Francia: un secolo di "cantonate" e di decisioni catastrofiche

Dai Trattati di Pace del '19 al pacifismo codardo degli anni '30, da Monaco a Vichy, dal Terzismo di De Gaulle al Filo-Arabismo radical-chic, dall'appoggio a Khomeini alla Guerra di Libia, la Francia ha sempre cambiato la Storia. In peggio.

Sembrerà strano, ma sparso per il mondo c'è ancora qualche ebete (e qui a Bruxelles sono parecchi) che ripete a pappagallo la storiella della “Francia media potenza”, della “Francia motore dell'Europa”, della “Francia culla dei Diritti Umani” e via delirando.

Ora, non sarebbe il caso di chiamare finalmente le cose per nome e di inchiodare la Republique e buona parte della sua opinione pubblica alle loro responsabilità?
Già, perché a ben guardare è dai tempi della Rivoluzione Francese che il vento transalpino provoca disastri prima in Europa e poi nel Mondo intero.

La Rivoluzione nacque con un meraviglioso intento: affermare l'eguaglianza dei diritti e dei doveri in un mondo ancora diviso in caste (nobiltà, clero e “terzo stato”), ognuna delle quali faceva legge e storia a sé. Purtroppo, nel tentare di trasporre i principi della gloriosa Rivoluzione Americana del 1776, primo fra tutti il basilare “one man, one vote”, i francesi calcarono leggermente la mano, trasformando ben presto il nuovo regime repubblicano-giacobino nel prototipo del totalitarsimo moderno “one Ideology, one State”. L'ideologia giacobina fu imposta infatti da Robespierre ai francesi come Verità Divina e portò all'eliminazione fisica (ghigliottina) dei dissenzienti, bollati come “Nemici del Popolo”, una riedizione degli “eretici” morti sui roghi nei secoli precedenti.
Da allora, tutti i regimi totalitari del mondo hanno utilizzato lo stesso schema: bollare come “eretico” chi non si riconosce nella Verità di Stato (nazifascista, comunista, islamista) ed eliminarlo fisicamente, ovviamente in nome del Popolo.
Ci volle Napoleone per mettere termine a questa follia, ma purtroppo anch'egli instaurò un regime che di liberale aveva ben poco (se si eccettua la meritoria emanazione del Code Civil) e che dopo essersi involuto in una dittatura militare franò rovinosamente assieme ai deliranti sogni di Grandeur del proto-Duce còrso nella fatidica Waterloo (lo ricordiamo anche ad uso dell'amministratore Telecom Luca Luciani) dopo aver seminato morte e distruzione nei campi di battaglia di mezz'Europa e persino in Africa.

Finita l'era napoleonica e tralasciando il discutibile apporto della Francia al progresso umano nel corso del XIX secolo (ricordiamo per inciso il fallimento della Comune di Parigi del 1848, prototipo di tutti i fallimenti socio-economici marxisti da un secolo e mezzo a 'sta parte), ci pare opportuno fare una breve carrellata di tutti i disastri storici, militari, politici, sociali ed economici causati dall'avventatezza dei leader francesi da un secolo a questa parte.
Al termine di questa disamina tireremo le conclusioni ricollegandoci ai fatti ed ai personaggi attuali (Sarkozy e la guerra di Libia). Vedrete che tra passato e presente ci sono delle costanti a dir poco soprendenti (e sconsolanti).

Partiamo dalla fine della Grande Guerra, quando il Ministro degli Esteri Clemenceau costrinse il suo omologo tedesco ad accettare un trattato di pace disastroso, con il quale la Germania veniva ridotta in ginocchio, privata delle sue risorse, dei suoi capitali e persino di molte infrastrutture tecnico-industriali, smantellate e saccheggiate dai francesi come “compensazioni di guerra” (traducasi “bottino”). Fu questa scellerata imposizione a gettare la Germania nella miseria e nel disordine, nonché a suscitare nei tedeschi quello spirito di vendetta che poi trovò il suo ideale intrerprete in Hitler e la sua conseguenza ultima nello scoppio della Seconda Guerra.
Ma il buon Clemenceau commise un altro errore, tanto esiziale quanto misconosciuto. Nel 1919 si trattava infatti di decidere cosa fare dei circa 500.000 soldati russi prigionieri di guerra, una volta liberati e rispediti in Russia.
L'alternativa era la seguente: spedirli a dar man forte all'Armata Bianca lealista, che con l'arrivo di truppe addestrate ed equipaggiate avrebbe potuto spazzar via Lenin e i bolscevichi, oppure lasciarli planare proprio tra le fila dell'Armata Rossa?
Ebbene, mentre Churchill (a quel momento Ministro per gli Approvvigionamenti di Sua Maestà), ripeteva decisamente lo slogan “nutrire la Germania, combattere i bolscevichi”, il geniale Clemenceau, daccordo col Premier britannico Lloyd George, decise di fare esattamente l'opposto, stroncando la Germania ed offrendo a Lenin 500.000 soldati su di un piatto d'argento. Il giovane regime bolscevico (già allora era trasformatosi in feroce dittatura causa il rapido fallimento economico del modello marxista-collettivista), ebbe così modo di compattarsi e di sconfiggere le armate lealiste del generale Denikin. Risultato: le forze democratiche in Russia mai più avrebbero rialzato la testa fino all'implosione dell'URSS avvenuta vent'anni fa.
Fu quindi in primis grazie alla Francia, se in Germania si crearono le condizioni per l'ascesa del nazismo e se in Russia si consolidò il comunismo sovietico, due regimi che regalarono all'umanità miseria, terrore e distruzione durante il secolo scorso e delle cui scorie ancora fatichiamo a liberarci.

E' finita qui? Per carità, ci mancherebbe!

Verso metà degli anni '30 infatti, al tempo della guerra civile spagnola la Francia socialista e pacifista si fece promotrice di un embargo sulla vendita di armi alle parti in conflitto. Embargo che le parti ovviamente aggirarono ognuna alla propria maniera: i franchisti facendosi rifornire di armi e uomini da Hitler e Mussolini, i repubblicani invece dall'unico “compagno” disposto ad aiutarli, cioè Stalin, cui essi cedettero gran parte delle riserve auree della Banca di Spagna per ottenere in cambio fucili di seconda mano e un'assistenzea logistica che si sostanziò nella sottomissione dei partigiani non comunisti spagnoli ai diktat dei capataz filo-sovietici, oltreché nella soppressione dei dissenzienti.
Il risultato finale fu quello di favorire l'instaurazione di una dittatura fascista in Spagna, di permettere a Hitler e Mussolini di testare la capacità dei propri rinnovati apparati bellici, nonché a Stalin di saggiare i meccanismi di manipolazione a distanza verso Partiti e Paesi satelliti che in seguito l'URSS avrebbe utilizzato con successo in tutta Europa (e anche oltre) durante la guerra fredda. Davvero un bel risultato!

Quando poi il Führer iniziò a scuotere l'Europa accampando pretese territoriali e politiche di vario genere, le anime belle di sinistra, in primis francesi, dettero il meglio di sé nel promuovere quella politica pacifista e di appeasement che raggiunse il suo punto più basso negli sciagurati accordi di Monaco, coi quali di fatto si spianava a Hitler la strada verso Praga e tutto il resto del Continente.
Nel momento in cui, poi, superata la tragicomica linea Maginot (il cui studio di fattibilità, si sussurra, fu realizzato da Nomisma), il Führer giunse trionfante a Parigi, il Parlamento transalpino si affrettò a votare a stragrande maggioranza, ricordiamolo socialista, l'ordine del giorni di Pétain con cui si instaurava la Repubblica Nazista di Vichy. E' bene ricordare che in tale frangente i “compagni” francesi, molti dei quali avevano già convintamente aderito alle tesi antisemite di Hitler, commisero altri due pesantissimi errori. Il primo fu quello di rifiutare la proposta di Churchill di costituire un Governo francese in esilio ed il secondo quello di consegnare le colonie francesi al nemico senza combattere, una decisione che mutò tragicamente le sorti della Seconda Guerra.
Difatti grazie a questo sconsiderato atto di vigliaccheria politica, Hitler poté mettere le mani sulle sponde nordafricane e mediorientali del Mediterraneo senza colpo ferire, impadronendosi della potente flotta francese per poi stringere a tenaglia gli inglesi in Egitto. Ci vollero 3 anni perché gli anglo-americani, avuta ragione di Rommel, riconquistassero il Mediterraneo. L'unico francese ad opporsi a tanta scelleratezza fu un certo De Gaulle, che però politicamente non contava nulla e nulla contò sino all'abbattimento del regime di Vichy. E' necessario infatti sfatare un mito: la Francia, così come l'Italia, fu liberata dagli anglo-americani, non dai partigiani, il cui apporto, seppur generoso, non sarebbe mai stato sufficiente ad abbattere i rispettivi regimi nazifascisti.
A differenza che in Italia però, dove oltre al fascismo subimmo anche il processo di pace post-bellico, in Francia la volpe De Gaulle, attraverso una finissima opera al contempo diplomatica e di propaganda, permise alla Francia di presentarsi al tavolo della pace come Paese vincitore (!) nonostante i trascorsi di Vichy e le pesantissime responsabilità politico-militari descritte. In Italia invece, i nostri Prodi politici del tempo non furono capaci di arrivare a tanto, un po' per dabbenaggine, un po' per quel senso del limite che nei momenti topici i nostri cuginetti transalpini non sanno neppure dove stia di casa e noi invece sì.

Ora, direte voi, ma ce l'avete proprio con la Francia? Possibile che i galletti non abbiano mai combinato niente di buono?
Per carità, diamo baguette alle baguette e vino al vino: nell'immediato dopoguerra la Francia partorì alcuni politici eccellenti, primo fra tutti Robert Schuman, cattolico vero (non fasullo come De Gaulle) e principale artefice, col nostro De Gasperi ed il tedesco Adenauer, della creazione della prima Comunità Europea, quella del Carbone e dell'Acciaio (CECA), grazie alla quale, mettendo in comune la gestione delle materie prime che per secoli avevano causato guerre fratricide nel nostro Continente, permisero ai popoli d'Europa d'intraprendere un cammino di pace e benessere mai visto prima.

Per quanto poteva durare il rinsavimento della Francia? Non molto purtroppo. Bastò infatti la crisi coloniale e la guerra d'Algeria per riportare alla ribalta, nel bene e nel male, il simpatico De Gaulle. Fu così che nel '54 il parlamento francese bocciò la ratifica del Trattato CED, che prevedeva la creazione di una Comunità Europea di Difesa, cioè di una nuova entità sovranazionale comprendente un Esercito Comune europeo ed un Parlamento Europeo dotato di poteri legislativi, in pratica un passo decisivo verso l'instaurazione di una vera e propria Confederazione tra i 6 Stati Membri (Francia, Italia, Germania e Benelux), capace di dare forza militare e politica al contempo ai Paesi del Vecchio Continente di fronte alla nuova minaccia nata nel periodo della Guerra Fredda: l'URSS dotata di missili atomici.
Lo scacco della CED segnò il tracollo del processo d'integrazione politica dell'Europa nel senso più alto del termine, processo mai più risollevatosi verso obiettivi tanto ambiziosi. Negli anni seguenti, infatti, l'Europa si rimise in marcia costituendo la Comunità Economica e poi quella per l'Energia Atomica, espandendo le sue competenze in largo (adesione progressiva di altri 21 paesi) e in lungo (ampliamento notevole di competenze quando in via esclusiva, quando concorrente con gli Stati Membri), fino alla creazione dell'Unione Monetaria un decennio fa. Tuttavia, il progetto di un'Europa Confederale fornita di una Difesa Comune e di Istituzioni Federali dotate di poteri e responsabilità dirette verso i cittadini / elettori europei è morto e sepolto da quel fatidico 1954. Grazie Francia!

E' finita qui? No di certo! Nell'era De Gaulle infatti si cominciò a costruire l'Europa su nuove basi: non più federaliste o confederaliste, bensì puramente e semplicemente “francocentriche” e “germanocentriche”.
La CEE nacque, come noi espatriati a Bruxelles ben sappiamo, sul presupposto che la Francia dovesse ricevere in campo agricolo non meno di quanto la Germania ricevesse nel campo industriale. Se qualcuno ancora oggi, a mezzo secolo di distanza si chiede perché la metà del bilancio comunitario se ne vada in aiuti agricoli (poco importa se diretti, indiretti, travestiti o transessuali), chieda lumi alla Francia. Ricordiamo poi che lo stesso De Gaulle si oppose con fermezza all'entrata del Regno Unito in Europa, temendo che gli inglesi agissero all'interno della CEE come “quinte colonne” degli americani e quindi per sabotare più che per costruire. Per una volta non possiamo che essere daccordo col calcolo di De Gaulle (i fatti gli hanno dato ragione), al quale però non possiamo non rinfacciare la successiva battuta d'arresto nel processo d'integrazione europeo quando nel 1967 il governo francese si oppose al passaggio dal principio di unanimità a quello di maggioranza nel processo decisionale europeo, guarda caso al fine di proteggere il proprio diritto di veto in materie come l'agricoltura (toh), in cui la Francia ha sempre difeso e tuttora difende coi denti e se necessario in maniera sporca le proprie prerogative (la solita vecchia logica del “bottino”). La cosiddetta “crisi della sedia vuota” (ove i rappresentanti del governo francese disertarono per mesi le riunioni degli organi comunitari impendendone il funzionamento) paralizzò l'Europa finché non si trovò un compromesso che di fatto portò alla stagnazione del processo di integrazione europea per una ventina d'anni (il periodo di cosiddetta “eurosclerosi”).

Anche al di fuori dell'ambito strettamente europeo, tuttavia, la politica estera gollista e post-gollista si rese protagonista di disastrose scelte a livello globale. Non avendo mai digerito il fatto di vedere la Francia ridotta a “media potenza” nello scacchiere internazionale, De Gaulle e i suoi camarades si dettero da fare per ritagliarsi un ruolo da protagonisti come terzi incomodi tra USA e URSS. Nacque così il “Club dei Paesi non Allineati”, ovvero di una serie di simpatiche dittature sparse ai 4 angoli del globo che si limitavano ad opprimere e massacrare i loro popoli autonomamente, cioè al di fuori di specifiche ingerenze americane o sovietiche. Alla corte di Francia sfilarono per decenni da protagonisti una serie di personaggi come Tito (l'infoibatore del Carso), Ceausescu (la cui moglie era spesso ospite gradita all'Eliseo e la cui ferocia nei confronti dei dissidenti andava ben oltre quanto richiesto da Mosca), quindi una serie di satrapucci da quattro soldi africani, sudamericani e asiatici che senza la magnanima ribalta (e spesso la pelosa complicità) offerta loro dai francesi non avrebbero mai goduto di alcuna notorietà né protezione a livello planetario.

E' finita qui? Possiamo passare a parlare di Sarkozy e alla guerra di Libia, direte voi? Un attimo, abbiate pazienza, ché ancora mancano dei tasselli importanti per capire a fondo la psicopatologia politica della Francia, dopodiché vedrete che niente è per caso e che, per dirla alla francese, tout se tient.

Il “Terzismo” gollista – o doppiogiochismo che dir si voglia – produsse ulteriori frutti avvelenati. La mania infantile del volersi sempre distinguere e contrapporre agli americani, spinse la Francia a sposare, politicamente e culturalmente, una serie di movimenti e di ideologie quando palesemente assassine, quando sedicenti rivoluzionarie, quando semplicemente ipocrite, ma sempre e comunque retrograde e velenosamente anti-occidentali, i cui precipitati storici stanno al giorno d'oggi non solo inquinando l'agire politico dei nostri cuginetti d'oltralpe, ma anche obnubilando la capacità di giudizio di milioni di persone in tutto il mondo, fuori e dentro il nostro continente.
Ci riferiamo alle ideologie marxiste in tutte le loro varianti, all'apologia del terrorismo, al terzomondismo, al filoarabismo acritico, all'integralismo laicista e ambientalista, al nuovo antisemitismo travestito da anti-sionismo, che ormai la fanno da padrone, da una parte nella cultura dei Paesi mediorientali e della sponda sud-orientale del “mare non più nostrum”, dall'altra in gran parte dell'opinione pubblica nostrana, nelle cancellerie dei Governi di mezz'Europa e (ahinoi) nei corridoi delle Istituzioni Europee di Bruxelles.
Ricordiamo a questo proposito, tanto per fare degli esempi, che la rivoluzione iraniana degli Ayatollah fu merito in gran parte dei francesi, che coccolarono e sostennero Kohmeini prima nel suo soggiorno dorato a Parigi e quindi durante la sua inesorabile ascesa a Teheran. Gongolavano i compagni francesi ed europei, oltre ai tovarisch russi, nel veder cadere lo Scià burattino degli americani, contando di sostituirlo con un altro fantoccio a loro gradito, ma lo cose non andarono nel verso da loro sperato. Se oggi il successore di Khomeini cavalca le rivolte in nordafrica e in medioriente mentre i suoi scienziati si apprestano a realizzare l'atomica per poi sganciarla su Israele, dobbiamo ringraziare ancora una volta la Francia. Merci beaucoup, chers amis!
E come tacere sul fatto che tutta la peggior feccia del terrorismo rosso (italiano e non) ha trovato per trent'anni rifugio nei salotti buoni di Parigi? Le vittime dei cattivi maestri (Negri, Piperno) e dei loro adepti (Petrella, Battisti, etc.) ringraziano sentitamente dall'oltretomba.

Finita la carrellata (peraltro non esaustiva) delle “cantonate” storico-politiche prese dalla Francia da un secolo a questa parte, eccoci al giorno d'oggi, quando l'ultimo discendente del gollismo d'assalto Nicolas Sarkozy, dopo aver preso una tremenda “cantonata”, stavolta elettorale, alle recentissime elezioni appunto “cantonali” – dove i candidati dell'UMP sono stati spesso esclusi dai ballottaggi in favore di quelli del Front National, gettando nel panico un partito che solo 4 anni fa si aggiudicava le elezioni politiche con oltre il 40% dei voti – decide da un giorno all'altro di armare i rivoltosi di Bengasi e di fare Guerra alla Libia. Aggiungiamo al quadro politico interno i sondaggi che danno Sarkozy escluso dal ballottaggio per le Presidenziali del prossimo anno, anche stavolta a favore del leader del FN, la figlia d'arte Marine Le Pen.
A questo motivo elettorale spicciolo si aggiunge palesemente l'obiettivo di sottrarre la Libia all'influenza italiana, ed ecco che contro ogni logica la Francia ficca l'Italia e l'Europa nel più grande bordel che si sia mai visto da 60 anni a questa parte, provocando la costernazione di milioni di persone dotate di buon senso, ma anche la gioia di qualche coglionazzo che tutt'oggi si gode ammirato le gesta della “Francia media potenza” o che magari, sotto sotto, spera che questa guerra riesca laddove hanno fallito Fini, i Media e la Magistratura, cioè nell'obiettivo di disarcionare il Cavaliere.
Certo, anche il nostro governo poteva evitare a nostro avviso di cascare in una trappola tanto evidente, concedendo le basi italiane senza condizioni per realizzare i piani di un esaltato (o disperato) come Sarkozy, con la conseguenza che chi ci rimetterà più di tutti da questa guerra, comunque vadano a finire le cose, sarà proprio l'Italia. Difatti per Gheddafi noi italiani siamo ormai dei traditori, mentre per gli insorti di Bengasi la Francia è il punto di riferimento in Europa. A noi resteranno da gestire non più i pozzi di petrolio, ma soltanto i clandestini. Amen.

Ora, a parte ringraziare sentitamente i cuginetti d'oltralpe per aver ancora una volta agito in maniera a dir poco sconsiderata, scatenando una crisi i cui effetti potrebbero essere devastanti per il futuro dell'Europa e del Mondo intero, ci viene spontaneo di rivolgere un paio di domandine al Presidente Sarkozy.

Non ce ne vogliano i nostri cari amici dell'UMP, partito gemello del PdL nella grande famiglia del PPE, che un giorno ci invitano ai loro simpatici drink e il giorno seguente ci votano contro nelle commissioni parlamentari e poi in seduta plenaria al Parlamento Europeo, ma qui è giunta davvero l'ora di smettere di prendersi in giro e di chiamare le cose per nome o, per dirla alla francese, appeler un chat un chat.

Presidente Sarkozy, ci tolga una curiosità. La politica estera francese – europea, mediterranea, globale – da chi è ispirata e diretta?

– Dal personale imbevuto di sogni di grandeur del Quay d'Orsay? Dica loro che siamo entrati già da un po' nel XXI secolo, non nel XIX e che mettano ordine tra i numeri romani in questione prima di combinare altri disastri.

– Da qualche circolo altolocato di “bo-bo” (bourgeois – bohemiens), che in Italia si chiamano “radical-chic”, di cui fa parte la Sua cara mogliettina Carlà? A proposito, dica pure a Sua moglie che se Le fa tanto schifo essere italiana, a noi fa ugualmente ribrezzo averla per concittadina, quindi se vuole restituirci il passaporto ci fa soltanto un favore. Grazie. E visto che c'è, se a Carlà capitasse ancora di passare in Italia da turista, anziché materializzarsi tra i terremotati de l'Aquila, vada a far visita ai familiari delle vittime di Marina Petrella e Cesare Battisti. Vedrà come saranno contenti di ricevere una “bo-bo … bo-bo… bo-bo…” come lei.

– Da qualche intellettualoide allucinato come Bernard Henry Lévy o Bernard Kouchner, che cianciano di rivoluzioni democratiche e di popolo di facebook, mentre a Bengasi frotte di donne injellabate ed imburqate inneggiano “Allah Akbar” accanto ai rivoltosi?

– Da qualche amministratore di compagnie petrolifere e industriali francesi che puntano a sottrarre all'Italia un bacino d'influenza e un volume di affari enorme, costi quel che costi, impippandosene delle ricadute globali in termini economici, politici e sociali non solo per l'Italia, ma per l'Europa intera?

Oppure ancora, Presidente, Lei non è altro che un Utile Idiota maneggiato sapientemente dai servizi di qualche Paese mediorientale o asiatico che della Francia e dell'Europa intera ambisce a fare polpette, politicamente parlando, imponendoci di spezzare i legami politico-militari con gli USA e magari di sottometterci in massa all'islam radicale, pena l'interruzione delle forniture di greggio al nostro Continente?
Non cambia certo il quadro, anzi lo rafforza, la notizia riportata da alcuni quotidiani secondo cui già da mesi la Francia stava preparando la sommossa in Libia con la collaborazione di un ex Ministro di Gheddafi scappato a Parigi e qui trattato con tutti gli onori mentre tesseva la tela con i suoi corrispondenti a Bengasi.
La Storia recente ci ha già mostrato che organizzare un golpe lontano da casa non sempre produce gli effetti sperati, basti pensare al già citato caso di Khomeini e dell'Iran, ma pare che a Parigi la lezione non sia servita. Nel caso libico oggi, come in Iran ieri, bisognerebbe chiedersi “chi manovra chi?”. E' la Francia che manovra i rivoltosi di Bengasi, oppure sono questi, a loro volta agli ordini di Teheran, a manovrare L'Utile Idiota dell'Eliseo per i loro fini, pronti a scaricarlo con un paio di pacche sulle spalle una volta preso il Potere?
Sa, Presidente, qui in Italia di Utili Idioti ne abbiamo già uno che da 15 anni a questa parte ha causato più danni di uno tsunami sia al Paese che al Sistema Italia, prima come Presidente del Consiglio e poi come fantoccio a Bruxelles, sempre e comunque eterodiretto, sempre e comunque beotamente convinto di essere un genio politico. Se Le rivolgiamo queste domande è perciò con cognizione di causa, ci scusiamo se potranno risultarLe un po' offensive.

Oppure la verità sta in un mix scellerato di tutte queste ipotesi?

Quale che sia la risposta alle domande di cui sopra, alcune cose sono certe.

Inanzitutto è chiaro che per l'ennesima volta da un secolo a questa parte la Francia ha puntato sul cavallo sbagliato al momento sbagliato, scaraventando l'Europa e il Mondo intero in una situazione dai contorni vaghi e dalle conseguenze potenzialmente devastanti.

E' altrettanto chiaro che di fatto l'Europa, come soggetto politico, non esiste più (ammesso che mai lo sia stata). 60 anni di integrazione europea sono ormai ridotti all'ordinaria amministrazione di un'Europa mercantilista, burocratica, senz'anima, dimentica delle proprie radici e totalmente incapace di affrontare seriamente quei problemi drammatici e fondamentali che proprio l'ordinamento sovranazionale di Bruxelles dovrebbe risolvere laddove i singoli Stati da soli non possono farcela.
Signora Ashton, egregia Rappresentante per la Politica Estera Europea, faccia le valigie e se ne torni in Inghilterra adesso: saremo sufficientemente magnanimi da dimenticarla senza rancore.

E' infine chiaro che per quanto Lei, Presidente Sarkozy, si illuda di poter risolvere i problemi interni sviando l'attenzione dell'opinione pubblica francese con una serie di fuochi d'artificio sul lungomare di Tripoli, il Suo disegno è ben presto destinato a fallire e i contraccolpi interni della Sua bella guasconata saranno per Lei devastanti.

L'elettorato francese è infatti ormai diviso in 3 parti.
Una prima parte decisa a votare per quella gauche caviar che crede di poter fermare l'islamizzazione della Francia con la politica dell'appeasement nei confronti degli estremisti. Calcolo sbagliato, ma del resto si sa che la Storia raramente insegna qualcosa.
Una seconda parte che nel 2007 aveva votato in massa per Lei e per l'UMP sperando che la Francia svoltasse davvero a destra, realizzando una rivoluzione liberale che spazzasse via il predominio politico-culturale della sinistra, proprio come in Italia. Di coloro che però l'hanno votata nel 2007, la metà L'hanno già abbandonata e l'altra metà continua a votarla nonostante il mal di pancia di fronte ad una destra sedicente liberale che in concreto si distingue poco o per niente dalla sinistra.
Una terza parte ha infine deciso di virare a destra verso il Front National, mai così forte e adesso, cosa mai vista, primo partito a destra in Francia. Come la mettiamo, Presidente: continuiamo a demonizzare Marine Le Pen, contribuendo alla sua ascesa, oppure cerchiamo di venirci a patti accogliendo la parte condivisibile del suo programma, per esempio lottando per riaffermare il principio di eguaglianza giuridica sancito ai tempi della Rivoluzione Americana e poi Francese (ricorda?) e successivamente in tutte le Costituzioni democratiche del Mondo?
Vogliamo deciderci in altre parole, Presidente, a riaffermare il fondamentale e sacrosanto principio secondo cui i cittadini sono tutti eguali dinanzi alla legge, indipendentemente da razza, sesso, credo, per cui un immigrato diventa a tutti gli effetti cittadino se e solo se oltre a reclamare giusti diritti accetta di confomarsi ai doveri stabiliti dalla Costituzione e dalle leggi, primi fra tutti la libertà di credo e di opinione, la sacralità della vita umana e il rispetto della donna?
In Inghilterra il Premier Cameron ha coraggiosamente riaffermato tale principio, dando un taglio netto con oltre un decennio di politiche buoniste e vigliacche dei laburisti: se lei, Presidente Sarkozy, avrà lo stesso coraggio, la Francia e l'Europa gliene saranno grate, altrimenti dia retta, tra un anno eviti di presentarsi alle presidenziali, sarà meglio per tutti.

Presidente Sarkozy, lasciamo adesso Lei e i Suoi compatrioti riflettere sulle questioni di cui sopra, con un avvertimento. Gli italiani e il loro Governo, oltre che il resto degli Europei, ne hanno piene le scatole delle cantonate e dei disastri combinati dalla Francia nei momenti topici della Storia. Se dovessero verificarsi gli scenari peggiori (Dio non voglia), come ad esempio l'instaurazione di una dittatura islamista manovrata da Teheran in Libia e quindi in altri Paesi del Nordafrica e del Medioriente, nessuno vi farà più sconti, né a Roma, né a Berlino, né a Bruxelles, né a Washington.

À la guerre comme à la guerre.

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