretizzato il “sogno americano” in questo caso in versione Argentina, un paese generoso e di grandi opportunità nel quale,“l’esempio Frondizi”, la sua storia che ci è familiare, ci porta a considerarlo “uno dei nostri”.
Frondizi, aveva invitato Gronchi a visitare l’Argentina durante la sua visita in Italia, l’anno prima (durante la quale oltre a Roma e a Milano, era andato a Gubbio a conoscere la terra dei suoi genitori), nel quadro del suo viaggio in vari paesi europei. L’ex Presidente argentino morì nell’Ospedale Italiano di Buenos Aires nel 1995.

Un viaggio
nel tunnel del tempo

Vorrei che i nostri lettori si associassero a questo “amarcord”, navigando insieme verso l’anno 1961 e prima di introdurci nell’evento tanto significativo della visita del Capo dello Stato italiano, l’incontro al Luna Park della collettività italiana con il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, cercare di rievocare come era allora la collettività italiana a Buenos Aires…

Una collettività nella quale, la stragrande maggioranza di quanti eravamo sbarcati nel dopoguerra, cercavamo di rimarginare le cicatrici dello sradicamento, ferite che si chiusero rapidamente grazie alla generosità e all’ ospitalità della società locale e alla terra che ci offrì la possibilità di vedere realizzati i nostri sogni e dove abbiamo formato le nostre famiglie. “Questa terra argentina così umanamente ospitale e generosa”, la definì Gronchi prima di rientrare in Italia.

Tanti di noi entrammo nelle numerose imprese italiane o create dagli italiani, che allora erano presenti in Argentina, come ad esempio Fiat (nella quale io ero uno dei tanti), Pirelli, Fratelli Branca, Olivetti, Techint, Galileo, Necchi, Lepetit, Finmeccanica, tra le altre.
Cominciavamo ad accedere per muoverci, prima alla “Siambretta”, versione locale dell’italiana “Lambretta”, per poi aspirare alla “600”, che la Fiat Concord aveva cominciato a produrre nei suoi stabilimenti in Argentina, nel 1960.
Per i giovani (tra i quali “io c’ero”) e meno giovani di allora, il Caffè Le Caravelle della calle Lavalle, la via delle sale cinematografiche …quindi, dei sogni e delle fantasie, era il nostro ombelico del mondo, un luogo emblematico per ogni tipo di personaggio italiano che si trovasse a Buenos Aires. Nel quale marinai, artisti, diplomatici, sportivi, politici, imprenditori e persino i magliari, costituivano una specie di babele regionale, dialettale.
Nel nostro caso, eravamo comuni cittadini, i nostalgici che ci incontravamo in un posto che per i”tanos” era una vetrina nella quale esibirci mettendo in mostra la moda italiana, riproporre le battute dei protagonisti delle commedie all’italiana allora al culmine della popolarità nei cinema locali e provare soddisfazione per le acclamate presenze sui grandi schermi di creatori come De Sica, Visconti, Monicelli, Fellini, Risi e tanti altri, di film come “I soliti ignoti”, “Rocco e i suoi fratelli”, artisti del calibro e la fama di Gassman, Mastroianni, Sordi, Loren, Lollobrigida, Toto, Manfredi…Oppure la musica e le canzoni di Mina, Milva, Modugno, Carosone, Vanoni e tanti altri
Ma Le Caravelle era anche il luogo di ritrovo dei giovani italiani di allora, nel quale consensuare il programma ricreativo. Andare a vedere la partita dello Sportivo Italiano -ACIA – che dal 1959 era affiliato all’AFA e partecipava al campionato di calcio locale. O per decidere a quale festa andare tra quelle organizzate dall’Associazione Reduci di Guerra, dall’Unione e Benevolenza, dalla Nazionale Italiana, dall’Italclub, per ballare al ritmo di orchestre come quelle di Giuliano Verna, la Italjazz, Enzo e i suoi Solisti e in particolare quella del maestro Ardolino. O di cantanti, quali Filippo Vazza, Enzo De Luca, Rico Romeo, Franco Soma, Elio Jacobellis, Cosimo Bruni.
Associazioni di collettività nelle quali dai balli nascevano fidanzamenti che spesso finivano in matrimonio. Luoghi adeguati per liberare la nostalgia, per improvvisare cori e cantare “Terra straniera”, “Volare” o “Luna Caprese”…

I Giorni della grande visita

Quel 10 aprile dell’arrivo del Presidente Gronchi, la città era piena di manifesti con l’immagine del presidente sotto alla quale c’era scritto “Benvenuto Gronchi”.
Nelle cronache di molti giornali locali il nome del Capo dello Stato fu registrato in modo sbagliato: al posto di Giovanni, Benvenuto Gronchi! Un cambiamento che l’illustre visitatore accolse con rassegnata simpatia.
La visita del Presidente Gronchi in Argentina (comprese anche l’Uruguay e il Perú), segnò una svolta importante nella strategia italiana verso l'America latina.
Nel caso specifico dell’Argentina, comportò – tra l’altro – la firma di tre importanti accordi in materia culturale, di sicurezza sociale e di crediti agevolati per piccoli imprenditori italiani operanti in Argentina.
Ma torniamo al nostro percorso nella memoria, al giorno in cui la collettività italiana si mobilitò per tributare il suo omaggio al Presidente, nello stadio del Luna Park. Fu riempito da 17mila persone accorse per una dimostrazione d’affetto che riuscì a commuovere l’illustre ospite fino alle lacrime. Pianto contagiato a tanti che occupavamo le tribune e in quella cornice di italianità Gronchi improvvisò un discorso di enorme carica emotiva, cominciando con una frase che ci commosse: “O gente della mia terra, gente benedetta ovunque svolgi il tuo lavoro, se hai saputo conquistarti così profondamente l’affetto di tutti i paesi nei quali, o per tristezza di tempi o per volontà di migliorare la tua situazione, ti sei allontanata dalla patria!”.
Quell’11 aprile 1961, risultò essere una giornata molto particolare e io c’ero tra quei connazionali coi quali condividemmo l’entusiasmo, la voglia di stare insieme e rendere un omaggio alla personalità che simboleggiava l’immagine di una Italia che ci ricordava e che apprezzava il nostro sacrificio.
Dopo quell’autentico bagno di folla, Frondizi e Gronchi brindarono alla fratellanza dei due popoli nel salone della Residenza, invitati dall'Ambasciatore Babuscio Rizzo. Con loro, il presidente del Comitato per le accoglienze, un grande imprenditore italiano, che stava già costruendo la storia dell'industria argentina: Agostino Rocca.

Walter Ciccione

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